
Lavoro, da Amazon ad Atm: le aziende scommettono su bonus e aumenti. Ai tempi del job hopping, il pacchetto a cui i lavoratori vengono messi di fronte deve essere sempre più ritagliato sulle esigenze, talvolta emergenze del potenziale neo assunto, oltre che sul mercato in Futuro del lavoro.
C’è l’azienda che passa dall’aumento strutturale, quella che passa dai bonus per far fronte a carovita e caro affitti e poi quella che ritocca le indennità.
Il portafoglio, nella sua versione più tangibile, non è solo in cima ai pensieri dei lavoratori, ma anche a quelli delle imprese che, in misure e forme diverse, stanno cercando strumenti, welfare incluso, per migliorare il potere di acquisto.
Così, in Italia, Amazon ha aumentato le retribuzioni di ingresso di tutti i dipendenti della rete logistica a 1.764 euro dal primo ottobre, con un aumento del 21% rispetto a cinque anni prima e dell’8% rispetto allo stipendio di ingresso previsto per il 5° livello del contratto di riferimento.
La società di vigilanza C.i.v.i.s. ha deciso di dare un aumento di 110 euro, come acconto sui futuri aumenti contrattuali, da aggiungere ai 140 euro previsti dall’ultimo rinnovo del contratto siglato in maggio, per chi è inquadrato fino al livello D, portando così i minimi da 1.090 a 1.200 euro.
Gli aumenti strutturali…
Il salario e tutto ciò che si può aggiungere, anche transitoriamente, soprattutto sulle professioni che hanno stipendi di fascia medio bassa, si rivela un fattore sempre più centrale per attrarre, trattenere e motivare i lavoratori, soprattutto in un Paese che sconta un forte disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, al punto che le aziende dicono di avere difficoltà a reperire quasi un addetto su due.
Semplicemente, ci spiega Salvatore Iorio, direttore delle risorse umane di Amazon Italia Logistica «apprezziamo l’ottimo lavoro svolto dai nostri team durante tutto l’anno e vogliamo offrire una retribuzione competitiva».
Marco Galliani, presidente del CdA di C.i.v.i.s. parla della «volontà concreta dell’azienda di affrontare in maniera costruttiva e propositiva il tema delle retribuzioni nel settore», in un mercato «caratterizzato da una forte competitività».
…e i nuovi bonus
Ai tempi del job hopping, un fenomeno che, secondo una stima di Randstad, interessa quasi un milione di persone che nel nostro paese cambiano sempre più di frequente lavoro, il pacchetto a cui i lavoratori vengono messi di fronte deve essere sempre più ritagliato sulle esigenze, talvolta emergenze del candidato, oltre che sul mercato.
Accade così che l’Azienda trasporti milanesi (Atm), alla ricerca di 300 autisti per fare fronte al turn over, decida di investire 500mila euro, da suddividere tra un bonus contro il caro affitti fino a 3mila euro per i neoassunti e un contributo per coprire il costo della patente D, pari a circa 2.500 euro, per i candidati che non ne sono in possesso e superano la selezione.
Riflessi, l’azienda di design di Ortona, ha messo a budget ulteriori 80mila euro, già a partire dal mese di settembre, per attivare una card digitale Edenred con cui verrà erogato un contributo mensile in buoni pasto esentasse.
Si tratta di pratiche sempre più trasversali che arrivano fino agli integrativi aziendali dove le parti cercano di lavorare per migliorare le condizioni dei lavoratori, soprattutto sul fronte economico. Il settore alimentare è sicuramente tra i più attivi su questo fronte.
Indennità economiche ritoccate
Così nella multinazionale dell’alimentare Cargill, è stato siglato un accordo sindacale che concentra molta parte dei suoi contenuti sul piano economico con il miglioramento delle indennità di reperibilità per i manutentori (90 euro lordi), nonché un’indennità di chiamata di 35 euro lordi più un’ora di retribuzione per lo spostamento casa-lavoro.
Per chi, volontariamente, fa lavoro straordinario di sabato, domenica o in giornata festiva infrasettimanale è previsto un gettone di 30 euro lordi, mentre per gli operatori della produzione impegnati in turni a scorrimento, in caso di chiamata in giorno di riposo o due ore prima dell’inizio o dalla fine del turno, è riconosciuta un’indennità di chiamata di 35 euro lordi.
Migliora il premio, aumentato di 340 euro, vengono previsti contributi per la formazione e anche 16 ore di permesso aggiuntive per la conciliazione lavoro famiglia.
Stipendio fattore chiave
La sempre maggiore attenzione allo stipendio, è un tema che non riguarda solo l’Italia ma tutto il mondo, come emerge da una ricerca dell’Adp research institute, People at work, realizzata da Nela Richardson e da Marie Antonello, in cui sono stati coinvolti 32.612 lavoratori di 17 paesi: di questi 15mila in Europa, in paesi come Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito.
Guardando al risultato globale emerge che il 61% dei lavoratori dichiara che lo stipendio è il fattore chiave per cui lavora e il 62% si aspetta un aumento retributivo nel corso dell’anno. Tuttavia, il 43% ritiene di avere avuto o di avere, spesso o sempre, uno stipendio inferiore a quello che ritiene giusto.
La retribuzione, insomma, è una preoccupazione estremamente pressante. Con il costo della vita salito vertiginosamente, i lavoratori delle fasce medio basse devono fare i conti quotidianamente con portafogli il cui contenuto non basta più per mantenere le loro abitudini.
La spesa viene così dirottata soprattutto sui beni essenziali, schiacciata tra bollette energetiche alle stelle, affitti in aumento, tassi di interesse anche loro in aumento e cibo in aumento.
Il lento rallentamento della crescita dell’inflazione, fa sì che i prezzi rimangano elevati in molti paesi e richiederà tempo ancora per tornare a livelli più gestibili.
Il confronto internazionale
Non c’è da stupirsi, quindi, che lo stipendio rimanga una priorità con poco più di sei persone su dieci che dicono che è il primo fattore a cui guardano nel lavoro che hanno o che cercano. Il dato italiano è leggermente inferiore: sono infatti il 53% i lavoratori che considerano lo stipendio come il fattore chiave per cui lavorano, mentre il 44,3% si aspettano un aumento retributivo da parte del loro attuale datore di lavoro nel corso del prossimo anno.
Ma cosa è successo negli ultimi dodici mesi e che cosa ci si aspetta? Nel confronto internazionale emergono aspettative diverse, con l’Italia che appare un po’ come il fanalino di coda.
I lavoratori che dicono di avere avuto un aumento di stipendio negli ultimi 12 mesi sono infatti solo il 43% in Italia, mentre salgono al 68% in Francia, al 66% in Germania, al 75% in Olanda, al 68% in Polonia, al 57% in Spagna, al 73% in Svizzera e al 66% nel Regno Unito.
Se però andiamo a vedere l’entità dell’aumento, l’Italia si difende con una media del 5,6% contro il 5% dei francesi, il 5,5% dei tedeschi, il 4,9% degli olandesi, il 7% dei polacchi, il 4,7% degli spagnoli, il 6,1% degli svizzeri e il 4,9% degli inglesi. Se invece si parla delle aspettative dei prossimi 12 mesi, oltre la metà degli italiani (55%) si aspetta un aumento, in media del 6,3%.
Percentuali più basse rispetto a quelle di altri paesi. In Francia si aspettano aumenti il 66% dei lavoratori con una media del 5,6%, in Germania il 72% con una media del 6,1%, in Olanda il 76% con una media del 5,3%, in Polonia l’83% con un’aspettativa sull’aumento a due cifre, pari al 10%.
Poi in Spagna il 62% confida di avere un aumento, in media del 5,4%, in Svizzera l’82% con una percentuale del 7%, nel Regno Unito il 71% con un’aspettativa del 5,6%. Declinando il tema in base al genere, tra gli uomini e le donne, i primi sono in vantaggio, avendo avuto un aumento del 5,8% lo scorso anno, rispetto al 5,2% medio delle donne.
Non solo: gli uomini che hanno avuto l’aumento sono la metà, le donne il 36%, quindi poco più di un terzo. Anche questo, appare come uno dei grandi temi su cui nelle direzioni del personale c’è da lavorare.
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