
Dalla terra a marte, Musk rilancia dopo i guai di Tesla: SpaceX mette in orbita 60 satelliti Internet. Il lancio è avvenuto da Cape Canaveral, venerabile base per il decollo di sogni di viaggi spaziali. Un razzo si é staccato da terra, in una nuvola di fumo, dal promontorio della Florida giovedì sera, diretto verso la notte siderale. Nulla a che fare con il coraggio di astronauti. Ma con un altro coraggio: quello di un’avventura di business. A bordo del Falcon 9 era un grappolo di satelliti, sessanta per la precisione. Obiettivo: orbitare attorno al nostro pianeta, a circa 270 miglia di distanza, prima parte d’un nuovo sofisticato sistema di comunicazione per Internet battezzato con un nome di per sé futuristico, Starlink.
Ad un’ora dal lancio, il piccolo esercito tecnologico si é sganciato dal propulsore e ha dato il via lentamente alla missione individuale di ciascun satellite, raggiungere, allontanandosi progressivamente, la propria traettoria. Il marchio di fabbrica del progetto appartiene a SpaceX. Cioé all’altra grande scommessa del miliardario-imprenditore-visionario Elon Musk. Altra rispetto alla più nota – e terrestre – Tesla, leader dell’auto elettrica e impegnata nello sviluppo del self-driving che sta attraversando una fase complessa. Un tempo Space X era considerata non solo come altra ma come il più incerto e tribolato disegno di Musk.
Oggi, davanti ai guai di management, produzione e domanda di veicoli di Tesla, appare invece improvvisamente meno fantascienza o hobby ancillare e forse l’opportunità di un riscatto, d’immagine e di sostanza, per Musk. La partenza senza intoppi dei sessanta, identici satelliti non guasta, anzi: rappresenta l’autentica avanguardia di quella che SpaceX prevede diventi dall’anno prossimo un’autentica armata – o meglio una costellazione – di centinaia di satelliti per la comunicazione ad alta velocità in orbita. Anzi forse migliaia: Musk ne ha ipotizzati addirittura fino a 12mila, al ritmo di mille o duemila l’anno.
Un numero che trasformerebbe SpaceX nel re assoluto dei satelliti, visto che al momento il totale é di circa cinquemila. Soprattutto una rete orbitante in grado, se e quando del tutto operativa, di connettere il mondo intero, ogni angolo del pianeta (o quasi), attraverso una ultra-potente autostrada elettronica. Di più: Starlink, agli occhi di Musk e dei suoi collaboratori, potrebbe dare credibilità e risorse, grazie a eventuali boom delle entrate del nuovo servizio, anche al sogno di finanziare spedizioni spaziali – questa volta con un carico di esseri umani – alla volta Marte.
Musk e SpaceX hanno commentato in questi giorni l’evento di Cape Canaveral – scattato dopo due rinvii – con tweet insolitamente sobri per un imprenditore spesso fin troppo esuberante. «Confermato il dispiegamento con successo di 60 satelliti Starlink!», ha micro-messaggiato Space X, che abitualmente serve con i suoi razzi la Nasa o aziende ma questa volta é stata impegnata interamente su un proprio progetto. Musk in persona si é limitato a far sapere che “i sessanta satelliti sono online”, prevedendo l’entrata in funzione del sistema di pannelli solari che li alimenterà.
E ha persino messo in guardia da aspettative eccessivamente ottimistiche, avvertendo che alcuni dei nuovi satelliti – forse anche tutti – potrebbero non funzionare come prescritto, vista la quantità di nuova tecnologia che utilizzano.
I toni calmi e prudenti non devono ingannare. La tensione e la posta in gioco erano e restano alte per l’immediato futuro. Finora Space X aveva lanciato – l’anno scorso – solo due prototipi di satelliti per Starlink, soprannominati Tintin A e Tintin B.
I sessanta messi in orbita sono un record assoluto per la società: il carico di 300mila libbre é il maggiore mai portato da un suo razzo. Ogni satellite pesa 500 libbre ed é dotato di un singolo pannello solare. Quanto porterebbero in termini di affari, se Starlink decollerà davvero? Musk ha stimato che la sua tradizionale attività di lancio commerciale, per conto terzi, può crescere fino a 3 miliardi l’anno. Le revenue legate ad un nuovo servizio Internet “spaziale” potrebbero invece generare almeno dieci volte tanto, 30 miliardi l’anno.
“Si prevede che SpaceX diventi dall’anno prossimo un’autentica armata – o meglio una costellazione – di centinaia di satelliti per la comunicazione ad alta velocità in orbita. Anzi forse migliaia: Musk ne ha ipotizzati addirittura fino a 12mila, al ritmo di mille o duemila l’anno”
La concorrenza in questa nuova corsa di business verso lo spazio e la sua redditività é agguerrita. OneWeb guidata da Greg Wyler ha lanciato i primi sei satelliti a febbraio). Ci sono poi Telesat e BlueOrigin, società di un altro ambiziosissimo miliardario hi-tech, Jeff Bezos di Amazon. La grande novità rivendicata da Starlink é tuttavia che i suoi satelliti sono disegnati per orbite particolarmente basse – comprese tra 210 e 710 miglia sopra la faccia della Terra. Questo riduce ritardi e debolezze nel segnale, portando a una performance simile a quella dei cavi terrestri in fibra ottica. Devono però, i satelliti, essere numerosi e viaggiare velocemente per evitare che si aprano vuoti di copertura. Al contrario, attualmente i segnali sono costretti a percorrere 22.200 miglia e fare ritorno per utilizzare i satelliti in funzione, creando appunto problemi di rapidità e continuità del servizio.
Ma per Starlink non mancano le incognite, oltre che sul funzionamento, sul business e sulla concorrenza, anche su altri rischi, quelli ambientali. In particolare il pericolo di piogge di detriti spaziali generati da satelliti in disuso. SpaceX ha indicato in passato che il 95% di ciascuno dei suoi satelliti si disintegrerebbe nel rientro al contatto con l’atmosfera, ma questo lascerebbe comunque 25 libbre di rottami in rotta verso la superficie. Di recente la società ha affermato di essere riuscita a fare meglio: a riconfigurare i satelliti in modo che vengano completamente distrutti ancora in volo. La loro bassa orbita dovrebbe inoltre risucchiarli nell’atmosfera e verso una polverizzazione entro un anno da quando cessano di operare, scongiurando ingorghi di traffico spaziale. E mentre sono attivi saranno dotati di una tecnologia di “self-drivin” capace da evitare automaticamente altri oggetti sulla loro strada.
Saranno tutte promesse da verificare.
Trionfo per SpaceX: primo lancio commerciale con Falcon Heavy
Il viaggio di Space X verso simili mete viene però da lontano, dando conto quantomeno finora della determinazione nel superare gli ostacoli sia scientifici che finanziari. La Space Exploration Technology Corp. venne fondata da Musk nell’ormai lontano 2002, un anno prima di Tesla, nella città californiana di Hawthorne. Al contrario di Tesla, rimane non quotata a Wall Street, un fatto che l’ha tenuta al riparo da uno scomodo e costante scrutinio. Agli albori, prima del progetto su telecomunicazioni e Internet, aveva puntato anzitutto sulla grande ambizione di ridurre i costi del trasporto spaziale e di arrivare un giorno a colonizzare Marte. Oggi la società ha sviluppato i razzi Falcon e le navicelle Dragon.
Ma il sogno del Pianeta Rosso non é stato dimenticato: ancora due anni or sono, al Congresso astronautico internazionale in Australia, Musk anticipò il piano di dar vita a una grande astronave in grado di raggiungere Marte. Di più: le prime due navicelle cargo targate SpaceX ad atterrare sul pianeta dovrebbero essere lanciate nel 2022, per dare la caccia a fonti d’acqua e cominciare a preparare la costruzione di un impianto di carburante. Due anni dopo altre quattro missioni dovrebbero decollare con le prime persone a bordo, gli inizi di una vera colonia. Gli odierni satelliti di Internet potrebbero diventare, insomma, un ponte di business verso il resto del sistema solare e le stelle.
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