
Nanotecnologie per ascoltare il dialogo tra cellule del cervello. Lo studio del Consiglio nazionale delle ricerche sui segnali extracellulari nel cervello è importante per capire il rapporto tra struttura e funzione. Utile per curare epilessia e ictus.
Dallo studio dell’attività biolettrica degli astrociti, cellule gliali a forma di stella che si trovano nel cervello umano, potrebbero nascere nuove possibili applicazioni nanotecnologiche per la cura di malattie come l’epilessia e l’ictus. Almeno queste sono, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio condotto da Valentina Benfenati dell’Istituto per la sintesi organica e fotoreattività del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isof), in collaborazione con Annalisa Convertino e Luca Maiolo dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi, del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imm). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Advanced Biosystems.Sebbene siano “non eccitabili”, gli astrociti hanno una propria attività bioelettrica di eccitazione e comunicazione che però non è il “classico” impulso nervoso, bensì delle piccole e lente variazioni di segnale locale, dell’ordine di milionesimi di volt o miliardesimi di ampere e delle centinaia di millisecondi.
“In laboratorio (in vitro) abbiamo scoperto che nel cervello umano gli astrociti comunicano tra loro tramite onde di potenziale lente, sinora attribuite esclusivamente ai neuroni. In realtà, non era stato possibile registrarle a causa dei limiti delle neurotecnologie attualmente disponibili”, spiega Benfenati.
“Nei precedenti studi invece le metodologie utilizzate consentivano di ottenere e crescere solo cellule con una morfologia molto diversa da quella articolata a stella degli astrociti, necessaria perché gli astrociti possano funzionare correttamente. Pertanto, molte informazioni fondamentali sperimentale non erano disponibili a chi studia gli astrociti in vitro. Inoltre, essendo i segnali degli astrociti così piccoli e lenti, era necessario ingegnerizzare e sviluppare elettrodi di forma e dimensione adatta (nano-micrometrica) e sistemi di registrazione sviluppati ad-hoc”, aggiunge.
“Nel nostro lavoro abbiamo vinto questa sfida grazie all’uso di una foresta di nanofili di silicio ricoperti di oro”, spiega Convertino. “Le proprietà di queste nanostrutture consentono di differenziare gli astrociti e avere un accoppiamento elettrodo-cellula molto efficiente”, aggiunge.
“La combinazione di queste proprietà rende insomma la nostra matrice di microelettrodi un sistema di registrazione ideale”, dice Maiolo. “Gli astrociti cresciuti sui nanofili di silicio esprimono una morfologia e proprietà molecolari e funzionali più simili a quelle espresse in vivo”, aggiunge.
Lo studio dei segnali extracellulari nel cervello è importante per capire il rapporto tra struttura e funzione. “Applicando protocolli che mimano condizioni di patologie come l’epilessia, per esempio, l’intensità di queste onde lente astrogliali aumenta solo a determinate frequenze.
Un’informazione potenzialmente utile dal punto di vista applicativo in patologie come epilessia e ictus, dove è noto che l’alterazione dell’attività elettrica degli astrociti è coinvolta ma i meccanismi alla base di questa disfunzione non sono assolutamente chiari. Il lavoro apre una nuova visione, ovvero che gli astrociti contribuiscano attivamente all’attività bioelettrica cerebrale globale”, dice Benfenati. “Stiamo cercando di validare i risultati in vivo, per verificare se questa onda lenta di comunicazione bioelettrica degli astrociti abbia un ruolo anche in processi di comunicazione cerebrale legati alla formazione della memoria o all’apprendimento”, aggiunge.
“Il lavoro apre la strada all’utilizzo di nanotecnologie e interfacce che si integrino nel cervello, consentendone la comprensione e la cura di malattie”, conclude Convertino. “Tecnologie che abbiano come bersaglio non più solo i neuroni ma consentano, con la stimolazione, registrazione e modulazione degli astrociti, una visione più completa di come funziona o si ammala il nostro cervello”, conclude.
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