L’Ivermectina può salvare delle vite ma lo usiamo per la cura della pelle

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Abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ma in Italia lo usiamo per la cura della pelle. La denuncia del direttore del Centro di Malattie Tropicali dell’Ospedale di Negrar, nel Veronese: “L’Ivermectina è riconosciuta dall’Ema ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei per scongiurare l’allarme scabbia portata dai profughi. Ma inspiegabilmente da noi è solo una crema contro i rossori”.

Una dose di compresse di Ivermectina per scongiurare l’allarme scabbia portata dai profughi. Ma anche per curare decine di migliaia di italiani colpiti dalla “Strongiloidosi” che può diventare mortale. O per combattere gravi virus come zika, febbre gialla, duengue e anche malaria (in questo caso è tossico per le zanzare). Solo che quel farmaco, in Italia, non c’è, perché non è ancora stato riconosciuto dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. E questo, incredibilmente, dopo che per aver scoperto la sua base, l’Avermectina, nel 2015 i ricercatori William Campbell e Satoshi Ōmura vennero premiati con il Nobel per la Medicina.

A denunciarlo è il dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell’Ospedale di Negrar, nel Veronese, che appartiene all’Opera Don Calabria (prete proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II nel 1999).

Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell'Ospedale di Negrar
Zeno Bisoffi, direttore del Centro di Malattie Tropicali dell’Ospedale di Negrar

«L’Ivermectina è riconosciuta dall’Ema, l’agenzia europea del farmaco, ed è utilizzata da tempo in Usa ed in molti Paesi europei, ma inspiegabilmente non Italia. E questo quando è dimostrato che questo composto, facilmente somministrabile in semplice compresse, del costo di 5-6 euro l’una, è la cura più efficace contro la scabbia e contro la strongiloidosi. Oggi, con l’arrivo di migliaia di richiedenti asilo assistiamo spesso ad allarmi sul tema della Scabbia, ingiustificati, ma che causano altrettanto allarme sociale. Ebbene, basta una dose di 3-5 compresse a seconda del peso della persona per curare un eventuale ammalato e renderlo immune. Oggi, invece, quando arrivano questi poveretti a centinaia, per curarli dalla scabbia in Italia si impiegano prodotti per uso topico, cioè somministrati attraverso la cute e le mucose con creme, tipo permetrina, o bendaggi. Procedure che richiedono tempo e soprattutto condizioni igieniche incompatibili con i luoghi dove vengono accolti, dove magari ci sono due docce per 100 persone».

Il Centro di Malattie Tropicali dell’ospedale di Negrar, collaboratore dell’Organizzazione mondiale della sanità, oggi è costretto ad importare il farmaco dalla Svizzera, con l’aggravio di costi che ne consegue. «Lo importiamo per curare i tanti italiani ammalati di strongiloidosi, una forma di parassitosi che colpisce migliaia di persone e che può portare alla morte. Le sue microscopiche larve si trovano nel terreno e basta camminare a piedi nudi per raccoglierle. Inoltre, si tratta di una malattia difficile da diagnosticare, con sintomi vaghi, come prurito e saltuari dolori addominali, ma il parassita intanto prolifica e può arrivare ad intaccare tutti gli organi e gli apparati, portando alla morte. E qui l’Ivermectina è la cura più efficace, come dimostrato anche dallo studio che abbiamo curato lo scorso anno assieme all’Ulss 20 di Verona, coinvolgendo 10 ospedali di Veneto, Lombardia e Friuli e finanziato dal Ministero della Salute».
Ma la vicenda è ancora più incredibile se si pensa che l’Aifa ha autorizzato da tempo l’uso di farmaci a base di Ivermectina per gli animali e recentemente, sotto forma di crema, per la cura della pelle, come fa sapere la stessa Aifa, interpellata da L’Espresso: «Il medicinale Efacti (ivermectina), il cui titolare dell’Aic è Galderma, è stato effettivamente autorizzato con determina n. 1180/2015 del 18 giugno 2015. Il medicinale risulta commercializzato da luglio 2015».
Insomma, abbiamo approvato un farmaco per la cura dei rossori della pelle e non quello che utilizza lo stesso prodotto ma per salvare vite umane. «È assurdo, tanto che abbiamo anche dato vita ad un network internazionale, un anno fa, per coordinare la ricerca sulla strongiloidosi. Ed il primo obiettivo che ci siamo posti è proprio di promuovere l’estensione della disponibilità dell’Ivermectina in tutti i Paesi, partendo dall’Italia – conclude il dottor Bisoffi -. Ed abbiamo già programmato per il 27 e 28 marzo prossimi, a Verona, una due giorni di convegni che si chiamerà ‘“IvermecDay”. Non è accettabile che abbiamo un farmaco che può salvare delle vite ed in Italia lo usiamo per la cura della pelle».
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