L’Agenzia Spaziale Italiana prima in Europa per il lancio di satelliti

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L’Europa mette a punto la propria politica di investimenti nello spazio: ecco cosa si gioca l’Italia. L’Italia, in campo spaziale, sta vivendo un momento d’oro, tanto favorevole quanto delicato. Da qui a novembre, infatti, ci giochiamo la politica europea in questo settore e quindi, in gran parte anche il nostro ulteriore sviluppo industriale e scientifico, dato che il 27 e 28 di quel mese ci ci sarà la riunione dei ministri competenti per lo spazio dei Paesi europei, che firmeranno un accordo con le linee guida per i prossimi anni.

I passaggi e gli ostacoli da superare, anche nel confronto coi nostri partner storici, Europa e Stati Uniti, sono stati molto chiaramente illustrati in una conferenza stampa dal Commissario straordinario dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Piero Benvenuti, assieme alle nuove prospettive introdotte dai recentissimi accordi con l’Agenzia spaziale cinese.

Il recente, perfetto, lancio del satellite Prisma, completamente sviluppato in Italia e portato in orbita da un lanciatore Vega, che ha l’etichetta europea ma di fatto costruito e operato alla base spaziale europea alla Guyana dall’italiana Avio, è avvenuto giusto durante la riunione del Council di Esa, in pratica il meeting ufficiale di tutti gli amministratori delle Agenzie spaziali europee, tenutosi a Marsiglia nei giorni scorsi. Come riportato da Benvenuti, abbiamo fatto una certa impressione alla riunione stessa, strana coincidenza visto che c’era stato un ritardo nel lancio, e ci sono stati unanimi complimenti per l’impresa.

D’altronde se l’Europa è in grado di lanciare satelliti, mini o maxi, è grazie a noi che forniamo il razzo vettore europeo più piccolo, Vega, e il primo stadio di quello, sempre europeo ma in sostanza italo francese, Ariane. In generale c’è ormai nel nostro Paese un tessuto industriale e scientifico notevole, in piena espansione e per questo l’accordo che verrà siglato a novembre alla riunione dei ministri europei sarà particolarmente importante e lo si sta già preparando con una serie di riunioni mensili, come quella di Marsiglia, che non è stata del tutto tranquilla come ha specificato chiaramente il Commissario straordinario.

Momento importante anche perché a novembre verrà approvato comunque un aumento almeno del 15% nel budget di Esa, che viene pagato dai Paesi aderenti in percentuale del loro Pil, e noi siamo i terzi dopo Germania e Francia. Si tratta di parecchie centinaia di milioni che devono tornare nel nostro Paese sotto forma di commesse all’industria spaziale con un concetto di “geo-ritorno” che provoca spesso bizantinismi e ritardi. Oltre al contributo obbligatorio, la parte più sostanziosa, c’è quello su base volontaria, in pratica un di più, anch’esso non certo trascurabile, per le missioni spaziali scientifiche, in cui l’Italia ha sempre fatto bene, e quindi a questo siamo favorevoli. In pratica fra le due cose si potrebbe arrivare sui 700 milioni anno di spesa, tenendo conto che il ritorno è in genere di 1,5 al minimo, ma può arrivare anche a più del doppio.

D’altra parte la situazione sta cambiando in modo velocissimo, i grandi satelliti, da 500 a 1000 Kg e del costo dal 500 ai 1000 milioni, sono oramai quasi una rarità: tra il 2016 e 2017 il loro numero è crollato da 25 all’anno a poche unità. Questa situazione ci avvantaggia non poco, lanciamo satelliti piccoli a buon mercato e in modo molto sicuro, e svantaggia i cugini francesi, che privilegiano i grandi carichi, costosi anche da portare in orbita.

A Marsiglia il documento in discussione non era da questo punto di vista favorevole all’Italia, come spesso Francia e Germania erano alleati e contrari a noi, per questo la delegazione italiana ha minacciato di mettere il veto, previsto dal regolamento, che avrebbe ritardato di un anno la decisione. Si spera di trovare un compromesso buono per tutti.

L’Europa nello spazio non ha solo Esa, ma anche una seconda organizzazione che gestisce soprattutto il progetto Galileo: si tratta della Gsa e Galileo è il sistema di Geo posizionamento europeo che è ormai completato. La cosa interessante di questo ambiente è che non è vincolato a un ritorno geografico e quindi si può pensare di avere più di quanto si è dato, se si è in grado di competere ovviamente. Per Galileo per esempio siamo riusciti a portare a casa l’importante Centro di controllo, al Fucino con Telespazio.

Punto cruciale, secondo Benvenuti, è che occorre cambiare metodo nella gestione dei programmi europei, molti dei quali finiscono, malamente, nel regno delle intenzioni cui non è stato dato un seguito, con un’imbarazzante situazione di disavanzo e soldi non spesi, giustamente quindi l’Italia ha richiesto di far partire solo i progetti che abbiano una leadership chiarissima e un finanziamento almeno accettabile, altrimenti l’esperienza ci mostra come i finanziamenti diventino di soldi buttati nel cestino o che rimarranno immobilizzati per anni. In generale la situazione cambia velocemente e l’Europa appare sempre più lenta e quasi ingessata, in una situazione in cui l’accesso allo spazio da parte dei privati, sovvenzionati in parte dagli stati, appare una realtà. Non facile cambiare ma il problema va affrontato.

Argomento alla ribalta nella relazione di Benvenuti, e nelle domande dei giornalisti, è ovviamente stato l’accordo “spaziale” con la Cina, firmato nonostante i tentennamenti dell’ultimo momento.

Prevede per il momento solo un satellite, Cses2, che porterà al suo interno uno strumento sviluppato dal nostro Istituto di Fisica nucleare che serve per analizzare la magnetosfera ovverosia l’andamento del campo magnetico attorno alla Terra. Importante perché ci sono fondati sospetti che il campo magnetico terrestre dia segnali premonitori di forti terremoti sulla Terra. Di per sé l’accordo è interessante, ma quello che ci stiamo giocando qui è con tutta evidenza la partecipazione programma spaziale cinese che è in piena evoluzione in un paese in cui lo sviluppo, anche in questo campo, stupisce spesso anche gli addetti ai lavori.

Quello che possiamo dare è la nostra notevole expertise con la stazione Spaziale internazionale, basti pensare che più della metà della parte abitabile della Iss è stata costruita dall’industria nazionale, Thales Alenia Space in testa. In linea di principio ci si potrebbe aspettare di contribuire anche alla stazione cinese di seconda generazione in cambio di esperimenti da montare a bordo anche con astronauti nostri. Tutto questo ovviamente da vedere nel prossimo futuro e nel quadro degli accordi e relazioni che abbiamo sia con Esa che con Nasa, ha specificato il Commissario straordinario che presto cederà le redini al nuovo Presidente che il Governo sta per nominare.

L’Italia poi non pare volere la Luna, o almeno non la vuole l’Europa, che in questo campo non ha certo una politica chiara, ma parla da tempo di un vago” villaggio lunare”, di cui si sa ben poco. Quando parliamo di Luna o Marte l’impegno finanziario industriale tecnologico e scientifico è overwhelming per tutti e come Europa, con l’Italia in primo piano che ne è il principale finanziatore e realizzatore stiamo scaldando i motori per andare su Marte con Exomars nel 2021. Sul Pianeta rosso non si paga “alla romana”: infatti, la metà la mettiamo noi.

Lancio del satellite Prisma dell’agenzia Europea Esa con razzo Vega italiano

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