La misteriosa civiltà della Valle dell’Indo

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Moltissimi volumi parlano di quella che viene denominata la civiltà della Valle dell’Indo a volte definita cultura di Harappa.

Riguardo tale civiltà dobbiamo dire che tombe di una classe dominante non se ne sono mai trovate nella vasta estensione dell’impero della Valle dell’Indo ragion per cui è possibile che quel misterioso popolo non avesse dei nobili nel senso che noi attribuiamo a tale parola.

La civiltà della Valle dell’Indo era sotto certo aspetti qualcosa di utilitaristico mentre sotto altri aspetti qualcosa di misterioso.

Il primo mistero di tale civiltà era la sua origine.

Il grande studioso Wheeler sosteneva che la civilizzazione dell’Indo sembrava essere nata già adulta.

A differenza della maggior parte delle città Mohenjo Daro non si era evoluta da un agglomerato di capanne ma era stata costruita in base a una mappa.

I bagni pubblici molto spaziosi erano come quelli della Roma imperiale di 2000 anni dopo.

Quanto alla rete di canali di tubi di fogna e di tombini era definita dagli esperti la più completa ingegnosa mai concepita nell’antichità.

Un altro mistero era il luogo dove sorgeva la civiltà dell’Indo.

Tale civiltà è sorta in un luogo apparentemente proibitivo ovvero il bacino dell’Indo.

In quel bacino proibitivo arrivarono i fondatori della civilizzazione della Valle dell’Indo avventurandosi giù dai villaggi di montagna dell’Afganistan e dell’Iran.

Non sapremo mai chi guidò tali spedizioni verso la torrida pianura e perché altri lo seguirono.

Ma doveva trattarsi di gente audace dotata di una mente creativa di pionieri nel senso pieno della parola.

Di sicuro non erano esiliati o individui che avevano abbandonato i monti per isolarsi.

Alcuni di loro probabilmente condussero una vita di stenti e morirono.

Qua e là sulla piana dell’Indo gli archeologi hanno trovato resti di villaggi più antichi di Mohenjo Daro.

C’è da dedurne che il tentativo di colonizzare la vallata continuò a intermittenza fallimento dopo fallimento finché un giorno un gruppo riuscì a farcela.

Una volta insediati sulle piatte rive dell’Indo certamente la loro vita non doveva essere serena.

L’annuale disgelo gonfiando il fiume avrebbe coperto e inondato gran parte del paesaggio.

La piena avrebbe rinnovato il terreno e se contenuta alimentato ricchi raccolti.

Ma l’imponente fiume poteva essere terribile quando si gonfiava cosicché la lotta tra agricoltori e inondazioni non finiva mai.

A volte una piena abnorme aveva la meglio sommergendo fattorie o addirittura interi villaggi: per ben tre volte se non di più la stessa Mohenjo Daro venne quasi spazzata via.

La minaccia del fiume aveva dato vita a una storia di intraprendenza e di intelligenza umana quale si è verificata soltanto poche volte nella storia e nella preistoria dell’umanità.

Alla fine il gruppo della Valle dell’Indo riuscì ad avere la meglio sul minaccioso fiume.

Bonificò sgomberò arginò costruì canali attraverso 375000 chilometri di terra fertile ma minacciata.

Il suo territorio diventò più vasto di quello dell’Egitto anzi divenne la civilizzazione più vasta di qualsiasi altra prima dell’Impero Romano.

Essa copriva un triangolo i cui lati misuravano circa 1600 chilometri.

All’interno di quel triangolo c’erano almeno una settantina di piccoli centri.

Tutti usavano gli stessi tipi di utensili di cucina di arnesi di ornamenti personali e di giocattoli e naturalmente usavano la stessa scrittura.

Nel gigantesco triangolo erano incluse due città virtualmente gemelle ovvero Mohenjo Daro e Harappa.

Ciascuna città aveva una circonferenza di circa 5 chilometri ed entrambe avevano una popolazione di circa 20000 abitanti.

Ma forse Harappa potrebbe essere stata costruita una o due generazioni dopo come una specie di capitale alternativa dopo che Mohenjo Daro aveva subito la sua prima terribile inondazione probabilmente le piene eccezionali si verificavano a intervalli di una o due secoli Harappa era più sicura perché il fiume era più piccolo e più calmo.

Con tutta probabilità la neve dell’Himalaya e i monsoni del Punjab potrebbero essere stati fattori non determinanti delle piene che a volte erano così micidiali per Mohenjo Daro.

Il fattore principale potrebbe essere stato una inclinazione del terreno tra la città e la costa.

Un semplice accumulo di detriti nel corso di decenni poteva sollevare il fondo del fiume di parecchi centimetri con risultati e conseguenze disastrose.

Ma a quanto sembra le forze naturali costituivano l’unica minaccia esterna per le due città.

Infatti né Mohenjo Daro né Harappa erano fortificate ad eccezione della cittadella centrale.

Un altro molto significativo era il fatto che le armi ritrovate durante gli scavi sono poche.

Ciò fa pensare che non esisteva la paura di invasioni esterne.

Inoltre le forze di polizia della città si sentivano al sicuro nella loro roccaforte confidando nella loro capacità di tenere a bada il popolino senza ricorrere all’uso delle armi.

Probabilmente tali forze di polizia dovevano controllare solamente il rifornimento di cibo.

A differenza delle popolazioni cittadine del Sumer o dell’Egitto gli abitanti di Harappa e Mohenjo Daro non lasciano le loro città per andare a lavorare nei campi.

Entrambe le metropoli erano circondate da agglomerati centri urbani che a quanto pare le nutrivano.

Quantità enormi di grano dovevano probabilmente affluire nelle città.

La pianta di entrambe indicava l’immenso granaio come fulcro economico di quella civiltà.

La cittadella di Mohenjo Daro fa pensare che coloro che la costruivano avevano già una certa familiarità con il comando e il prestigio.

L’immagine che abbiamo del popolo di Mohenjo Daro è quello di un popolo guidato da reggitori che potrebbero avere avuto attributi sacerdotali ma che seguivano una concezione essenzialmente secolare sufficientemente benevola in ogni caso da incoraggiare un tenore generale di vita insolitamente alto.

Dobbiamo mettere in evidenza che a differenza delle civilizzazioni della Mesopotamia e dell’Egitto quella della Valle dell’Indo nacque pienamente organizzata guidata da una volontà che sapeva perfettamente quello che voleva.

Ma che cosa mantenne in vita la civiltà della Valle dell’Indo per molti secoli?

La risposta a tale domanda si trova le rovine dal momento che nessuna civiltà potrebbe vivere molto a lungo sullo stesso territorio senza lasciare uno strato di oggetti tipici del loro particolare periodo.

Le rovine delle due città suggerivano che la civiltà della Valle dell’Indo avesse avuto il suo inizio prima dell’inizio della storia scritta che era cominciata con gli Indoariani.

Fino a quando non vennero scoperte Mohenjo Daro e Harappa gli storici pensavano che l’India fosse stata un insieme di tribù primitive prima che la popolazione indoariana introducesse le arti e le scienze.

La cosa più strana era che gli strati più profondi delle rovine delle due città mostrava un arte più raffinata di quella degli strati superiori come se i resti più antichi provenissero da una società più progredita.

Ma esiste un mistero ancora più grande ovvero che cosa determinò la sparizione della civiltà della valle dell’Indo.

Per quanto riguarda Mohenjo daro lo studio delle rovine fa pensare che la città sia andata incontro ad un lento declino.

Infatti lo studio delle rovine dimostra che le nuove generazioni costruirono sulle fondamenta in dissesto dei loro antenati trasformando quartieri una volta dignitosi in bassifondi.

Possiamo dire che gli edifici dello strato superiore davano questa idea.

Tale lento declino non era avvenuto ad Harappa che non dava alcun senso di lento declino.

A quanto sembra la vita di quella seconda città si fermò quando essa era all’apice della sua grandezza.

La maggior parte degli studiosi pensa che Harappa sia stata abbandonata dai suoi abitanti non appena si erano accorti che Mohenjo Daro era già morta.

Con tutta probabilità alcuni di tali abitanti avranno cercato scampo sui monti dal momento che per gli abitanti di Harappa fuggire sarebbe stato più facile e meno drammatico che affrontare la triste fine di Mohenjo Daro.

Ma che cosa poteva aver provocato il lento declino della città?

Nessuno è in grado di dare una risposta chiara e semplice.

Molti fattori potevano essersi accumulati a danno della città come raccolti più scarsi impoverimento etnico mancanza di una guida squilibrio ecologico.

Concludiamo il nostro discorso ribadendo che i primi capitoli della storia della civiltà dell’Indo probabilmente non si conosceranno mai.

Tutto quello che sappiamo non è in grado di risolvere né il mistero dell’origine di tale civiltà né tanto meno quello della sua fine.

Prof. Giovanni Pellegrino

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