
Progetto di Lav e Marevivo,via a studio di fattibilità in 3 aree. L’Italia potrebbe diventare il primo rifugio al mondo per ospitare, in uno dei suoi mari, i delfini da curare. Scatta la fase due, lo studio di fattibilità, per il progetto pilota di Lav e Marevivo in collaborazione con l’Istituto di ricerca Tethys. Illustrato oggi all’Enea nell’ambito di un workshop internazionale, il piano punta a creare un luogo per riabilitare i delfini provenienti da delfinari e per salvare quelli che si spiaggiano sulle coste italiane, almeno 120 ogni anno secondo stime, spesso incontrando la morte.
L’incontro di oggi è stato l’occasione per presentare un documento sui criteri generali che il rifugio per delfini dovrà avere. In sintesi, spiega all’ANSA una portavoce della Lav, ci si sta orientando verso aree naturalistiche già protette e su criteri già sperimentati per i santuari dedicati agli animali terrestri, con le dovute differenze. Le strutture ideali dovranno essere di due tipologie: o un lago salato costiero, con vicinanza diretta al mare, oppure un’area con una baia o un piccolo golfo in prossimità del mare. Massimo riserbo sulle aree italiane papabili: ne sono state individuate già tre, che saranno valutate con lo studio di fattibilità. Questo durerà almeno un anno, dopodiché scatterà la fase successiva, quella relativa alla raccolta di fondi. La Regione Lazio ha avanzato la propria candidatura e un’area ipotizzabile è quella dell’isola di Ventotene. Il progetto non ha un precedente, in Europa o nel mondo, spiegano le organizzazioni, ma sta procedendo in parallelo con un piano analogo negli Stati Uniti di rifugio per cetacei e orche.
In Europa, affermano Lav e Marevivo, ci sono più di 300 delfini tursiopi in cattività. I Paesi che ospitano delfini sono oltre 50 in tutto il mondo. Quanto agli spiaggiamenti in Italia fra il 2012 e il 2015 ne sono stati registrati 628: di questi solo 34 esemplari sono stati trovati vivi.
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