
Il limite della vita umana non è ancora in vista. Dopo i 105 anni, invece di aumentare con l’età, il rischio di morire si livella. Un indizio, secondo i ricercatori, che non c’è una durata massima prestabilita di longevità per la nostra specie. O che, se c’è, non l’abbiamo ancora raggiunta.
La vita umana ha un limite invalicabile? Se c’è, l’abbiamo già raggiunto? O non esiste una barriera estrema per la longevità? Intorno a queste domande sull’invecchiamento e la durata della vita si interrogano da tempo medici, biologi, studiosi dell’evoluzione, che a seconda delle prospettive forniscono risposte assai contrastanti.
Uno studio internazionale guidato da un gruppo di ricercatori italiani fornisce prove a sostegno della teoria che, per il futuro, l’umanità potrebbe aspirare

a campare anche ben più a lungo di oggi, dato che, ammesso che ci sia un limite fisso alla durata della vita, finora non pare che lo abbiamo raggiunto.
Vivere a oltranza? Elisabetta Barbi (Università di Roma), con colleghi di altre istituzioni universitarie in Danimarca, Germania e Stati Uniti, ha preso in esame i dati demografici su quasi quattromila italiani ultracentenari, forniti dall’ISTAT. Si tratta di un campione assai ampio per studi di questo genere, che può contare inoltre su informazioni attendibili – altra rarità – come i certificati di nascita e di morte.
L’analisi dei ricercatori mostra che tra questi “grandi vecchi”, oltre i 105 anni, la mortalità, invece di andare di pari passo con l’aumentare dell’età, come sembrerebbe normale in base al senso comune, a un certo punto decresce e raggiunge una sorta di plateau. È come se, raggiunte queste età estreme, la vita potesse continuare indefinitamente sullo stesso binario.
Pionieri della longevità. Naturalmente poi la morte arriva, ma i tassi di mortalità, che fino agli 80 anni circa aumentano esponenzialmente, come tutti i dati demografici dimostrano, in seguito iniziano a decrescere, e dopo i 105 rimangono stabili. Per chi ha raggiunto quell’età c’è la stessa probabilità di morire a 107 piuttosto che a 109 o magari 110 anni.
Gli stessi dati dicono anche che tra gli ultracentenari presi in considerazione (quelli nati tra il 1896 e il 1910), la mortalità tende a diminuire per il gruppo dei più “giovani”, il che suggerisce – secondo gli autori – che stiamo assistendo a un vero e proprio aumento della durata della vita, per la nostra specie. Coloro che campano oggi fino a questa veneranda età sarebbero insomma, come vengono definiti nel titolo dell’articolo pubblicato su Science, i “pionieri della longevità” di domani.
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