L'incertezza fa patire dolore pur di sapere in anticipo
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Che cosa siamo disposti a sopportare pur di conoscere il futuro? Persino il dolore fisico. Non sapere che cosa ci aspetta ci disturba a tal punto che siamo disposti a provare dolore fisico pur di guadagnare qualche informazione sul nostro futuro.
Non sapere ciò che ci aspetta è una sensazione così insopportabile che siamo disposti persino a subire un po’ di dolore fisico pur di abbattere il muro dell’incertezza – anche se l’informazione che avremo non potrà cambiare le cose.
Uno studio appena pubblicato su Proceedings of the Royal Society B mostra fino a che punto può spingersi l’uomo pur di provare ad elaborare previsioni sul proprio futuro. Siamo una specie fatta per cercare informazioni, che sembrano avere un valore intrinseco, anche se non portano benefici immediati.
Non lasciarci sulle spine…
Studi sui macachi dimostrano che i primati sono disposti a sacrificare parte di una loro ricompensa durante compiti di laboratorio pur di sapere quali premi verranno dati loro in seguito, anche quando questa informazione non cambia in alcun modo la quantità totale di gratifiche ricevute.
Stefan Bode, psicologo dell’Università di Melbourne (Australia), si è chiesto come si comporterebbe l’uomo in situazioni simili. In passato aveva già dimostrato che le persone non si fanno problemi a investire piccole somme di denaro o provare fatica fisica pur di conoscere in anticipo l’esito di alcuni sorteggi predeterminati, anche se questi loro sforzi non possono in alcun modo cambiare l’esito dei sorteggi.
Testa o croce?
Nel nuovo studio, Bode ha indagato il limite di questa sete di conoscenza: a patto di ottenere informazioni fini a se stesse, cioè prive di conseguenze pratiche, saremmo per esempio disposti a patire dolore fisico? A quanto pare, sì.
Lo scienziato ha mostrato ad alcuni partecipanti una serie di immagini di “testa o croce”, nelle quali ogni faccia della moneta era stata in precedenza associata a una diversa ricompensa in denaro. I volontari avevano la possibilità di conoscere in anticipo a quale faccia fosse abbinata una certa cifra, a patto di ricevere un piccolo stimolo doloroso (un flash di calore sull’avambraccio). Sapere questa informazione non avrebbe cambiato l’esito del lancio della monetina (affidato al caso) né la ricompensa finale, che sarebbe stata loro corrisposta comunque.
Come è andata
Quando gli stimoli erano minimamente dolorosi, i partecipanti si sono mostrati disposti a sopportare la scottatura nel 75% dei casi, e questa disponibilità è cresciuta quando in ballo c’erano maggiori quantità di denaro.
Quando l’intensità del calore è aumentata, il numero di volontari desiderosi di affrontare la prova è diminuito: in ogni caso in circa la metà delle giocate c’è stato chi era disposto ad accettare anche il massimo livello di dolore.
Che bello essere informati!
Questo sprezzo del dolore fisico potrebbe derivare – secondo Bode – da una radicata avversione per l’incertezza: del resto, la capacità di cercare informazioni sul mondo esterno è stata, dal punto di vista evolutivo, una delle basi della fortuna della nostra specie.
In futuro, Bode si propone di esplorare i limiti del desiderio umano di evitare l’incertezza. Ma intanto lo studio dimostra che il valore dell’informazione non è sempre legato alla sua utilità. E che esso aumenta quando il grado di incertezza è più alto.
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