Da domani tutti vegetariani… Che cosa accadrebbe?

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Uno scenario irrealistico, ma utile per capire che impatto hanno le nostre abitudini alimentari sul Pianeta. E quanto sia importante la moderazione nelle scelte di consumo.

Una rivoluzione culturale ed economica?

C’è chi diventa vegetariano (o vegano) per opporsi alla sofferenza animale, chi lo fa per ragioni di salute e chi per non gravare su di un pianeta già sofferente.

Che cosa accadrebbe se tutti gli abitanti della Terra, improvvisamente, si convertissero a una dieta priva di carne o prodotti di origine animale?

Un articolo pubblicato su BBC Future immagina questo improbabile scenario, che avrebbe conseguenze molto differenti sulle diverse aree della Terra. «Sarebbe letteralmente una storia di due mondi», afferma Andrew Jarvis, del Centro internazionale di agricoltura tropicale della Colombia. «Nei paesi industrializzati, il vegetarianismo porterebbe ogni sorta di beneficio ambientale e sulla salute. In quelli in via di sviluppo ci sarebbero effetti negativi in termini di povertà.»

I VANTAGGI PER L’AMBIENTE. La produzione di cibo è responsabile di una quota che va da un terzo a un quarto del totale di gas serra di origine antropica, soprattutto a causa dell’allevamento animale (per le emissioni di metano derivanti dal letame e della CO2 imputabile all’intera filiera di lavorazione delle carni).

Marco Springmann, ricercatore all’università di Oxford, ha calcolato che se tutto il mondo smettesse di mangiar carne entro il 2050, le emissioni dovute alla produzione di cibo calerebbero del 60% (del 70% se diventassimo tutti vegani). Uno scenario estremo che dà tuttavia ragione dell’impatto ambientale del consumo di carne rossa.

RICONVERSIONE. Oltretutto, il 68% dei 5 miliardi di ettari di terre potenzialmente coltivabili è oggi usato per l’allevamento. Diventando tutti vegetariani, potremmo convertire almeno l’80% di queste aree a terreni agricoli per il nostro sostentamento, ristabilendo su di essi la vegetazione che contribuirebbe anche a sequestrare CO2. Recupereremmo così anche quella percentuale di terre – un terzo di quelle coltivate – oggi usata per produrre mangimi per animali.

TRACOLLO ECONOMICO. Ma non sarebbe un processo semplice: trasformare in campi quelle terre ormai impoverite richiederebbe uno sforzo non indifferente, e occorrerebbe ricollocare tutti coloro che lavorano nel settore zootecnico. Senza contare gli effetti disastrosi che la scomparsa degli animali da pascolo – 3,5 miliardi di ruminanti in tutto il mondo – comporterebbe in termini di biodiversità e sull’economia globale.

L’UNICA VIA POSSIBILE. Sulla Terra c’è poi un terzo di terra libera che può essere sfruttata solo per la pastorizia: in passato i tentativi di trasformare in area coltivabile alcune zone del Sahel – una regione africana compresa tra il Sahara e l’equatore, tradizionalmente impiegata nell’allevamento – hanno avuto esiti disastrosi per l’economia locale. Private dei loro animali, popolazioni nomadi come quelle berbere o mongoliche perderebbero la propria identità culturale e il principale mezzo di sostentamento.

I BENEFICI PER LA SALUTE. Gli studi di Springmann hanno anche mostrato che la cessazione del consumo di carne porterebbe a una diminuzione della mortalità globale del 6-10%, per la riduzione di malattie cardiovascolari, cancro e patologie croniche. La dieta vegetariana preverrebbe 7 milioni di morti all’anno, quella vegana, 8 milioni.

PATRIMONIO COMUNE. Ma la carne è anche parte inscindibile di molte tradizioni, dalle feste ai matrimoni, ai riti di passaggio. Inoltre, i prodotti di origine animale contengono più nutrienti per caloria, e rimpiazzarli a livello globale richiederebbe uno sforzo di diversificazione senza precedenti. Come ridurre il consumo di carne senza perdere (identità culturali e) valori nutrizionali?

POCO, DI TUTTO. Come al solito, la chiave è nella moderazione. Attenersi alle linee guida sul consumo di carne dell’OMS (una, due volte alla settimana al massimo per quelle rosse) sarebbe già sufficiente a ottimizzare i benefici della carne e ridurre la nostra impronta ambientale. Abbassare i prezzi di frutta e verdura e alzare quelli della carne, inoltre, renderebbe quest’ultima un bene da concedersi una volta ogni tanto.

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