Il coronavirus attacca di meno le donne rispetto gli uomini

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Coronavirus, perché le donne resistono meglio al Covid-19. Sette vittime su dieci sono uomini. Gli esperti di medicina di genere: ai neonati anticorpi dal latte materno.

La donna è più attrezzata nel respingere l’attacco del nuovo Coronavirus, si contagia meno facilmente e resiste più strenuamente. Dai report dell’Istituto Superiore di Sanità salta agli occhi un dato: il 71% dei decessi con insufficienza respiratoria da Covid- 19 riguarda uomini. Le quote rosa, per così dire, sono al 29%.

Questa settimana il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie ha confermato che i due sessi si infettano pressoché allo stesso modo, ma poi prendono strade diverse, tanto che il tasso di letalità nei maschi sintomatici positivi al tampone era del 2,8%, rispetto all’1,7% nelle femmine. L’età media delle vittime è sopra gli 80 anni (79 gli uomini, 83 le donne).

Donne più resistenti al coronavirus (Ans)
Donne più resistenti al coronavirus (Ans)

“In termini di difese immunitarie, nel sesso femminile si registrano risposte più robuste contro i patogeni”, ha dichiarato Sabra Klein, immunologa alla Johns Hopkins di Baltimora. Ma i motivi di fondo per cui le donne sono maggiormente protette sono parecchi, e in parte ancora da sondare. Entrano in gioco la genetica, contesti ambientali e stili di vita. Una ipotesi è che fattori concomitanti si traducano in un vantaggio per la prole, visto che i neonati assorbono anticorpi dal latte materno.

“Tra le ipotesi per spiegare certe differenze – avverte il professor Mario Umberto Mondelli, Policlinico San Matteo, Università di Pavia – c’è una maggiore densità di recettori che il virus incontra per entrare nelle cellule polmonari. Sono supposizioni, come quella che ipotizza un legame con il cromosoma X, o quella che presuppone un ruolo protettivo del corredo ormonale, vale a dire gli estrogeni, in età fertile”. È assodata la tendenza della donna ad avere una risposta immunologica più vivace. “Quindi abbiamo spiegazioni diverse, poche certezze anche perché – conclude il prof Mondelli – questo virus dobbiamo studiarlo più a fondo. Vediamo che può scatenare una risposta infiammatoria importante a livello polmonare, una reazione che diventa un’arma a doppio taglio, ed è su questo aspetto che fanno leva le terapie sperimentali che anche noi stiamo testando”.

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