
Se risaliamo indietro nel tempo, alle origini dei primissimi studi sulle implicazioni cosmologiche della novella teoria della gravità elaborata da Albert Einstein, la relatività generale, fu lo stesso fisico tedesco a spianare il sentiero che, a distanza di alcuni anni, aprì le porte ad una serie di studi che portarono alla nascita della cosmologia relativistica. Nel 1917, Einstein [1] introdusse il suo primo modello di universo relativistico che, benché oggi considerato sorpassato, ha rappresentato agli inizi un utile punto di riferimento di una serie di studi teorici che aiutarono a conoscere la struttura generale dell’Universo, sia per lo spazio che per il tempo. Il modello di Einstein era statico, con una curvatura spaziale positiva (chiuso) e, di conseguenza, spazialmente limitato – in altre parole, finito. Matematicamente, l’Universo di Einstein era descrivibile come una sfera tridimensionale di raggio fissato r. In questo Universo, il tempo non aveva un inizio: esso era infinito in entrambe le direzioni, al passato e al futuro. Ciò comportava che l’Universo esisteva da sempre, e sarebbe esistito per sempre. Per ottenere tutte queste caratteristiche, Einstein si avvide che era necessario controbilanciare gli effetti attrattivi della gravità. Egli, quindi, introdusse un termine costante nelle sue equazioni di campo – che poi sarebbe passato alla storia come la “costante cosmologica” – un termine repulsivo, di grandezza appropriata, tale da rendere possibile la soluzione che si voleva ottenere. Oltre a sembrare perfettamente conforme alle osservazioni della sua epoca, di un Universo statico, Einstein mirava anche a giustificare le idee del fisico e filosofo austriaco Ernst Mach per quanto riguardava le proprietà di inerzia. Secondo Mach, la massa inerziale di qualsiasi corpo era dovuta all’influenza dell’Universo nel suo complesso. Einstein concordava con tale idea e credeva che il modello cosmologico potesse connettere le proprietà locali – quali la massa – con le proprietà globali – la costante cosmologica [2]. Per inciso, in seguito, l’entusiasmo di Einstein rispetto al “principio di Mach” diminuì per poi scomparire completamente [3].
L’instabilità dell’Universo statico di Einstein.
Nel modello di Einstein, il termine a destra nelle equazioni cosmologiche rappresentava l’energia totale del sistema – negativa, per un sistema limitato, come nel caso di Universo di Einstein. Il primo termine sul lato sinistro rappresentava l’energia cinetica del fluido cosmico, mentre il secondo termine la sua energia potenziale gravitazionale. Il terzo termine rappresentava per l’autore una specie di energia potenziale repulsiva “elastica”. Allora, Einstein interpretava la costante cosmologica con una similitudine Newtoniana. Egli considerò la costante come uno stress intrinseco nel tessuto dello spaziotempo. Associato ad esso, una energia potenziale elastica di una stringa, con l’importante differenza che la risposta elastica essendo data da un termine di energia negativa. La forza repulsiva era trainata da questa sorta di “elasticità” cosmica. La risposta elastica del tessuto dello spaziotempo bilanciava, secondo Einstein, la forza attrattiva della gravità. Ma, purtroppo, il punto di equilibrio delle due forze, rappresentava un punto instabile.
La bigravità in soccorso dell’Universo statico di Einstein.
L’amico e giovane fisico Edoardo Bianchi ha esposto in questa pagina [vedi “Relatività Generale o Bigravità ?”] in cui ha chiaramente richiamato il concetto di bigravità, che si lega alle teorie della gravità massiva, con cui possiamo fornire una connessione con un altro lavoro recente di M. Mousavi e F. Darabi su Nuclear Physics B [4] in cui i due autori, studiando modelli cosmologici statici e la loro stabilità di fondo nel formalismo della teoria della bigravità massiva ottengono nuove soluzioni sulla falsariga di quella dell’Universo di Einstein. Per un range conveniente di termini dell’equazione di stato del fluido cosmico delle soluzioni estratte, l’analisi numerica mostra che ci sono casi di Universi chiusi o aperti stabili, con valori praticabili della massa del gravitone, con gerarchia di massa m << Mpl (dove Mpl è la massa di Planck).
Bibliografia.
[1] A. EINSTEIN, Kosmologische Betrachtungen zur allgemeinen Relativitätstheorie, Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissenschaften (1917), 142–152;
[2] E. Harrison, Cosmology – The Science of the Universe, (Cambridge University Press, Cambridge, 2000);
[3] A. Pais, Subtle is the Lord: The Science and the Life of Albert Einstein, (Oxford University Press, Oxford, 1982);
[4] M. Mousavi e F. Darabi, On the stability of Einstein static universe at background level in massive bigravity, Nuclear Physics B, 919, (2017), 523; arXiv:1607.04377v3 [gr-qc].
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