
Attacco DDoS al sistema energetico USA. I report parlano di un “incidente di cyber-security” che avrebbe provocato il blocco di alcune funzionalità. Gli esperti: “è stato un DDoS”.
Quanti danni può procurare il crash di un impianto per la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica? Da un punto di vista strategico, come abbiamo visto nel 2015 quando a esserne vittima è stata l’Ucraina, può rappresentare un vero disastro.
Dallo scorso 5 marzo, il problema se lo devono porre anche le autorità statunitensi, che a quanto pare hanno subito un classico attacco DDoS (Distributed Denial of Service) che ha provocato qualche problema nella rete di distribuzione dell’energia elettrica sul territorio della prima superpotenza mondiale.
A confermare la gravità dell’episodio c’è il fatto che le autorità hanno fornito pochissimi dettagli su quanto accaduto. Non è dato sapere, per esempio, quale si stata l’infrastruttura colpita. I sospetti, però, si concentrano nell’are ovest degli Stati Uniti: Wyoming, Utah e California.
Quello che si sa è che le conseguenze dell’attacco sono state abbastanza significative da giustificare una segnalazione della Department of Energy. Qualcosa che dalle parti del governo USA tendono a prendere seriamente.
La tecnica utilizzata sarebbe stata quella di un tradizionale DDoS portato nei confronti dei dispositivi raggiungibili via Internet e le conseguenze, che non avrebbero compromesso la capacità di produzione di energia, sarebbero comunque state sufficienti per attivare un alert a livello nazionale.
Stando alle informazioni filtrate alla stampa, l’attacco avrebbe sfruttato una vulnerabilità conosciuta e per la quale sarebbe stata disponibile una patch. L’incidente, di conseguenza, è classificabile come qualcosa che si sarebbe potuto evitare semplicemente attraverso l’applicazione di policy adeguate negli aggiornamenti software.
Insomma: gli USA si svegliano e scoprono che le loro infrastrutture sono vulnerabili ad attacchi potenzialmente pericolosi per la “sicurezza nazionale”. E il fatto che l’attacco potesse essere “non particolarmente sofisticato”, se può rassicurare sotto certi aspetti, pone una domanda piuttosto inquietante: cosa succederebbe nel caso in cui ne venisse portato uno più elaborato?
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