
Il “question office” infatti, l’ufficio domande cioè, è un’istutuzione del sistema bibliotecario newyorchese: risale a fine ottocento, aperto addirittura nel 1896, un anno dopo l’inaugurazione della celebre biblioteca. Dal 1960 le domande si possono porre via telefono: ma ora il servizio viene rilanciato come alternativa alle risposte “tuttologhe” di Google. Che, spiegano i bibliotecari, spesso sono non verificate e surreali. I bibliotecari di New York, al contrario, si impegnano a fornire entro poche ore risposte verificate grazie allo straordinario ausilio di una collezione che conta 16 milioni di libri e 80 milioni di articoli. Fornendo risposte non solo via telefono (le chiamate sono circa 300 al giorno), ma anche via mail, WhatsApp, sms e perfino attraverso la live chat sul sito della biblioteca.
I newyorchesi, a quanto pare, ne fanno un fortissimo uso: da quando la nuova “squadra risposte” è stata rinforzata e rilanciata, meno di un anno fa, la Public Library ha infatti già risposto a 60 mila quesiti posti via telefono, 20 mila mandati via mail, 17 mila via chat e perfino a 500 domande arrivate via WhatsApp. A comporre il team di studiosi, nove bibliotecari esperti guidate da Rosa Caballero-Li. E proprio la studiosa ha voluto sottolineare l’aspetto umano del servizio, raccontando al sito Quartz.com che ne ha rilanciato la storia che “ci sono almeno 5 persone che telefonano tutti i giorni. Ne riconosciamo la voce, ne conosciamo la storia, i gusti, gli interessi. Ci considerano la loro linea diretta con la storia, la scienza, perfino la medicina: ma anche con le notizie del giorno”.
“Spesso” racconta Caballero-Li, “chiamano proprio per verificare una notizia vista online: non si fidano dei media, insomma, ma si fidano della biblioteca. Sperano di avere da noi ulteriori notizie: come quando Prince è morto e in tanti hanno chiamato per sapere cosa fosse veramente successo.Noi abbiamo semplicemente risposto che stavamo seguendo la questione: come tutti”. Essendo un servizio istituito più di un secolo fa, però, i ricercatori non basano le loro risposte solo sulla straordinaria collezione libraria: contano anche su un archivio storico che non è solo una miniera di risposte, ma una vera enciclopedia culturale.
Intorno agli anni Quaranta e Cinquanta, ad esempio, moltissime domande riguardavano questioni di etichetta: come la signora che – era il 1957 – chiamò per sapere come doveva comportarsi con i padroni di casa di una festa a cui non era stata invitata: “Devo mandare comunque un biglietto di ringraziamento? E come posso rintracciare l’aitante giovanotto con cui ho chiacchierato tutta la sera?”. La risposta del bibliotecario dell’epoca fu di buon senso: consigliò alla signora – basandosi su un manuale di etichetta – di scrivere senz’altro un biglietto. Aggiungendo un consiglio personale: chiedere direttamente ai proprietari il nome del loro simpatico ospite. Una risposta “umana”, che gli attuali esperti del “question desk”, l’ufficio domande portano ancora come esempio della specificità del servizio: “Nessun motore di ricerca vi offrirà una risposta che metta insieme cultura e sentimenti”.
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