Se è l’intelligenza artificiale a selezionare il personale

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Selezioni di lavoro: la severità dell’intelligenza artificiale. Per la preselezione del personale le grandi aziende usano l’intelligenza artificiale, ma si è visto che questa scarta spesso ottimi candidati.

Trovare lavoro è sempre più difficile: chiunque negli ultimi tempi si sia messo alla ricerca di un nuovo impiego, è consapevole dell’infinità di mail da inviare e annunci a cui rispondere prima di avere la fortuna di ricevere – almeno – una risposta. A far cadere molti curricula nel dimenticatoio contribuisce l’intelligenza artificiale (IA), che, “incaricata” della preselezione del personale nei sistemi informatici di grandi aziende e gruppi di recruiting, spesso scarta validi candidati sulla base di piccoli tecnicismi: è quanto rileva un report dell’Università di Harvard, che ha analizzato i danni che l’automatizzazione sta arrecando al settore.

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Le aziende sono in cerca di personale qualificato per aumentare la propria competitività – sottolinea il report – e allo stesso tempo un crescente numero di persone rimane “nascosto” al mercato del lavoro a causa dei processi di assunzione adottati dalle aziende stesse. E così, come in un circolo vizioso, le aziende si lamentano per la mancanza di validi candidati, e i candidati validi si lamentano per la mancanza di offerte di lavoro.

Lavoro: la severità dell'intelligenza artificialeNon una scelta umana. La ricerca, che ha coinvolto 8.000 “lavoratori nascosti” – persone che sono in cerca di impiego, ma che a causa del mercato del lavoro o per problemi personali non riescono a trovarlo – e oltre 2.250 dirigenti d’azienda, ha rilevato che i due software di ricerca del personale più utilizzati dalle aziende, l’ATS (Applicant Tracking System, sistema di tracciamento candidati) e l’RMS (Recruiting Managing System, sistema di gestione delle assunzioni), effettuano un filtraggio eccessivo dei candidati.

«La maggior parte dei dirigenti, fino all’88%, è consapevole che questo processo di assunzione automatizzato taglia fuori candidati qualificati», spiegano i ricercatori. Sebbene non indichi una ragione specifica per cui questo avviene, lo studio suggerisce che i software utilizzati spesso dividono in modo troppo drastico i curricula in “buoni” e “cattivi”, tenendo conto di sottigliezze poco utili ai fini di un’eventuale assunzione.

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Cambio di metodo. Dal momento che revisionare tutti i curricula a mano, specie per le grandi aziende, è impossibile, per evitare di perdere talenti bisognerebbe cambiare il metodo con cui si effettua la prima “scrematura” di candidati: per farlo, gli studiosi di Harvard consigliano alle aziende di rivedere i propri annunci di lavoro, indicando solo poche competenze fondamentali. D’altro canto, sarebbe utile cambiare il funzionamento dell’IA, passando da una selezione che filtra i candidati in negativo, che elimina cioè chi non ha determinate competenze, a una selezione in positivo, che premi chi ha più competenze di interesse dell’azienda. In questo modo sarà più semplice trovare il candidato migliore, senza il rischio che venga scartato da un software troppo severo.

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