
Una delle caratteristiche che connotano la società di oggi secondo Bauman, è il passaggio da una vita di comunità etica e legata allo stare insieme, ad una una comunità estetica e legata allo stare accanto. Scrive Bauman “…qualunque sia il loro asse portante, il tratto comune a tutte le comunità estetiche è la natura superficiale e frivola, nonché transitoria, dei legami che si instaurano tra i rispettivi membri. ” Si potrebbero definire legami da Luna park quelli che caratterizzano i rapporti tra i giovani di oggi.
Infatti, non si parla più di relazioni, ma di contatti in cui si condivide una situazione esterna più che una amicizia vera.
La parola contatti richiama alla mente W.app e Facebook. Si potrebbero, quindi anche chiamare relazioni da social-network.
In questo tipo di relazione c’è la forte convinzione di essere sempre tutti in contatto perché la pagina delle persone con la loro foto è sempre aperta e ben visibile, quasi come se questo permettesse di essere veramente in constante relazione con chi c’è dell’altra parte, che magari in realtà non è nemmeno a casa.
Spesso se si parla con gli adolescenti, essi raccontano dei diversi contatti che hanno sui social, con cui si guardano e seguono a vicenda, e magari poi per strada non si salutano. I ragazzi, ma non solo, perchè ciò riguarda in parte anche gli adulti, sembrano valere per come appaiono e non per quello che sono. Sembra valere di più l’immagine che gli altri hanno di te e non ciò che tu sei in grado di costruire e realizzare e il mondo “virtuale” diventa una occasione per inventarsi un’altra identità, un “altro profilo”, un’altra vita che non è detto che corrisponda alla realtà, ma solo a ciò che i ragazzi vogliono che appaia di loro.Per alcuni è uno spazio in cui sperimentarsi, da cui entrare ed uscire.
Si possono anche trovare aspetti positivi, in cui i media vengono visti come spazi in cui collaudare ruoli, aumentare la possibilità di incontro e per cercare di padroneggiare e modellare diversi aspetti del sé. Ma, rimane alto il rischio di sviluppare una personalità falsa e di costruire una vita sociale finzionale che rappresenta un tentativo di sfuggire dalla realtà della vita e non di interagire con essa.
E con queste caratteristiche saranno gli “Adulti” di domani?
La rete sembra sostenere, in modo finzionale, la precaria fiducia nelle proprie possibilità, liberando dalla dimensione corporea e dal confronto relazionale diretto. In questa dinamica, il mondo emotivo interno, può risultare alterato, perché ha valore solo se è riconosciuto da tutti.
Ciò, spesso, non aiuta a superare le proprie difficoltà e le proprie paure, ad affrontarle sul campo. Di conseguenza ad affrontare le tappe gli ostacoli che si incontrano nella vita.
Infatti, questo tipo di relazioni virtuali sono di carattere fortemente narcisistico, in cui l’altro rimane un oggetto da sé che soddisfa i bisogni regressivi di dipendenza e onnipotenza, rendendo difficile l’evoluzione verso un rapporto con gli oggetti totali in cui l’altro è altro da me, ed è possibile lo scambio e la cooperazione.
In altre parole io mostro solo ciò che voglio di me, oppure anche ciò che non è vero, posso mentire costruire un’ identità falsa e l ‘ latro diventa uno specchio che può solo rimandare se ciò che vede gli piace o meno attraverso uno schermo. Si rimane nascosti e non ci si confronta con una persona reale in carne ed ossa, occhi negli occhi, che dopo un po di tempo passato insieme si può accorgere di come sono e non come appaio. Lo scambio non è reale perché io non vedo l’altro per quello che è realmente, ma solo per ciò che mi interessa per appagare la mia fame narcisistica.
Sembra essersi abbattuto il confine tra realtà e finzione, tra realtà vissuta ed elaborata ed esibizionisticamente raccontata in maniera povera.
Il racconto di sé, da parte dei ragazzi che abusano dei social, risulta spesso molto povero, come se fosse svuotato delle componenti relazionali, razionali e riflessive. La richiesta di descrivere e argomentare riguardo a vari temi della loro vita, come la scuola, le relazioni, la famiglia, le passioni, vengono vissute come un interrogatorio o un’invasione.
Quello che riescono a comunicare avviene attraverso un linguaggio frammentario e telegrafico, come quello utilizzato in rete.
La ragione di tale difficoltà comunicativa riguarda in parte la loro abitudine a esprimersi attraverso il linguaggio digitale che è breve ma di effetto, perchè denso di significati ironici, erotici, aggressivi anche attraverso l’uso di faccine e foto; d’ altra parte rappresenta anche la mancanza di elaborazione di ciò che avviene nelle loro vite, che è una caratteristica peculiare della adolescenza, ma che viene accentuata dalla virtualità.
All’interno del percorso di crescita spesso si traduce nella difficoltà appunto ad argomentare, elemento fondamentale per arrivare alla condivisione profonda di ciò che pensano e sentono. Uno degli aspetti che dovrebbe essere recuperato da chi si confronta con gli adolescenti oggi, è quello di aiutarli a comprendere, attraverso le loro narrazioni, il contesto in cui vivono e i significati delle esperienze vissute fino a quel momento. Soffermarsi a riflettere e ragionare su ciò che accade nella realtà della quotidianità; ciò ha contribuisce a restituire un senso ai comportamenti, agli accadimenti che sembrano sconnessi.
Questo dovrebbe avvenire in famiglia ma anche all’interno degli organi di istruzione.
Un esempio di questi meccanismi legati all’immagine di Sèe le relazioni, e alla difficoltà di dare significato a ciò che accade invece nella vita reale, me lo racconta una ragazza un giorno.
Parla di episodio avvenuto nel fine settimana, che l’ha infastidita. Racconta di essere stata contattata su Facebook da un ragazzo, che aveva tra i suoi contatti, che non conosceva direttamente, ma amico di amici. Questo ragazzo, le chiede un appuntamento per il sabato sera, perché la trova molto carina dalle foto che ha pubblicato sul profilo. Martina accetta e si trovano per l’ aperitivo. Dopo qualche veloce scambio di battute, il ragazzo le dice che è dispiaciuto, ma dalle foto gli era sembrata più bella e non più è intenzionato ad approfondire la “conoscenza”.
Lei diceva di essere offesa, ma lo considerava uno dei tanti, per cui di poca importanza, e l’episodio lo raccontava come se fossero “cose che succedono normalmente”. Episodi come questo, molto comuni, possono diventare invece un importante opportunità per mettere in discussione l’accaduto; di farsi delle domande sulle sue foto, sul comportamento del ragazzo, sul fatto di accettare un appuntamento senza conoscere davvero chi era questa persona, sulla normalità di queste relazioni basate sull’ immagine vista sul computer.
Il ruolo di chi è in contatto con ragazzi deve essere quello di aiutarli a riflettere e non lasciare che quanto accaduto scivoli nel mare della “normalità”. Non dobbiamo dire quello che devono fare o togliere il computer e punirli. Ma, aiutarli a recuperare il significato reale di se stessi e di ciò che li circonda.
La domanda che tutti dobbiamo porci poi è, se diamo per assodato che la costruzione di sé avviene nell‘incontro-confronto reale con gli altri, cosa accade agli adolescenti di oggi che si rispecchiano in una realtà relazionale virtuale, e si confrontano in un mondo deputato all’individualismo e al narcisismo?
I legami da luna park o da social network ben si sposano con l’impronta individualista che dà importanza al doversi dedicare allo sviluppo della bellezza, non solo fisica, ma anche psichica, sociale ed espressiva, non alla relazione e la condivisione.
Ancora non si conoscono le conseguenze di questi nuovi meccanismi social virtuali “sull’essere gli adulti di domani”. Lo capiremo tra vent’anni. Ma, nel frattempo possiamo aiutare i ragazzi cercare un modo per sperimentare e comprendere il valore delle vita fuori dai social, delle relazioni autentiche e reali nel percorso di vita.
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