Teoria delle reti, Piccoli Mondi e sei gradi di separazione

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La teoria inaugurata da Eulero è alla base dell’attuale Teoria delle Reti. Negli ultimi anni si è compreso, infatti, che sistemi anche molto diversi tra loro possono essere efficacemente descritti in termini di cosiddetti networks o reti complesse. Gli esempi vanno da reti tipo tecnologico, come Internet o il World Wide Web, a reti di tipo biologico, come reti metaboliche o proteiche, e perfino di tipo sociale, come ad esempio quelle che rappresentano le collaborazioni in ambito scientifico oppure la struttura delle grandi organizzazioni aziendali. Il comune denominatore è l’esistenza di proprietà topologiche complesse, in qualche modo intermedie tra quelle di sistemi completamente ordinati (reticoli) e quelle di sistemi completamente disordinati (reti random). Nell’ambito della ricerca sulle reti, è di grande interesse la possibilità di identificare le cosiddette comunità, ossia un insieme di nodi più strettamente connessi tra loro che con il resto della rete. Il concetto di comunità è molto diffuso, ed è intimamente connesso al problema della classificazione di oggetti in categorie, ad esempio a scopo mnemonico o di recupero di informazioni.

Pensiamo ad esempio a Internet: identificare le comunità risulta cruciale per ideare motori di ricerca sempre più versatili, costruire algoritmi per il filtraggio automatico o la classificazione di documenti e dati. Pari è l’importanza dell’identificazione delle comunità in ambito biologico: qui la disponibilità di enormi moli di dati rende necessaria la realizzazione di efficienti motori per l’estrazione di informazioni rilevanti e per la comprensione di strutture “nascoste” nell’architettura biologica.

In un saggio recente, il fisico rumeno Albert-Laszlo Barabàsi (docente alla University of Notre Dame dell’Indiana, nonché uno dei maggiori propugnatori della Teoria delle Reti) porta l’attenzione sull’importanza dell’imparare a ripensare le reti. Barabàsi ripercorre le tappe essenziali nella storia della scienza delle reti, e definisce un particolare modello teorico, le reti a invarianza di scala, di cui mostra esempi significativi. Internet, il World Wide Web, la rete delle citazioni scientifiche, le presenze sul set degli attori di Hollywood e persino la diffusione dei virus hanno un’architettura comune, ovvero sono riconducibili ad un unico modello. Si tratta di reti dinamiche distribuite e in crescita, tenute insieme da una gerarchia di connettori, che formano una “ragnatela” autorganizzata.

Il World Wide Web ha effettivamente una sua struttura fisica, costituita dai computer che distribuiscono i dati immessi o richiesti dagli utenti della Rete. Sulla carta è possibile costruire una mappa di Internet, però si tratta una mappa necessariamente incompleta, e comunque irrimediabilmente superata nel momento stesso in cui viene completata. Perché il Web continua a espandersi, a contrarsi e, in ogni caso, a svilupparsi in modo spontaneo e non legato ad alcuno schema scientifico.
Barabàsi e il suo team hanno orientato le proprie ricerche alla descrizione della rete come se si trattasse di un fenomeno naturale. Dunque, da modelli di rappresentazione basati su grafici a “generazione casuale” – insufficienti – si è passati a quelli “a scala libera”, che considerano la grande rete di Internet identica a una piccola porzione di se stessa. Dunque, riuscendo a compilare una infinitesimale traccia dei collegamenti di una parte del Web, e ingrandendola in modo appropriato, si riesce a creare un grafico che possa rispondere con un certo grado di esattezza alle necessità di mappatura. «Una volta ottenuto questo risultato», commenta il suo lavoro il professor Barabàsi, «i modelli preparati non avranno solo un’utilità descrittiva, ma anche una notevole potenzialità predittiva di come è destinata a svilupparsi la rete».

Dalla Teoria delle Reti si è generata successivamente una branca particolare di essa, chiamataTeoria dei Piccoli Mondi, la cui nascita può essere individuata nella comparsa nel 1998 sulla rivista Nature dell’articolo Collective dynamics of “smallworld” networks dei due matematici Duncan Watts e Steve Strogatz. Secondo tale teoria, elementi atomici di qualunque genere (persone, molecole, elaboratori elettronici ecc.) sono più o meno strettamente interconnessi a prescindere dalla distanza che li separa.

Stanley Milgram, nel 1976 effettuò un interessante esperimento che confermò l’esistenza di reti sociali a invarianza di scala. Milgram selezionò casualmente un gruppo di americani del Midwest, ai quali chiese di mandare un pacchetto a uno sconosciuto che abitava nel Massachusetts. I partecipanti non conoscevano l’indirizzo preciso del destinatario, ma erano a conoscenza del suo nome, della sua occupazione e della sua zona di residenza. Venne chiesto loro di inviare il pacchetto ad un conoscente che, a loro giudizio, avesse il maggior numero di possibilità di conoscere il destinatario finale; la stessa cosa avrebbe dovuto fare chi ricevesse il pacco, fino ad arrivare al destinatario ultimo. Ci vollero solo tra i cinque ai sette passaggi per far giungere il pacchetto a destinazione. Da qui fu coniata l’espressione topica “sei gradi di separazione”, proprio ad indicare che sono sufficienti sei soli passaggi per connettere tra di loro elementi anche lontanissimi.

La ricerca venne ripetuta nel 2001 da Duncan Watts (docente alla Columbia University e, come accennato, ideatore della Teoria dei Piccoli Mondi), che si servì questa volta di Internet, utilizzando messaggi e-mail anziché pacchi postali. I risultati dell’esperimento effettuato più di vent’anni prima da Milgram vennero confermati, nonostante Watts avesse lavorato con una mole di dati statistici nettamente superiore rispetto a quella presa in considerazione dal sociologo: i gradi di separazione tra un soggetto e l’altro della ricerca restavano effettivamente sei.

Con l’avvento dell’informatizzazione di massa, la teoria dei sei gradi di separazione è stata applicata ad aree diverse da quella sociologica (per cui era stata originariamente pensata): nuovi campi d’applicazione sono l’analisi delle reti informatiche ed elettriche, la trasmissione delle malattie, la teoria dei grafi, le telecomunicazioni ecc.

Come sappiamo dalla Teoria dei Piccoli Mondi, al crescere del numero dei nodi della rete, il grado di separazione tra essi, ovvero il numero di passaggi necessari a unire due nodi qualsiasi, aumenta in misura molto ridotta (la crescita segue una funzione logaritmica).
Quando i link della rete non sono bidirezionali ma diretti, solo una parte limitata della rete è esplorabile. Per quanto riguarda il Web, recenti studi hanno stimato che soltanto il 30% di esso è navigabile. Questa caratteristica del Web è una sua proprietà topologica; ciò significa che l’esistenza di un percorso è indipendente dalle capacità dell’uomo e dei migliori motori di ricerca, esistenti o possibili (assunto che richiama direttamente quanto dimostrato da Eulero sui grafi e successivamente concettualizzato da Barabàsi: «nella loro architettura, i grafi o le reti nascondono proprietà che possono limitare o favorire ciò che possiamo fare con loro»).

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