
iCub: la consapevolezza del robot bambino. Nuovi sviluppi per iCub: il robot bambino è cresciuto e adesso è consapevole del suo corpo.
L’Italia è all’avanguardia nello studio, nella progettazione e nell’applicazione della robotica. In particolare, in quella dei robot umanoidi, creati cioè sul modello umano, con due braccia, due gambe, una testa e la capacità (più o meno evoluta) di comunicare e interagire con noi.
iCub, il robot-bambino sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova ne è l’espressione più nota. Ora, al centro di ricerca iCub Facilityhanno fatto un ulteriore passo in avanti: è stato sviluppato un software che permette al robot di acquisire una sorta di consapevolezza del proprio corpo. Dopo una fase di apprendimento, iCub è infatti in grado di riconoscere il punto della propria superficie corporea che viene stimolato.
HOMUNCULUS CORTICALE. Il cervello umano (e quello dei primati) produce una rappresentazione dell’anatomia del proprio corpo: i cosiddetti homunculi.

«iCub è l’unica macchina al mondo ad avere l’intera superficie del corpo ricoperta da una pelle sensibile, grazie a qualcosa come 2.000 sensori», spiega Matej Hoffman, ricercatore IIT e coordinatore dello studio.
«Abbiamo voluto sfruttare questa sua peculiarità e provare a sviluppare un sistema in grado di fornire al robot una rappresentazione del proprio corpo sul modello di quella che si forma nel cervello dei bambini: è il tentativo primo di riprodurre quanto avviene nel nostro cervello quando, da piccoli, dobbiamo imparare a relazionarci con il nostro corpo per conoscere il mondo».
UMANI E UMANOIDI. La realizzazione di macchine sempre più in grado di percepire gli stimoli dell’ambiente, per potersi orientare meglio nella realtà e prendere decisioni migliori, è la sfida di frontiera per i ricercatori impiegati nel settore della robotica. «iCub è ora in grado di imparare da solo e migliorare il proprio rapporto con il mondo che lo circonda», ribadisce Hoffman. Rendere gli umanoidi consapevoli è un passo fondamentale per l’ingresso dei robot nelle nostre case, e «questo nuovo sviluppo permetterà una interazione uomo-macchina più sicura», conclude il ricercatore.
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