
È quanto sostiene uno studio condotto da due fisici secondo i quali i buchi neri potrebbero terminare il loro ciclo vitale trasformandosi nel loro esatto opposto: cioè negli ipotetici ‘buchi bianchi‘, che spazzerebbero nello spazio esterno, e in maniera violenta ed esplosiva, tutta la materia che hanno attratto quando erano buchi neri. Questa ipotesi, che si basa su una teoria ancora speculativa, detta gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity, LQG), potrebbe risolvere il cosiddetto paradosso della (perdita) d’informazione dei buchi neri, un mistero che dura ormai da molto tempo.
Secondo un nuovo modello basato su una teoria della gravità quantistica a loop, il collasso gravitazionale di una stella in un buco nero potrebbe essere un effetto temporaneo che porta alla formazione di un ‘buco bianco’. Credit: A. Corichi/J.P. Ruiz
La teoria suggerisce che la transizione da buco nero a buco bianco potrebbe avvenire subito dopo la formazione del buco nero ma poichè la gravità causa la dilatazione del tempo, gli osservatori che si trovano al di fuori dell’orizzonte degli eventi vedrebbero il buco nero esistere ancora per miliardi o forse triliardi di anni, in funzione della sua massa. Se gli autori hanno ragione, quei buchi neri di piccola taglia che si sono formati durante le fasi primordiali della storia cosmica sarebbero ora pronti per scomparire e potrebbero essere rivelati sotto forma di raggi cosmici di alta energia o altra radiazione. Secondo gli autori, l’osservazione di certi brillamenti celesti, che comunemente vengono attribuiti alle esplosioni stellari che danno luogo alle supernovae, potrebbero essere di fatto l’atto finale di quei buchi neri che si sono formati subito dopo il Big Bang. La teoria della relatività generale prevede che quando una stella morente collassa sotto l’effetto della sua gravità, essa può raggiungere una fase in cui il collasso diventa irreversibile e nessuna forza della natura lo può fermare. Si ha la formazione di un buco nero e contestualmente appare una superficie sferica, ossia l’orizzonte degli eventi, che delimita la stella dagli osservatori esterni mentre essa, all’interno dell’orizzonte degli eventi, continua a collassare: nulla, nemmeno la luce o qualsiasi altra informazione in essa contenuta, potrà emergere dall’orizzonte degli eventi. Dato che la materia molto densa curva lo spazio, la teoria ‘classica’ della relatività generale prevede che la stella continuerà a restringersi sempre di più formando quella che viene chiamata una singolarità gravitazionale, ossia una regione dove la densità della materia e la curvatura dello spazio diventano infiniti. In tale situazione, le leggi della fisica a noi note cessano di essere valide. Ad ogni modo, molti fisici ritengono che ad un certo punto, durante questo processo, emergono gli effetti della gravità quantistica che arresterebbero il collasso gravitazionale eliminando così il problema degli infiniti.
Tutto in un ‘cappio’
Uno degli approcci più promettenti che tende a ‘mescolare’, per così dire, la teoria quantistica e la relatività generale, introdotto tra gli altri da Carlo Rovelli dell’Aix-Marseille University in Francia, afferma che non è tanto la gravità ad essere quantizzata, bensì lo spaziotempo che è caratterizzato da minuscoli, singoli “cappi”, detti tecnicamente loop, che non possono essere ulteriormente suddivisi. In questo scenario della gravità quantistica a loop, un quadro teorico che deve ancora essere verificato sperimentalmente, le strutture a loop sarebbero così minuscoli che ad un osservatore lo spaziotempo appare liscio e continuo. Rovelli e il collega Hal Haggard hanno calcolato la dimensione del loop che dovrebbe bloccare il collasso gravitazionale di un buco nero. In altre parole, la stella che collassa raggiungerebbe uno stadio in cui il suo interno non può restringersi ulteriormente poiché le strutture a loop non possono essere più compresse in qualcosa di ancora più piccolo. Essi, perciò, eserciterebbero una sorta di pressione verso l’esterno che i teorici chiamano “rimbalzo quantico” (quantum bounce) che trasformerebbe un buco nero in un buco bianco. “Anziché essere circondato da un vero, eterno orizzonte degli eventi, il buco nero sarebbe nascosto, per così dire, da un apparente, temporaneo orizzonte degli eventi”, spiega Rovelli. Ad ogni modo, Stephen Hawking ha affermato che un vero e proprio orizzonte degli eventi sarebbe comunque incompatibile con la fisica quantistica (post1; post2; post3). Altri teorici della gravità quantistica a loop hanno derivato dei risultati simili [1; 2] ma non nel caso di una stella che collassa piuttosto per l’intero Universo. Essi trovano che l’Universo potrebbe aver subito una sorta di “gigantesco rimbalzo quantico” suggerendo così che il nostro Big Bang sia stato in realtà una sorta di “Big Bounce”. Tuttavia, Rovelli e Haggard hanno dimostrato che il rimbalzo quantico non richiede immediatamente il collasso dell’intero Universo. “Crediamo che sia possibile”, dice Rovelli. “Abbiamo trovato che il processo di trasformazione può essere completamente contenuto in una regione limitata dello spazio. Qualsiasi cosa che sta al di fuori si comporta seguendo le equazioni classiche di Einstein”.
L’informazione perduta
Se i buchi neri si trasformano in buchi bianchi e rilasciano nuovamente sotto forma di radiazione tutta la materia che hanno un tempo ‘divorato’, questo processo potrebbe risolvere uno dei misteri più profondi della fisica fondamentale. Negli anni ’70, Hawking trovò che un buco nero può emettere radiazione al di fuori dell’orizzonte degli eventi, perdendo lentamente la sua energia e riducendosi in termini di dimensione fino a scomparire completamente. Questa radiazione di Hawking implica che tutta l’informazione trasportata dalla materia, attratta dal buco nero, sarebbe scomparsa per sempre. Ma ciò violerebbe uno dei principi fondamentali della teoria quantistica secondo cui l’informazione non può essere distrutta. “Sarebbe importante capire se questo nuovo approccio possa far luce sul paradosso dell’informazione dei buchi neri”, spiega Steven Giddings dell’University of California, a Santa Barbara. “Comprendere come l’informazione possa sfuggire rappresenta oggi una chiave fondamentale per la meccanica quantistica dei buchi neri e forse anche per la stessa gravità quantistica”. Comunque sia, gli autori concordano che qualche conclusione presentata nel loro articolo dovrà essere rivista una volta che saranno effettuati calcoli più dettagliati. Altri fisici, come Joseph Polchinski dell’University of California, a Santa Barbara, hanno dei dubbi sul fatto che tale scenario possa includere effetti quantistici che non siano realisticamente grandi. Inoltre, il fisico teorico Donald Marolf sempre dell’University of California, a Santa Barbara, pone l’attenzione sul fatto che il rimbalzo quantico potrebbe violare uno dei principi più fondamentali della fisica: cioè che l’entropia, la misura del disordine di un sistema fisico, possa aumentare ma mai decrescere. In altre parole, il materiale che emergerebbe da un buco bianco, ‘impacchettato’ inizialmente in una regione molto piccola, avrebbe una entropia più piccola rispetto al buco nero. Rovelli e Haggard, però, dichiarano che nel loro scenario teorico l’entropia non dovrebbe decrescere. “Ad ogni modo, questo lavoro pone l’idea del rimbalzo quantico sul piede giusto”, dichiara Abhay Ashtekar della Pennsylvania State University e uno dei fondatori della gravità quantistica a loop, “ma mi piacerebbe vedere più calcoli dettagliati prima di esserne convinto del tutto”.
A tempo debito
Naturalmente, gli autori fanno notare che dovranno essere effettuati altri calcoli per capire quanto tempo occorra prima che il buco nero si trasformi in un buco bianco. La loro stima attuale, sebbene sia alquanto grossolana, che è dell’ordine di qualche migliaia di secondi, è cruciale per potersi pronunziare perché l’intenso campo gravitazionale del buco nero deforma la luce e dilata il tempo al punto che un osservatore all’esterno dell’orizzonte degli eventi vedrebbe questa trasformazione avvenire su tempi scala decisamente più lunghi. Se il tempo, così come viene misurato da un osservatore esterno, fosse troppo breve, allora tutti i buchi neri che si sono formati nell’Universo dovrebbero esplodere e svanire, il che andrebbe in contraddizione con le osservazioni astronomiche. D’altra parte, però, se la durata della trasformazione fosse troppo lunga, il processo non sarebbe consequenziale in quanto i buchi neri sarebbero già finiti nel nulla a causa della radiazione di Hawking. Quindi, i due ricercatori calcolano che per un buco nero di massa solare, il tempo impiegato per trasformarsi in un buco bianco sarebbe di circa mille trilioni di volte l’età attuale dell’Universo. In un articolo recente [3], lo stesso Giddings propone che l’informazione possa sfuggire dal buco nero in maniera meno violenta, grazie alla struttura granulare dello spaziotempo quantistico. Ciò causerebbe delle fluttuazioni quantistiche nella geometria della regione appena al di fuori del buco nero e che potrebbe essere rivelata persino dall’Event Horizon Telescope (EHT), una rete di radiotelescopi che avrà il compito di studiare gli effetti della luce in prossimità del buco nero della nostra galassia Sagittarius A*.
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