Qualche giorno fa mi è capitato di leggere in rete un tipo che chiedeva: “si è poi saputo più niente sul portale verso le extradimensioni che dovevano aprire al CERN?“. Si era infatti sparsa la voce, fra i cazzari del web, che al CERN avrebbero aperto un varco verso le extra dimensioni, così, come si apre una pizzeria. Una specie di stargate, come la Porta Santa, che passi attraverso e ti ritrovi chissà dove. “Signori prego, uno alla volta, non saltate i tornelli, e copritevi che di là potrebbe essere freddo!”. Quello che segue vuole spiegare in modo (spero) semplice quel pizzico di vero che c’è dietro questa domanda demenziale. Perché qualcosa di vero c’è.
La forza di gravità la conoscono tutti. E’ sempre di mezzo, quando ci sfugge di mano un bicchiere, quando da bambini diamo le culate per terra, quando sbuffiamo in salita in montagna, per non parlare che è proprio lei che incessantemente fa girare la terra attorno al sole, la luna attorno alla terra, e tutto il sistema solare attorno alla galassia. E su grande scala ha un ruolo fondamentale nella dinamica dell’universo.
Eppure, tra le forze fondamentali della natura, quelle che i fisici chiamano “interazioni fondamentali”, la forza di gravità è quella che si conosce di meno. Le altre interazioni fondamentali sono l’elettromagnetismo (l’interazione fra cariche elettriche), e le interazioni nucleari forti e deboli, che riguardano fenomeni prettamente nucleari e subnucleari. Sebbene storicamente la gravità sia stata la prima a essere scoperta e studiata, tuttavia è quella meno conosciuta, e quella che più differisce dalle altre tre. Infatti se elettromagnetismo e forze nucleari sono descrivibili da un formalismo matematico simile, la gravità va per conto suo.
In particolare un problema che affligge i sonni dei fisici è come mai la forza di gravità sia così debole rispetto alle altre interazioni fondamentali.
Ma “quanto” è debole l’interazione gravitazionale? Facciamo un esempio. Prendiamo un atomo. L’atomo più semplice, quello di idrogeno, che è composto da un elettrone e da un protone, che da solo ne costituisce il nucleo. L’atomo è tenuto assieme dalla forza elettrica che attrae il nucleo (positivo) e l’elettrone (negativo). Ci sono alcuni sedicenti scienziati fai-da-te, quelli che scrivono articoli chilometrici, te li mandano per e-mail, e poi si lamentano che nessuno li prende in considerazione, che sostengono che l’atomo sia tenuto assieme dalla forza di gravità fra l’elettrone e il nucleo. E’ possibile? E’ possibile immaginare l’atomo come un mini sistema solare, tenuto assieme dal campo gravitazionale del nucleo, così come il sole tiene attorno a sé tutti i pianeti?
Vediamo: tra elettrone e nucleo (che nel caso dell’atomo di idrogeno è un semplice protone) agisce sia la forza gravitazionale, dovuta alla massa del nucleo e dell’elettrone, che la forza elettrica, dovuta alle loro cariche elettriche, Entrambe le forze sono attrattive. Il problema è che l’attrazione gravitazionale fra elettrone e nucleo è 10 alla 39 volte inferiore alla loro reciproca attrazione elettrica. Quindi dire che la forza di gravità all’interno dell’atomo è ininfluente è un eufemismo.
Ma come può essere che una forza che regola la dinamica dell’universo, il moto degli ammassi di galassie su scale di decine di milioni di anni luce, sia “debole”? Verrebbe da dire che dovrebbe essere invece un portento di forza! Invece il fatto che regoli l’universo su grandi distanze non significa che sia una forza “forte”.
Il motivo è semplice, e è legato al fatto che su grandi distanze la forza di gravità è l’unica che resta. Vediamo perché. Intanto le due forze nucleari agiscono soltanto fra particelle poste a distanze uguali o inferiori al decimillesimo di miliardesimo di centimetro. Overo le dimensioni di un nucleo atomico, o inferiori. A distanze più grandi non hanno effetto alcuno. La forza elettrica invece, ad esempio quella fra due cariche, di suo agisce fino a distanza infinita, e lo fa in modo decisamente “gagliardo”, se non fosse che la materia su scala macroscopica è elettricamente neutra. Gli atomi infatti hanno carica elettrica zero, perché la carica elettrica negativa degli elettroni compensa esattamente la carica positiva dei protoni che fanno parte del nucleo atomico. Il risultato è che, appena fuori di una molecola, salvo effetti residui del campo elettrico interno, che sono tutto sommato di poco conto (in gergo si chiamano forze di van der Waals) la forza elettromagnetica non ha niente da attirare o respingere. E quindi, eliminati i grossi calibri, la forza di gravità resta la sola a poter agire, e nonostante ci appaia come la più sfigata fra le forze fondamentali della natura, su grandi distanze può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo spostando stelle e galassie. Se Bolt e tutti gli altri velocisti si ritirano, chi rimane, anche se a correre è negato, può perfino vincere la finale dei 100!
Ma perché il fatto che la forza di gravità sia debole disturba così tanto i fisici?
Le interazioni nucleari e deboli hanno caratteristiche diverse, ma una corretta definizione delle loro “intensità” (quella che si chiama “costante di accoppiamento”) mostra che esse, alle energie testate negli acceleratori di particelle, sono tutto sommato abbastanza simili all’interazione elettromagnetica, entro qualche ordine di grandezza al massimo. Le interazioni deboli appaiono deboli a causa di un trucco messo in atto dalla natura (legato al fatto che i mediatori della forza, le particelle W e Z, sono altamente massivi), ma in realtà, quando si manifestano per quello che sono, così deboli non lo sono affatto, ma anzi sono confrontabili con le altre.
Quindi tre contro una: da una parte elettromagnetismo, forza nucleare e forza debole, e dall’altra, immensamente più in basso, la forza di gravità. E’ questo il motivo per cui in qualunque esperimento di fisica delle particelle, che inevitabilmente coinvolge sempre la forza elettrica, quella nucleare e quella debole, la forza di gravità si può tranquillamente ignorare senza correre il rischio di mancare di precisione.
Perché? Perché la forza di gravità è così debole? Perché la natura l’ha relegata a Cenerentola delle forze, sebbene le fa poi credere di essere importante solo perché le altre, su grande scala, non contano niente?
Uno potrebbe dire: “certo che so’ problemi!” Ebbene si, per i fisici sono problemi. Ai fisici disturba questa caduta di tono della natura, che li ha abituati in molte occasioni a coltivare un certo senso estetico nelle leggi fondamentali. Disturba, ai fisici, che tre forze siano quasi uguali fra loro, per intensità e formalismo matematico, e la gravità sia invece così diversa. Soltanto in eventuali ipotetici urti fra particelle a un’energia altissima, dette energia di Planck, la forza di gravità assumerebbe un ruolo paritetico (non credo di avere mai usato questa parola in vita mia) a quello delle altre forze fondamentali. Infatti energie sempre più grandi equivalgono a distanze sempre più piccole. A distanze piccolissime, ottenibili quando le energie in gioco sono pari alla cosiddetta “energia di Planck”, la gravità diventerebbe importante quanto le altre forze fondamentali. Solo che l’energia di Planck è qualcosa come 10 alla 15 volte superiore all’energia raggiungibile nei moderni acceleratori. Incredibilmente fuori portata, quindi, per cui dobbiamo rassegnarci a questa strana gerarchia di intensità delle forze fondamentali, secondo la quale la forza di gravità è stata relegata nello scantinato.
Tuttavia i fisici hanno ipotizzato un’alternativa fantastica. Uno scenario alternativo, che restituirebbe alla forza di gravità un ruolo paritetico (e due!) a quello delle tre sorellastre. Ma soprattutto qualcosa che, se fosse vero, rappresenterebbe un vero scossone nella nostra visione del mondo: l‘esistenza di dimensioni aggiuntive e nascoste dello spazio tempo!
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L’immagine originale e’ del grande fisico Bruno Touschek, e si intitola “magnetic discussion”. |
L’idea è molto semplice. Facciamo prima un esempio con il campo elettrico. Se mettiamo una carica elettrica nello spazio, ad esempio un elettrone, questa genera un campo elettrico. Sommando tutte le linee di campo che escono dalla carica elettrica e attraversano la superficie di un’ipotetica sfera che contiene la carica stessa (l’operazione matematicamente si chiama “calcolo del flusso del campo elettrico”), risaliamo al valore della carica elettrica sorgente del campo.
La stessa cosa la si può fare pari pari con il campo gravitazionale: sommando tutte le linee di campo (calcolando quindi il flusso del campo) che attraversano una sfera ipotetica posta attorno alla massa, si risale alla “carica gravitazionale” sorgente del campo.
Quello che i fisici teorici hanno immaginato è che nel caso della forza di gravità, e solo per essa, una parte di queste linee di campo vada ad infilarsi in dimensioni “nascoste“, arrotolate su se stesse, e non accessibili alle linee di campo delle altre forze, come ad esempio quella elettrica. Per cui quando calcoliamo il flusso del campo gravitazionale attraverso una normale superficie sferica 3-dimensionale, non stiamo calcolando il “vero” flusso, perché ci dimentichiamo di metterci quella parte di sfera “nascosta” attraverso la quale va a finire una parte importante delle linee del campo gravitazionale, e che non vediamo.
Se ce la mettessimo, questa parte nascosta di “sfera”, troveremmo invece che la “carica gravitazionale” verrebbe molto più grande di quello che osserviamo quando calcoliamo il flusso in 3 dimensioni. E’ ovvio, perché la superifice non è più quella di una sfera, ma di una “ipersfera” in N dimensioni, il cui valore è proporzionale all’inverso del raggio alla N-1. Quindi per un numero di dimensioni spaziali N=3, le nostre dimensioni note, verrebbe fuori la solita legge dell’inverso del quadrato della distanza. Invece con un numero sufficiente di dimensioni extra in più, la superficie dell’ipersfera attraverso cui calcolare il flusso del campo sarebbe molto maggiore, e la carica gravitazionale, cioè la sorgente della forza di gravità, diverrebbe intensa tanto quanto le altre interazioni fondamentali. O comunque molto più intensa di quanto ci appare adesso, nelle nostre 3 dimensioni.
Sarebbero extradimensioni riservate alla sola forza di gravità, dato che le distanze submillimetriche sono state rivoltate come un calzino dalla fisica atomica, nucleare e delle particelle elementari, fino a distanze di almeno 3-4 ordini di grandezza più piccole delle dimensioni del nucleo atomico, senza trovare niente di strano in questo senso.
Quindi, secondo questa descrizione teorica, se la forza di gravità ci appare debole non è perché essa sia effettivamente molto debole, ma perché ci perdiamo gran parte delle linee di campo gravitazionale che vanno a finire nelle dimensioni nascoste, arrotolate su se stesse su dimensioni spaziali molto piccole. Ovviamente, come sempre accade in questi casi, i modelli teorici possibili sono svariati, e ognuno di essi ha le sue peculiarità, ma l’idea di fondo rimane sostanzialmente la stessa.
Prima domanda: quanto sarebbero piccole queste dimensioni?
Seconda domanda: perché non ci siamo mai accorti della loro esistenza? (ammesso che esistano, ovviamente)
Terza domanda: come potremmo scoprire queste extra dimensioni?
Risposta alla prima domanda: dipende da quante sono le dimensioni extra (e dai modelli). Se fossero poche, diciamo 1 o 2 oltre alle 3 già note, i loro effetti dovrebbero apparire su scale spaziali grandi, dal sistema solare al millimetro. E quindi, per lo meno nel primo caso, è escluso che esistano. Se invece le extradimensioni fossero di più, esse potrebbero apparire solo su scale spaziali molto inferiori, e in linea di principio essere accessibili agli esperimenti nei moderni acceleratori di particelle tipo LHC.
Risposta alla seconda domanda: perché in realtà la legge di Newton e la sua dipendenza dall’inverso del quadrato della distanza è stata controllata entro distanze decisamente macroscopiche, se confrontate alle distanze della fisica subnucleare. Solo di recente si è arrivato a testarne la sua validità a distanze submillimetriche, dell’ordine di 200 micron. Quindi se dovessero esistere extradimensioni riservate alla forza di gravità (almeno più di due) e nelle quali le linee del campo gravitazionale si intrufolano, con dimensioni diciamo di un micron, nessuno le avrebbe mai notate.
Risposta alla terza domanda: gli effetti delle extradimensioni potrebbero essere visibili in vari modi, nelle interazioni fra particelle ad esempio a LHC. Ad esempio si produrrebbero gravitoni, i quanti del campo gravitazionale, che darebbero effetti quantistici osservabili. In aggiunta tali gravitoni dovrebbero essere producibili direttamente, scomparendo nelle dimensioni nascoste. Il risultato che vedremmo nelle nostre solite tre dimensioni sarebbero interazioni fra particelle che darebbero luogo a stati finali con un grosso sbilancio energetico, dovuto al gravitone che sfugge invisibile, svanendo nelle extra-dimensioni. Infine, siccome l’esistenza delle extra-dimensioni extra avrebbe l’effetto di rendere la forza di gravità sufficientemente “forte” quanto le altre interazioni fondamentali, diventerebbe possibile produrre mini buchi neri. Questo non sarebbe possibile con una forza di gravità debole come quella che conosciamo, perché sarebbero necessarie energie pari all’energia di Planck, assolutamente irraggiungibile con LHC, per produrre buchi neri quantistici. Tuttavia, nel caso dell’esistenza di dimensioni aggiuntive, quella che adesso chiamiamo energia di Planck sarebbe soltanto il risultato di quello che la forza di gravità ci rende visibile nelle 3 dimensioni note. Quindi, se le linee di campo gravitazionale vanno a finire anche in altre dimensioni nascoste, la vera energia di Planck potrebbe essere molto inferiore, tanto da rendere possibile la produzione di mini black holes. In tal caso questi buchi neri si trasformerebbero immediatamente in un numero grandissimo di particelle, dando luogo a eventi dalla topologia spettacolare. Un mini fuoco d’artificio di particelle, assolutamente innocuo ma che ci rivelerebbe un aspetto del tutto sconosciuto della natura. Se qualcuno pensa che questo potrebbe rappresentare un pericolo concreto (il termine “buco nero” spaventa!) consiglio di leggere qui.
Conclusione: non esiste nessuno stargate, nessun portale verso dimensioni extra, né qualcosa che uno possa attraversare e trovarsi altrove nell’universo. Esiste invece un ipotesi che, qualora fosse vera, implicherebbe rivedere il comportamento della forza di gravità su scale spaziali estremamente piccole. Forse una delusione per i cazzari del web (che comunque continueranno a credere agli stargate cosmici che esistono “ma ce li tengono segreti”), ma qualcosa di estremamente interessante per la scienza.
A proposito, dimenticavo la cosa più importante. Finora, dagli ultimi dati di LHC, tutte queste ipotesi sono smentite. Staremo a vedere con i prossimi dati. A volte le ipotesi sono affascinanti, ma gli esperimenti ci riportano con i piedi per terra. D’altra parte la scienza funziona così: c’è un problema, si fanno ipotesi per risolverlo, queste ipotesi prevedono nuovi fenomeni, e si fanno esperimenti per scoprire questi eventuali nuovi fenomeni. Poi se gli esperimenti li scoprono bene, altrimenti pazienza, l’ipotesi era sbagliata, e si deve ricominciare da capo. Si chiama metodo scientifico, honey!
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