
In diciotto mesi trattati solo 84 pazienti: non ci sono ovuli e spermatozoi per le coppie con problemi di fertilità.
In poco più di un anno e mezzo, sono oltre 700 le coppie che hanno deciso di ricorrere alla fecondazione eterologa in Emilia Romagna. Troppe, considerando che nello stesso periodo sono stati trattati solo 84 pazienti. Mancano i gameti, spiegano dalla Regione. Tradotto, non ci sono abbastanza ovuli e spermatozoi per soddisfare le richieste di tutte le coppie con problemi di fertilità. È per questo che ora da viale Aldo Moro cercano di correre ai ripari: da una parte acquistando i gameti dalle banche del seme straniere, e dall’altro lanciando una campagna di sensibilizzazione.
Ma andiamo con ordine. Un paio di anni fa la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale il divieto di ricorso alla fecondazione eterologa. «Da quel momento – spiega Kryakoula Petropulacos, direttore generale Salute e Welfare – la Regione si è subito attivata per rendere disponibile questa tecnica». Ma, un po’ per i tempi tecnici, un po’ per l’assenza della “materia prima”, e cioè dei gameti, finora sono stati veramente in pochi a beneficiarne: tra il 2015 e il primo semestre del 2016 i pazienti trattati sono stati 84. La fecondazione è andata a buon fine in una trentina di casi, e sono stati partoriti 12 bambini. Di fatto, però, tutti questi dati sono concentrati al Sant’Orsola (dove si contano 40 trattamenti e 6 neonati) e nella struttura di Cattolica, mentre le altre province sono a secco proprio per l’assenza di gameti.
Da qui la scelta di lanciare una campagna informativa e di sensibilizzazione per la donazione di gameti, rivolta agli uomini di età compresa tra i 18 e i 40 anni e alle donne tra i 20 e i 35.
Ma la Regione si sta muovendo anche sul fronte estero. Il 22 settembre si è infatti chiuso un bando europeo per individuare «banche specializzate nella fornitura di gameti ». Sono arrivate cinque manifestazioni di interesse, attualmente al vaglio della commissione. Sul piatto l’ente ha messo oltre 600mila euro in due anni: «Per ogni confezione di ovociti – spiega infatti Silvana Borsari, del servizio di assistenza territoriale – è previsto un rimborso alla banca fornitrice di circa 2500 euro, principalmente per le spese di trasporto e di conservazione »
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