
Il presidente americano Donald Trump l’aveva promesso: le esplorazioni petrolifere nell’Artico sarebbero riprese. Oggi il suo primo permesso è andato all’Eni. La filiale americana dell’azienda (l’Eni Us Operating Co. Inc.) ha ottenuto il via libera dal Boem (Bureau of Ocean Energy Management) per la trivellazione di quattro pozzi in Alaska, nel mare di Beaufort, ma solo a scopo di esplorazione. I lavori dovrebbero iniziare a dicembre di quest’anno, per andare avanti fino al 2019, esclusivamente in inverno quando in zona ci sono meno balene e orsi polari.

Cercare idrocarburi a latitudini così estreme è molto impegnativo. Il Polo Nord è una zona delicata dal punto di vista ambientale, lavorare d’inverno vuol dire affrontare la lunga notta artica e rimediare a eventuali incidenti o perdite di greggio sarebbe arduo. Ne sa qualcosa la Royal Dutch Shell, che nel 2015 si è ritirata dalla zona dopo disavventure di ogni tipo, inclusa una falla in una nave e i risultati deludenti delle prime prospezioni.

L’Eni, da parte sua, conta sull’esperienza su una piattaforma off-shore in Norvegia (Goliat) a una latitudine altrettanto estrema (oltre 70° nord). Spy Island è un’isola artificiale di meno di mezzo chilometro quadro, molto vicina alla costa (le trivellazioni stesse non dovrebbero superare i dieci chilometri di distanza dalla riva), dove l’acqua è profonda un paio di metri, ed è unita alla terraferma da un oleodotto già in funzione da anni. Questo dovrebbe limitare le difficoltà logistiche. Ma più di tutto ad aiutare il cane a sei zampe, contribuirà probabilmente il rapporto d’amicizia con la nuova amministrazione Usa. “Sappiamo che ci sono vaste riserve di petrolio e gas sotto al mare di Beaufort” ha commentato il direttore di Boem, Walter Cruickshank. “E non vediamo l’ora di lavorare insieme a Eni per sfruttare questo potenziale di energia”.
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