
L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), oggi classifica il glifosato come non cancerogeno. Si tratta di un erbicida totale, nel senso che una volta spruzzato sulle foglie di una pianta la uccide penetrando fino alle radici. La Echa ha condotto un processo di revisione indipendente e dopo aver analizzato “rigorosamente” una consistente quantità di dati, ha classificato il glifosato non solo come non cancerogeno, ma anche non mutageno, non tossico per la riproduzione e non genotossico.
“Le conclusioni raggiunte”, sostiene Richard Garnett, presidente della European Glyphosate Task Force, “rafforzano i risultati di altre valutazioni condotte dalle autorità di regolamentazione nel mondo. Le prove scientifiche a supporto del rinnovo della licenza del glifosato sono evidenti. Sulla base della solida valutazione scientifica, non ci sono ostacoli al suo uso in Europa”.
Ma non tutti sono d’accordo. Iniziando da Greenpeace. “L’Agenzia europea per le sostanze chimiche ha deciso di respingere le evidenze scientifiche che mostrano che il controverso diserbante glifosato potrebbe causare il cancro. La sua valutazione potrebbe ora aprire la strada al rinnovo per ulteriori 15 anni dell’autorizzazione per l’uso in Ue di questo diserbante, classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC)”.
Dunque, nonostante i test pro e contro, la polemica sull’uso della chimica in agricoltura non si placa. Anzi è rinfocolata da un documneto pubblicato pochi giorni fa secondo cui i pesticidi non aumentano le rese agricole: nella maggior parte delle aziende agricole il loro uso può essere ridotto anche del 42% senza alcun detrimento per la produzione. Lo dimostra uno studio francese su Nature Plants fatto da un istituto nazionale che si occupa di agricoltura a Digione, l’Inra. In tutto sarebbe possibile ridurre i pesticidi del 37%, i fungicidi del 47% e gli insetticidi del 60%.
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