
Questo post è stato ispirato dalla visita di un amico al reattore nucleare di ricerca TRIGA Mark II dell’Università di Pavia. Nella vasca di reazione si osserva una luce azzurrognola dovuta all’effetto Cherenkov. In questo post tenterò di spiegare questo fenomeno che è generato dalle particelle che si muovono nell’acqua della vasca più velocemente della luce.
Sebbene possa sembrare strano è possibile che delle particelle viaggino più veloce della luce, ma solo perché la luce quando attraversa un mezzo va ad una velocità minore di c. Per spiegare l’effetto Cherenkov iniziamo parlando di un altro fenomeno che è possibile osservare quotidianamente.
L’effetto Doppler
Se un oggetto che emette onde (sonore o luminose) si trova in movimento si osserva un fenomeno noto come effetto Doppler, che consiste nel fatto di osservare l’onda ad una frequenza diversa dalla frequenza originale, in particolare ad una frequenza maggiore se l’oggetto si muove verso l’osservatore e ad una frequenza inferiore se l’oggetto invece si allontana. L’effetto è evidente quando il suono della sirena di un’ambulanza cambia repentinamente frequenza nel momento in cui l’ambulanza vi supera, passa cioè dall’avvicinamento all’allontanamento.
Per capire cosa succede dobbiamo vedere cosa è un’onda. Un’onda è caratterizzata da una lunghezza d’onda l che è pari alla velocità di propagazione v divisa per la frequenza n o moltiplicata per il periodo T secondo la relazione:
l = v/n = v T
La lunghezza d’onda è pari alla distanza di due fronti d’onda successivi. I fronti d’onda si muovono alla velocità di propagazione dell’onda v. Se l’oggetto è in movimento la velocità dell’oggetto si combina con quella di propagazione delle onde. Nel tempo che intercorre tra l’emissione di due fronti d’onda successivi (pari a T) l’oggetto si è spostato percorrendo uno spazio s: mentre il primo fronte d’onda ha percorso uno spazio l, il secondo fronte viene emesso ad una distanza pari a l–s per le onde emesse nella direzione del moto e ad una distanza l+s per quelle emesse in direzione opposta. Quindi nel verso del moto i fronti dell’onda emessa sono più vicini (lunghezza d’onda più breve o frequenza più alta) rispetto a come sarebbero se l’oggetto fosse fermo, mentre nel verso opposto a quello del moto i fronti d’onda sono più lontani (frequenza più bassa).
Cosa c’entra questo con le particelle e con i raggi cosmici? Ancora un po’ di pazienza.
Cosa succede se l’oggetto che emette l’onda viaggia alla velocità di propagazione dell’onda o ad una velocità superiore? Un aereo supersonico quando raggiunge la velocità del suono emette il cosiddetto bang sonico perché tutti i fronti d’onda davanti all’oggetto si trovano contemporaneamente nello stesso punto dello spazio. In pratica l’onda al posto di espandersi simmetricamente in tutte le direzioni, si espande solo nelle direzioni diverse da quella del moto dell’oggetto, in quanto il fronte emesso nel verso del moto viaggia alla stessa velocità dell’oggetto e se ci mettessimo sull’oggetto che si muove, vedremmo il fronte d’onda fermo nel punto in cui è stato generato.
Se la velocità dell’aereo è invece superiore a quella del suono si creano due fronti d’onda che si allontanano dalla direzione del movimento ad un angolo che dipende proprio dalla velocità dell’aereo. Per questo motivo il suono degli aerei supersonici sembra non provenire dal punto in cui si trova l’aereo.
Lo stesso fenomeno avviene a scale cosmiche per la luce che proviene da galassie lontane. Come scoperto da Hubble l’universo è in espansione, e più le galassie sono lontane più la velocità di espansione è maggiore. La luce proveniente da queste galassie per effetto Doppler appare più rossa del normale (la frequenza è più bassa). Questo effetto è detto redshift (spostamento verso il rosso) cosmologico e viene usato per misurare la velocità di allontanamento e quindi la distanza delle galassie.
L’effetto Cherenkov
Torniamo quindi ai raggi cosmici. Nel 1888 Oliver Heaviside mostrò che una particella carica che si muovesse ad una velocità maggiore della luce nel vuoto, emetterebbe una radiazione elettromagnetica il cui fronte d’onda si propagherebbe ad un angolo fissato rispetto alla direzione di propagazione. Come per gli aerei supersonici. Oggi sappiamo dalla teoria della relatività ristretta di Einstein che niente può viaggiare a una velocità maggiore di quella della luce, quindi sembrerebbe che l’intuizione di Heaviside non sia applicabile.
Ma la velocità della luce è un limite insuperabile solo nel vuoto. Sappiamo che le particelle che compongono i raggi cosmici viaggiano a velocità prossime a quelle della luce. Poiché in un mezzo dielettrico con indice di rifrazione n la velocità della luce si riduce a cn = c/n, una particella carica dei raggi cosmici può viaggiare più velocemente.
Normalmente il passaggio di una particella carica in un mezzo causa una polarizzazione del mezzo stesso. Poiché questa polarizzazione ha simmetria sferica, l’effetto risultante è nullo. Nel caso di velocità superluminale la polarizzazione del mezzo da parte della particella carica non ha più simmetria sferica perché il campo di polarizzazione si propaga esso stesso a velocità c/n, con il risultato di una polarizzazione netta nelle zone posteriori alla particella. La successiva depolarizzazione del mezzo produce un campo di radiazione a risultante non nulla. In modo analogo ad un aereo supersonico, la particella diventa quindi una sorgente di onde sferiche il cui inviluppo costituisce un fronte d’onda che si propaga in una direzione ad un angolo definito. Questo angolo dipende dalla velocità della particella e dall’indice di rifrazione del mezzo:
cos(q) = cn/v = c/nv = 1/bn
Osserviamo che l’angolo massimo si ottiene quando v = c (b = 1) e il suo coseno vale 1/n. Il fronte d’onda così formato è in pratica una emissione luminosa denominata radiazione Cherenkov o luce Cherenkov. Questa radiazione copre una banda di frequenze nell’ultravioletto ma comprende anche una porzione di spettro visibile da cui il caratteristico colore azzurro.
Concludo con la foto della luce Cherenkov nel reattore TRIGA Mark II dell’università di Pavia che ha ispirato questo post.
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