
Vorrei dare il mio contributo per far comprendere ad una platea sempre più ampia, cosa voglia dire davvero il lavoro nella società contemporanea, che condivide tutto, su ogni forma di social network, meno che nella vita reale.
Partiamo dal presupposto lapalissiano, che i lavoro, per vari motivi altrettanto ovvi, è indispensabile quanto necessario. Sicuramente alcuni di noi sono riusciti a realizzare ciò che tutti vorremmo: lavorare serenamente con produttività, in un ambiente “friendly”, dove non sembra di lavorare e addirittura dove il giorno dopo non si vede l’ora di ritornare.
Ebbene, non m i rivolgo a quelle persone, ma a coloro che sono incastrati in una routine stressante, ostile, dove l’arrivismo spicciolo di persone mediocri, quando non stupide e ignoranti -nel senso deteriore del termine, ovvero chiuse a qualsiasi tipo di miglioramento e acquisizione di metodologie empatiche nei rapporti umani, etc. etc., persone altrimenti dette ottuse- ebbene quando tutto ciò ci fa ammalare e scava dentro di noi infelicità e voglia di fuggire.
Dunque: è da stabilire che a monte, spesso c’è una assoluta mancanza di empatia. Di cosa si tratta? Semplicemente non ci si mette nei panni degli altri, ci si arrocca nei pensieri e nelle proprie azioni, ci si abbrutisce nel proprio isolamento “termosaldato” contro ciò che sta fuori dalle nostre abitudini, priorità, pensieri, necessità o cerchia.
La prima cosa che smettiamo di fare quando ci isoliamo , spesso a scopo difensivo, ma soprattutto per mancanza di esempi positivi contrari, è sorridere.
Spesso, dove lavoro, ricevo attestazioni di simpatia, stima e rispetto, anche perché sono una persona sorridente, solare e gentile. So di esserlo, è un atteggiamento naturale, senza forzature, senza secondi fini . Il fatto che molti lo notino, mi ha fatto studiare la situazione: di base, le persone non sono accomodanti con gli altri, prevenute e sospettose, o peggio, indifferenti, si perdono tutta una gamma di reazioni molto appaganti, nel caso appunto ci si lasci andare alla gentilezza.
Quindi: prima regola è SORRIDERE, segue a ruota la seconda: mettere a proprio agio la persona che si ha di fronte., perché come dice “il saggio” ‘Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre’. Terzo: se vuoi fare l’arrivista, fallo pure, magari screditando i colleghi, cercando di metterli i difficoltà…raccoglierai ciò che seminerai. Ma se vuoi fare un primo passo verso il miglioramento personale e soprattutto dell’ ambiente circostante, mettiti in ascolto, spenditi. Non vuol dire entrare in confidenza con chiunque, non vuol dire raccontare i fatti tuoi, o farti i fatti degli altri; significa entrare nell’ordine mentale di apertura verso il mondo e i suoi accadimenti, verso il sentire altrui. Essere in sintonia, anziché in antitesi, tendere una mano anziché ritrarla.
Ce n’ è bisogno.
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