
La morte è probabilmente il mistero più grande ed irrisolvibile della vita umana. Varie culture mostrano usanze e rapporti diversi con essa. L’età vittoriana, epoca a tratti dark, conservatrice e perbenista, produsse un’usanza a dir poco lugubre e bizzarra. Sto parlando delle fotografie post-mortem. All’epoca, immortalare il corpo del proprio caro estinto era molto frequente, anche per avere un ultimo ricordo del proprio famigliare. Non solo la Gran Bretagna, anche gli Stati Uniti adottarono presto tale elaborazione del lutto. In diversi casi dietro lo scatto c’era un lavoro molto complesso ed approfondito
Il soggetto, talvolta con gli occhi aperti, veniva disposto meticolosamente dinanzi all’obiettivo. Esso veniva posto seduto, sdraiato, o in alcuni casi in piedi tramite un dispositivo particolare. Spesso e volentieri, tali foto erano gli unici ritratti mai fatti a tali persone passate a miglior vita. Il Memento Mori, il post-mortem faceva dunque parte integrante della cultura anglosassone del 19esimo secolo. Un’usanza considerata “normale” all’epoca per commemorare degnamente il defunto. Per i famigliari ancora in vita, tali fotografie costituivano addirittura un vanto, tanto che mandavano copie delle immagini ad amici e parenti lontani.
Queste immagini venivano in seguito appese sulle pareti a mò di quadri o messe in cornice. Molte di queste foto venivano scattate nel salotto di casa, di solito la parte più elegante di una dimora. Il salotto costituiva dunque il luogo ideale per salutare e consolare i famigliari del defunto. Tra il 1890 ed il 1905, molti funerali avevano luogo proprio in casa. Tale aspetto pian piano si iniziò ad abbandonare. A partire dalla Prima Guerra Mondiale, gli americani iniziarono a celebrare i funerali presso le apposite agenzie di pompe funebri. Con l’avvento di queste nuove realtà, la veglia funebre passò dal salotto al soggiorno, così come si usa ancora oggi.
Tornando alle fotografie post-mortem, altra tipica usanza era che un famigliare vivo si immortalasse accanto al defunto. La consuetudine voleva che il famigliare in vita apparisse dinanzi all’obiettivo con un atteggiamento distaccato e indifferente. Quando non era possibile fotografare il defunto, accanto alla persona viva era usanza inserire lo “spirito” del morto. Talvolta queste immagini erano ancora più macabre e melodrammatiche di quelle in cui era presente la salma del caro estinto. Il “fantasma” in tali ritratti era interpretato da un attore. Altra tendenza era quelle di riprendere il defunto come se fosse ancora vivo. Più raro, in questi casi, era l’utilizzo di oggetti di scena, come una giornale od una pipa, qualcosa insomma che il defunto usava quotidianamente quando era ancora di questo mondo. Per quanto tali foto possano risultare anomale e “paurose” al giorno d’oggi, sono degne di rispetto, in quanto rappresentano l’ultimo saluto alla persona amata da parte dei loro cari.
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