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Web Summit tra bot, realtà virtuale e disoccupazione tech

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Al mega evento digitale di Lisbona il settore più caldo è quello dell’intelligenza artificiale: dalle imprese del consumo ai social network come Facebook, tutti studiano come automatizzare i propri sistemi. L’effetto? Tanti posti di lavoro spariranno.

Ne ha parlato sul palco il capo della tecnologia di Facebook. Ne parlavano dietro le quinte gli investitori. La guardano le grandi aziende di tutti i settori. Ci lavorano molte delle 1.500 startup che hanno esposto alla fiera. A voler identificare una tecnologia calda, tra quelle che tra lunedì e venerdì hanno invaso il Web Summit di Lisbona, il più grande evento digitale d’Europa, non si può che citare l’intelligenza artificiale. I cosiddetti bot, algoritmi in grado di percepire, pensare e dialogare come umani e con gli umani. E di sostituirli in molte delle loro mansioni ordinarie, dall’assistenza clienti alla guida di un veicolo. Ma oltre all’AI, di fatto già una realtà, i 53mila visitatori del Summit hanno potuto avere un assaggio anche delle prossime frontiere in ambito digitale, quelle che vedremo materializzarsi nei prossimi anni. Dalla auto che si guidano da sole alla vita nella realtà virtuale.

Un bot per amico
“Voglio parlarvi dei nostri prossimi dieci anni”, ha esordito sul palco del Summit Mike Schroepfer, capo della tecnologia di Facebook. Che per il social network significano soprattutto intelligenza artificiale e deep learning, cervelli digitali capaci di comprendere sempre più a fondo testi e immagini. Schroepfer ha mostrato cosa significherà nel concreto. Se oggi di in una foto postata dagli utenti l’algoritmo riconoscere il numero di persone, domani potrà anche interpretarne i gesti, capire cosa sta succedendo. E così per i testi, da cui potrà estrarre le informazioni essenziali. Tutto per organizzare in maniera sempre più efficace la montagna di dati che circolano sui social, da Facebook a Instagram, e proporre a utenti e pubblicitari quelle più rilevanti. Ma a fare un giro tra i palchi e padiglioni del Summit, si capisce che ai bot stanno guardano le aziende di tanti settori, dai beni di consumo alla finanza, per automatizzare una serie di servizi oggi affidati agli umani. Una startup tedesca per esempio, CollectAI, gestisce in maniera automatica il recupero dei crediti. Tante altre propongono di affidare ai robot il lavoro oscuro del servizi clienti. “E il settore su cui investo di più”, conferma Phil Libin, ex amministratore delegato di Evernote e ora partner del super fondo venture Usa General Catalyst. “Le applicazioni più immediate sono quelle per le imprese, ma credo che presto ne arriveranno anche per i consumatori”. La Snapchat dei bot, per citare una di quelle in cui il suo fondo ha investito: “Sì, magari è già lì fuori”.

Un bot per nemico
Ma se il centralinista, il responsabile vendite o l’autista del futuro saranno intelligenze artificiali, non è difficile immaginare qual sarà l’impatto di questa tecnologia sul mercato del lavoro. La metà degli oltre 500 investitori presenti al Summit, il 53%, ha dichiarato che “è inevitabile che l’intelligenza artificiale distrugga milioni di posti”. E per il 93% di loro i governi mondiali sono impreparati a gestire questo cambiamento. Un ritardo che ha riconosciuto anche l’ex presidente della Commissione europea Barroso, intervenuto all’inaugurazione dell’evento: la politica globale non ha ancora trovato un modo per regolare un settore che avanza a ritmi supersonici, a lei sconosciuti. Il rischio di questo sfasamento è che generi delle reazioni anti tecnologiche. Se il problema viene posto qui al Web Summit è perché lo scenario spaventa non poco i giganti del digitale.

Automobili condivise
Un’industria su cui l’automazione sta arrivando alla massima velocità è quella dell’automobile. Lo si capisce dal numero di grandi aziende che hanno mandato i loro rappresentanti al Web Summit: dal Ceo di Renault-Nissan Carlos Ghosn, ai manager di Cadillac, Aston Martin, Bmw, Volvo. Si è parlato ovviamente di guida autonoma e degli ostacoli che ci separano da un domani (tra il 2020 e il 2025) in cui potremmo staccare le macchine dal volante. Ma anche del cambiamento di paradigma che questa innovazione porterà: la mobilità non sarà più un prodotto su quattro ruote, ma un ecosistema di servizi on demand o in condivisione. E’ soprattutto per questo, più ancora che per lo sviluppo delle tecnologie, che le società di automotive hanno cominciato a mettere il naso tra le startup. Ghosn ha detto che la sua società creerà una “porta di ingresso unica” a cui potranno rivolgersi le aziende innovative che vogliono lavorare con lei. Per evitare che la loro voce si perda nella lentezza decisionale di una grande multinazionale.

Realtà parallele
Il flusso di investimenti sui bot e sulla mobilità è già enorme. Così come sulla realtà virtuale, un altro dei settori più chiacchierati del Summit, anche se nel suo caso è più difficile capire quale sarà la “killer app”, l’applicazione che porterà le masse a mettere la testa dentro i visori e trasferirsi nel loro universo parallelo. Una delle applicazioni più immediate vista a Lisbona è in ambito medico, nei processi riabilitativi. Mentre gli sviluppatori di Disney o di Sony sono al lavoro su nuovi prodotti immersivi, dai film ai videogiochi, e le aziende li studiano per proporre nuovi e più efficaci modelli di training ai dipendenti. I dispositivi però restano ancora complessi e costosi per un utilizzo “privato”: la sfida è renderla una tecnologia per tutti. Htc ha appena annunciato il primo visore Vive wireless. Facebook, nei prossimi mesi, metterà il pc direttamente nel suo Oculus. Ci convincerà che chattare via avatar è meglio? L’impressione è che ci vorrà ancora un po’ di tempo.

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