Come nasce una fake news (e perché viene cliccata più di quelle vere), da uno studio del MIT su twitter. Come nasce una fake news su Twitter? In che modo viene confezionata per diventare virale? Quali sono gli argomenti e il taglio più adatto per diffonderla? Chi contribuisce a retwittarla?
Il Massachusetts Institute of Technology di Boston ha provato qualche tempo fa a rispondere a queste domande con quello che è considerato il più grande e sistematico studio sulle fake news (“The Spread of True and False News Online”), condotto in collaborazione con Twitter: i ricercatori del Mit hanno passato al setaccio oltre 126mila storie, transitate negli account di tre milioni di utenti nell’arco di dieci anni. Un’approfondita analisi delle dinamiche del ciclo di vita delle “fake”, di grande attualità a due mesi da elezioni europee con campagne ad alzo zero che si preannunciano piene di bufale, oltre che di hacker puri.
Ma come distinguere le notizie false da quelle vere, tra le 126mila analizzate dallo studio? Il team di ricercatori del Mit, guidato dal data scientist Soroush Vosoughi, si è affidato a siti terzi di fact-checking affidabili (come Factcheck.org, Politifact o Snopes) per poi affinare la ricerca grazie a Gnip, un motore di ricerca proprietario sviluppato da Twitter. Una volta distinte le notizie vere da quelle false, i ricercatori hanno analizzato la popolarità delle une e delle altre. Con risultati incredibili.
Le fake news battono nettamente quelle vere su entrambe le principali metriche prese in esame, quella della diffusione “orizzontale” dei tweet (ovvero la condivisione diretta da un influencer) e quella “verticale” (che tiene conto di tutte le catene di condivisioni ininterrotte, le cosiddette “cascate”). E questo avviene anche quando a retwittare sono esseri umani, sottolinea lo studio, non solo i software automatizzati che infestano i social, i famigerati “bot”.
Qualche esempio di notizie analizzate dai ricercatori del Mit? Nell’agosto 2015 indiscrezioni circolate sui social riferivano di un Donald Trump che aveva permesso a un bambino malato di volare sul suo aereo per avere urgenti cure mediche. Notizia quasi del tutto vera, secondo Snopes, ma retwittata solo da 1300 persone.
Mentre pochi mesi dopo, nel febbraio 2016, ha avuto una diffusione quasi trenta volte superiore (condivisa da 38mila utilizzatori Twitter) la notizia della morte dell’anziano cugino di Trump che negava a Donald di partecipare al suo funerale, mettendo per iscritto che «in quanto orgoglioso del cognome Trump, vi imploro, per favore non lasciate che sacchi di catarro ambulante diventino presidente». Notizia completamente inventata secondo Snopes, che non è riuscito a trovare traccia né dell’anziano cugino né tantomeno della sua morte. Ma notizia che, in tutto il suo essere “fake”, ha battuto quella vera 30 a 1.
Come è possibile che le falsità battano regolarmente, e di molto, le verità? Due le ipotesi messe sul tavolo dai ricercatori del Mit. Primo: le fake news sono confezionate per essere molto più originali e “nuove” di quelle vere. Secondo lo studio, le notizie false retwittate hanno in comune la caratteristica di essere molto diverse da tutti i tweet comparsi nei singoli account nei due mesi precedenti. E chi condivide storie considerate nuove e originali conquista un maggior seguito.
In secondo luogo, le “fake” fanno abilmente leva su forti emozioni umane molto più dei normali tweet. Sono in grado di suscitare curiosità, sorpresa, disgusto, spavento, mentre quelle vere sono più di frequente associate a stati d’animo come fiducia e tristezza. A questo va aggiunto che di solito le “fake” si concentrano su temi molto popolari come la politica, il terrorismo, i disastri naturali, la finanza e la scienza. Taglio emozionale, tema gettonato, storia originale e percepita come nuova: ecco come il falso, su Twitter, batte regolarmente il vero. Sono le dinamiche dei social, bellezza, e i media tradizionali non ci possono fare niente.
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