Le norme che disciplinano “il servizio pubblico di trasporto non di linea” – scrive il tribunale – non limitano “la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori” e non favoriscono “posizioni di privilegio e monopolio”, mentre “gli autisti Uber” svolgendo la loro attività “in contrasto” con la normativa si mettono in una posizione di “indebito vantaggio” rispetto ai tassisti.
Il giudice Alfredo Landi, in prima battuta, chiarisce in cosa consiste Uber Black: è un “sistema” che consente agli utenti “che hanno scaricato l’app sul proprio telefonino, di entrare direttamente in contatto con autisti provvisti di autorizzazione ncc (noleggio con conducente, ndr)” che hanno sottoscritto un contratto con Uber.
Gli autisti delle ‘berline nere’ Uber, però, a differenza dei tassisti, spiega il giudice, non sono soggetti “a tariffe predeterminate dalle competenti autorità amministrative” e possono così fare “prezzi più competitivi” a seconda “delle esigenze del mercato”. E ciò perché non rispettano, a detta del giudice, le regole “a danno di coloro che esercitano il servizio di taxi o di noleggio con conducente” rispettandole. Secondo il giudice, inoltre, anche con le regole attuali ben si potrebbe utilizzare “la nuova tecnologia in modo rispettoso della normativa pubblica”, consentendo ad esempio agli utenti di rintracciare tramite la app “invece che il singolo autista”, come accade, “la rimessa di noleggio con conducente più vicina”.
La decisione della nona sezione civile del Tribunale di Roma arriva dopo che già due anni fa a Milano, sempre accogliendo un ricorso cautelare dei tassisti, i giudici avevano disposto il blocco della app UberPop, uno dei servizi messi a disposizione dalla multinazionale americana e che permette a chiunque di fare il tassista senza licenza. Un blocco, poi, confermato nelle scorse settimane anche dal Tribunale di Torino.
Con la sentenza depositata oggi, invece, il Tribunale di Roma, “accertata la condotta di concorrenza sleale”, ha inibito a Uber “di porre in essere il servizio di trasporto pubblico non di linea con l’uso della app Uber Black” e di “analoghe” app, “disponendo il blocco di dette applicazioni con riferimento alle richieste provenienti dal territorio italiano, nonché di effettuare la promozione e pubblicizzazione di detti servizi sul territorio nazionale”.
Il giudice Alfredo Landi, inoltre, oltre a disporre la “pubblicazione” della sentenza sul sito di Uber, ha fissato anche una penale di 10mila euro “per ogni giorno di ritardo nell’adempimento” del blocco “a decorrere dal decimo giorno successivo” alla pubblicazione della sentenza, ossia da oggi.
“A seguito di questa pronuncia del Tribunale di Roma – ha spiegato l’avvocato Giustiniani – la multinazionale Uber rischia di dover interrompere ogni attività in Italia, in quanto i servizi ad oggi offerti sono stati riconosciuti in contrasto con il diritto nazionale e in concorrenza sleale con gli altri operatori del settore”.
Contro la decisione del Tribunale si è scagliato il Codacons. “Una decisione abnorme che riporta l’Italia al Medioevo”, ha commentato l’associazione. “Con il blocco dei servizi Uber tramite app l’Italia viene rispedita indietro di decenni, mentre tutti gli altri paesi vanno avanti e si adeguano alle nuove offerte del mercato”.
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