
L’Intelligenza artificiale va a scuola e rivoluziona il modo di apprendere. Buona parte di quei cento milioni di persone che hanno scaricato ChatGPT in soli due mesi dal lancio dello scorso novembre proviene dal mondo scuola: in primo luogo studenti, per comporre temi, elaborare contenuti o risolvere problemi. Ma anche docenti, che usano l’IA come supporto per programmi e lezioni.
Studenti, attenti! Se seguite le scorciatoie proposte da Elon Musk, secondo cui ChatGPT serve per principalmente fare i compiti, sappiate che i docenti stanno iniziando a farsi furbi. A partire dalle università anglosassoni, preoccupate di salvaguardare la loro reputazione, tra i docenti si stanno diffondendo rapidamente appositi programmi che vanno a scandagliare la rete per cercare di ricostruire i meccanismi con cui l’intelligenza artificiale generativa arriva a produrre il testo verificando l’utilizzo di software simili per produrre i lavori per esami e tesi.
Turnitin ha già individuato quest’anno studenti di master post-universitari che hanno utilizzato questi strumenti fino a percentuali dell’80-90% dei testi. Il numero uno è però GPTZero, creato da uno studente di Princeton, che ha tagliato il traguardo del milione di download. Perfino OpenAI, la società di Sam Altman che ha creato ChatGPT, aveva lanciato AI Classifier per scoprire i plagi, ma poi ha preferito ritirarlo dal mercato a causa dei dubbi sull’affidabilità dei responsi. Il che significa che neanche i padri dell’AI generativa più diffusa sono in grado di ricostruire esattamente i percorsi con cui mette insieme i risultati.
Tutto il mondo è impegnato a discutere sulle prospettive e sulle conseguenze sul mondo del lavoro, della scienza e delle diverse industrie della tecnologia che utilizza il machine learning per produrre contenuti, testi e illustrazioni sulla base del large language model, in maniera cioè che riproduce il ragionamento e le sensibilità umane.
Ma sul mondo dell’istruzione l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa è stato immediato. Non c’è dubbio che buona parte di quei cento milioni di persone che hanno scaricato ChatGPT in soli due mesi dal lancio dello scorso novembre provenga dal mondo scuola: in primo luogo studenti pronti a cogliere al volo le opportunità del nuovo strumento per comporre temi, elaborare contenuti complessi o risolvere problemi matematici.
E diamo per scontato che l’anno scolastico che si sta aprendo sarà caratterizzato dall’utilizzo massivo. Ma anche i docenti non sono stati da meno, sfruttandolo come supporto per programmi e lezioni.
Insomma, scuole e università sono chiamate a ripensare le modalità di insegnamento e di trasmissione della conoscenza, ma anche delle prove di verifica e degli esami. E a farlo in fretta. Diverse istituzioni, anche in Italia, hanno scelto la messa al bando di ChatGPT, la strada più semplice, ma anche la più difficile da attuare proprio per la difficoltà di intercettarne l’utilizzo.
Proprio la pervasività della tecnologia ha indotto buona parte del mondo della didattica a interrogarsi sui nuovi modi di fare scuola, in particolare su come utilizzare i nuovi strumenti per fare in modo che l’insegnamento sia più efficace e in linea con l’evoluzione di un mondo del lavoro che deve fare i conti con questa innovazione.
«Non comprendiamo ancora come l’AI generativa modificherà il nostro mondo. Così è complicato decidere come adeguare i contenuti dell’istruzione», commenta Conrad Wolfram, cofounder della piattaforma di ricerca WolframAlpha – peraltro basata su AI –, sottolineando come la didattica deve focalizzarsi sempre più su «un’alfabetizzazione computazionale» che liberi gli studenti da calcoli e ricerche complesse, permettendo loro di concentrarsi sulla capacità di connessione e sulla creatività.
Ma con un’avvertenza da cui non si può prescindere: come il web non è attendibile “by default”, anche l’AI generativa, che sul web prende i contenuti, mostra ancora ampie falle nell’affidabilità delle risposte e nei ragionamenti che è in grado di elaborare. La nuova versione di GPT4 va a colmare diverse lacune, ma chi ha già usato ChatGPT ha verificato come le risposte siano limitate, con argomentazioni piuttosto semplicistiche e spesso basate su informazioni false.
I ragazzi – ma anche i docenti – devono essere quindi guidati a utilizzare al meglio i nuovi strumenti, senza limitarsi a “copiare” le risposte.
D’altra parte, la capacità di estrarre il meglio dall’AI generativa parte dal saper fare le domande giuste, che è già oggi una delle basi della didattica. Tanto che una delle competenze del futuro, forse un po’ favoleggiata, è quella del prompt engineering per imparare a porre le domande giuste per ottenere le risposte adeguate alle nostre esigenze. «Sempre più la tecnologia mette in discussione il modo di trasmettere la conoscenza: già con il digitale il focus si è spostato dall’approccio mnemonico e fondato sulle materie a una didattica per competenze, in grado di connettere le conoscenze grazie allo sviluppo di un pensiero critico.
Ora l’intelligenza artificiale accelera in questa direzione fornendo nuove opportunità», sostiene Dianora Bardi, presidente di Impara Digitale, che sta lavorando a un progetto su questi temi con il ministero dell’Istruzione. Per fine settembre, in collaborazione con ScuolaZoo, sarà consegnato a un campione di studenti un questionario per fotografare lo stato dell’arte di quanto e come viene utilizzata dagli studenti.
L’operazione punta poi ad aggregare le scuole superiori aperte a potenziali sperimentazioni sull’uso di ChatGPT in chiave didattica nell’ottica di mettere a confronto le buone pratiche a livello nazionale. L’obiettivo è anche quello di definire linee guide in materia che confluiranno in un capitolo dedicato all’intelligenza artificiale che sarà inserito nel nuovo Piano nazionale scuola digitale atteso per l’autunno.
Il problema di fondo è che ancora una volta in ambito tecnologico i docenti non sempre sono in grado di governare temi su cui i ragazzi sono molto più avanti. Per questo la stessa OpenAI ha elaborato una “Teaching with AI Guide” che fornisce linee guida concrete per il nuovo strumento, tenendo sempre conto che accanto ai software per elaborazioni testuali ci sono anche prodotti simili legati alle illustrazioni, come Wall-E o Midjourney, che abilitano anche l’utilizzo di contenuti visuali sempre più sofisticati.
Oltre a fornire ai professori un supporto per scoprire l’uso truffaldino da parte degli studenti, la guida elabora proposte concrete di utilizzo di ChatGPT per l’utilizzo in classe, con proposte di lezioni, spiegazioni, connessioni, ma anche modelli di supporto per lo studio degli studenti.
«La tecnologia apre la prospettiva di nuove modalità di insegnamento – ha affermato Daniel Schwartz, Dean alla Graduate School of Education di Stanford -. L’AI potrà automatizzare modalità didattiche davvero negative. Quindi dobbiamo pensare ad essa come uno strumento per creare approcci didattici positivi».
All’AI+Education Summit i ricercatori di Stanford hanno focalizzato le opportunità aperte dall’AI: abilitazione di una formazione personalizzata tagliata sugli studenti con feedback immediati per i docenti, apertura del processo di apprendimento alla creatività e al disegno strategico, instaurazione di un processo costruttivo non basato solo sul giudizio, miglioramento complessivo dell’apprendimento e della valutazione.
Peraltro non sono mancate le sottolineature dei rischi: risposte non corrette e fuorvianti, mancato rispetto delle diversità culturali, modelli non pensati per l’istruzione, frustrazione di fronte a sistemi estremamente potenti e incomprensibili.
Allo stesso tempo l’intelligenza artificiale si trasforma in uno strumento prezioso per modellare il percorso educativo sulla base della preparazione e delle competenze dei singoli ragazzi, come supporto a disposizione dei docenti per una formazione fatta su misura.
Sal Khan, artefice della Khan Academy che ha democratizzato l’istruzione portando lezioni e tutorial online a milioni di bimbi in tutto il mondo, ne ha fin da subito colto il valore rivoluzionario per l’educazione: «GPT4 sarà la più grande rivoluzione delle nostre vite, soprattutto nell’istruzione: permetterà di sviluppare la curiosità dei ragazzi e di appassionarli all’apprendimento.
Potranno avere sempre a portata un tutor personale dotato di una pazienza infinita». Khan Academy ha messo a disposizione di 100mila studenti in 500 scuole Usa Khanmigo, un tutor on-demand che dibatte e risponde alle domande dei ragazzi, li segue su tutte le materie, risolve le loro difficoltà e indica i prossimi passaggi della formazione.
Come sottolinea Bill Gates, che peraltro ha sostenuto fin dall’inizio Khan, l’intelligenza artificiale è ormai sul punto di essere brava tanto quanto i professori nell’insegnare. Ma da qui a sostenere che prenderà il posto dei docenti ce ne passa. E non ci crede neanche Gates. Anche perché, da che mondo è mondo, l’apprendimento è un processo che passa per le relazioni.
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