Copyright, oggi l’Europa al voto. “Basta regalare ai giganti del web”. La riforma al Parlamento Ue: cosa prevede. “In gioco l’industria culturale”. Potrebbe passare per un provvedimento tecnico, ma in realtà non lo è. C’è molto di più, probabilmente un pezzo delle libertà di tutti noi.
Quando stamani il Parlamento europeo di Strasburgo voterà la proposta di direttiva europea sulla tutela del diritto d’autore si giocherà infatti la possibilità per tanti autori, giovani e vecchi, famosi o principianti, di lavorare e veder riconosciuto il proprio lavoro. Autori di musica, film, fotografi, scrittori, giornalisti ed editori che vedono il proprio lavoro scippato dai giganti del web che mettono in Rete quanto da loro prodotto, senza riconoscere alcun compenso. Ma si giocherà anche per tutti i cittadini la garanzia di trovare in Rete solo notizie di cui qualcuno sia responsabile, verificate professionalmente, vedendo quindi dtrasticamente ridotta la possibilità di fake news.
La proposta di direttiva in votazione oggi (che se approvata poi andrà a una successiva negoziazione con Commissione e Consiglio europeo) disciplina l’uso che i vari Google, Facebook e gli altri Big Data fanno dei contenuti non da loro prodotti ma con cui loro si arricchiscono (nel 2017 Facebook ha guadagnato 17 miliardi di dollari, Google 12,6). Uno degli articoli più contesi, l’11, prevede una sorta di «tassa sul link» alla notizia, in base alla quale gli editori possono chiedere alle piattaforme on line il pagamento di diritti.
L’altro articolo al centro dell’attenzione, il 13, rende le piattaforme responsabili per violazioni del diritto d’autore e le invita ad adottare filtri per il caricamento di contenuti coperti dal copyright. Nelle ultime settimane il relatore del provvedimento, il popolare tedesco Axel Voss, ha lavorato a una mediazione, per «migliorare» i testi e renderli più votabili al fronte contrario. Ha escluso dal copyright chi rilancia link senza scopo di lucro o per scopi scientifici (Wikipedia è quindi esclusa) e in ogni caso ha cercato di sfuggire dall’accusa di voler «limitare la libertà della Rete».
Il compromesso pare però non essere stato raggiunto, quindi si prevede una conta all’ultimo voto. Nel primo tempo della partita, il voto a luglio, finì 318 a 278 in favore del selvaggio Far West attuale. Con i popolari, i socialisti e i liberali a favore di una tutela e gli altri contro, anche se tutti i gruppi sono molto divisi al loro interno per la presenza di divisioni «geografiche» oltre che politiche (i deputati del Nord Europa sono per esempio in genere più propensi al Far West a nessuna tutela del diritto d’autore).
Tra gli italiani in prima fila tra coloro che non vogliono il riconoscimento dei diritti ai giovani autori e che quindi finiranno per fare un piacere ai Big Tech sono i Cinquestelle, che si dovrebbero portare a ruota i leghisti. Dando vita a un paradosso: Di Maio che tutti giorni – anche ieri – tuona contro gli editori «espressioni delle élite e dei poteri forti» schiera i suoi al servizio di quella che ormai è l’élite più impenetrabile al mondo, i giganti del web. In ogni caso il voto di oggi, come ha riconosciuto la Commissione europea, è uno spartiacque perché il prossimo parlamento da eleggere nel maggio del 2019 sarà probabilmente ancora più propenso di quello attuale a portare acqua nel mulino dei Big Data. A parole populisti, nei fatti monopolisti.
Copyright e libertà
La libertà di informazione è la condizione indispensabile di ogni democrazia liberale. La condizione indispensabile di un’informazione libera, indipendente e professionale è la libertà economica. Degli editori e delle loro imprese, dei giornalisti e degli autori che solo dalla remunerazione del loro lavoro possono trarre la forza per informare con correttezza, lealtà e onestà. Per questi motivi ciò che è in ballo oggi in Europa riguarda tutti. Oggi il Parlamento europeo dovrà votare la proposta di direttiva sui diritti d’autore nel mercato unico digitale: Direttiva che, tra le altre cose, prevede che le grandi piattaforme digitali che guadagnano dalla diffusione dei contenuti, remunerino chi li ha prodotti. Non solo editori e giornalisti, ma tutti gli autori: scrittori, musicisti, parolieri, poeti, artisti. Un argine, insomma, contro la potenza dei giganti del web e non un bavaglio alla libertà della Rete che con questa vicenda non c’entra nulla.
Non si fermerà l’innovazione, non finirà la Rete e non finiranno certamente i colossi che oggi dettano legge dai social ai motori di ricerca, non ci sarà censura. Più semplicemente una parte (minima) dei ricavi dei colossi di Internet ricompenserà il lavoro di chi produce i contenuti. Stupisce, al contrario, che chi è contro la direttiva sul copyright non si renda conto che invoca la libertà del popolo ma finisce oggettivamente per fare gli interessi dei titani del web. Quanto ai cittadini, la riforma del copyright non toccherà la possibilità di ciascuno di essere cittadini digitali – pubblicare blog, discutere sui social network, dire la propria – ma darà invece ossigeno all’informazione professionale. L’unica in grado di garantire a tutti la possibilità di essere cittadini informati e non vittime del medioevo delle fake news. Mai infallibile, per carità, ma mai anonima, regolata da leggi e norme professionali precise. A garanzia delle proprie responsabilità davanti all’opinione pubblica. È una battaglia, quella che si gioca oggi a Strasburgo, di libertà e civiltà.
Lascia un commento