L’industria 4.0 a rischio hacker e trafugamento dati

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La sicurezza informatica negli impianti industriali? Un disastro! Falle di sicurezza banali, scarsa attenzione alle policy e all’architettura delle reti. Una ricerca di FireEye fotografa una situazione desolante.

Si fa un gran parlare di Industria 4.0, ma un aspetto legato all’informatizzazione dei sistemi di produzione viene troppo spesso trascurato e stiamo parlando di quello della sicurezza informatica.

A confermare questa (pessima) tendenza arriva una ricerca di FireEye, che sintetizza i risultati di una serie di valutazioni eseguite negli ultimi anni. Non si tratta di dati che tratteggiano la percentuale di impianti considerati “sicuri” o “a rischio”, ma di un’analisi con un taglio diverso, che cataloga le vulnerabilità individuate in base alla tipologia.

Ciò che emerge è che le falle di sicurezza presenti nei sistemi manifatturieri (ma anche di impianti dedicati alla produzione di energia, trattamenti chimici e altri settori “critici”) sono spesso collegate a trascuratezza e mancanza di attenzione.

Con un’aggravante: in un terzo dei casi si tratta di vulnerabilità che gli esperti di sicurezza hanno catalogato come critiche, cioè che hanno un elevato impatto potenziale in termini di danni (anche fisici) e sono facilmente sfruttabili da un eventuale pirata informatico.

Quadro  disposizione rischio
Quadro disposizione rischio

L’elemento di fondo, però, è che si tratta nella maggior parte dei casi il rischio potrebbe essere mitigato attraverso le consuete “buone pratiche” che nel mondo dell’IT sono ormai considerate come un patrimonio indispensabile per garantire l’operatività dei servizi.

Insomma: tra il mondo dell’Information Technology e quello della Operational Technology continua a presentarsi un fenomeno preoccupante. Mentre i due mondi tendono a sovrapporsi sempre più, sotto il profilo della sicurezza non c’è quella “contaminazione” indispensabile per evitare possibili incidenti.

I dati di FireEye parlano chiaro, soprattutto quando si considera che il 32% dei problemi rilevati e catalogati come “ad alto rischio” sono dovuti all’assenza di aggiornamenti e patch. Qualcosa che in un’ottica IT è impensabile.

Un discorso simile vale per la gestione delle credenziali, che rappresenta da sola il 25% delle falle individuate, seguita come categoria (11%) da un’insufficiente cura nell’architettura delle reti.

Tabella delle categorie ad alto rischio
Tabella delle categorie ad alto rischio

In quest’ultimo caso, rilevano gli esperti di FireEye, il problema è che non viene effettuata la cosiddetta segmentazione delle reti, cioè la separazione tra i network dedicati alla produzione (e quindi particolarmente sensibili) e il resto delle infrastrutture IT delle aziende.

Sintetizzando, si può dire che almeno un’azienda su 10 non si rende conto che lasciare un collegamento più o meno diretto tra il PC di un impiegato che naviga sui social network e il controller SCADA degli impianti produttivi è una pessima idea.

A seguire, con percentuali inferiori, lo studio elenca altri aspetti (mancanza di sistemi di protezione crittografica delle comunicazioni, errori nelle configurazioni, etc.) che contribuiscono a incidere sul livello di sicurezza dei sistemi industriali e che, al pari di quelli principali, affondano comunque le loro radici in una scarsa consapevolezza dei rischi collegati all’uso di sistemi di automazione.

Alla luce dei dati pubblicati dalla società di sicurezza, insomma, una cosa è certa: la transizione verso la nuova industria per il momento è tutt’altro che “sicura”.

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