Venezuela in crisi, boom delle criptovalute per difendersi dall’iperinflazione. Nel Sudamerica del recente passato in preda all’iperinflazione l’unica ancora di salvataggio per difendere il potere d’acquisto era sempre l’amato-odiato dollaro. Oggi anche il vecchio biglietto verde inizia a sentire l’usura del tempo e della tecnologia. Nel Venezuela in preda alla crisi economica e all’aumento a più zeri del costo della vita i cittadini si rivolgono in maniera sempre più massiccia alle criptovalute per cercare di arginare l’inesorabile erosione del valore del denaro.
Non si tratta certo del misterioso Petro, la criptovaluta ufficiale istituita dal governo di Nicolàs Maduro quasi solo per aggirare l’embargo economico che sarebbe in teoria garantita dal petrolio e che ora è stata utilizzata per dare un’aura di credibilità al nuovo piano economico del regime che ha portato a una svalutazione del 95% del bolivar. I cittadini venezuelani hanno invece scoperto i vantaggi delle criptovalute, che permettono di fare acquisti e mandare soldi all’estero senza dover passare dalla moneta nazionale e aggirando il disastrato sistema bancario.
La corsa al Dash
Per i venezuelani l’accesso alla valute digitali si è trasformato in uno spiraglio di libertà personale e, soprattutto, in un sistema per salvaguardare i propri soldi senza dover correre a spenderli non appena ricevuti, per evitare che siano mangiati dall’implacabile aumento dei prezzi, come successo l’anno scorso anche in Zimbabwe.
Ad aver conquistato, in particolare, i favori dei venezuelani è invece una criptovaluta particolare, sconosciuta al grande pubblico: il Dash, frutto di un progetto open source gestito da una community che si autofinanzia e che è particoalrmente attenta alle realtà locali. Stando a quanto affermato da Ryan Taylor, ceo di Dash Core Group a Business Insider, «stiamo registrando lo scaricamento di decine di migliaia di wallet nel Paese ogni mese e il Venezuela è diventato il nostro secondo mercato, davanti anche a Cina e Russia».
Il fenomeno è accompagnato anche da un incremento vertiginoso degli esercizi commerciali che adottano la valuta come mezzo di pagamento: a inizio luglio erano 400, quasi tutti nella prima parte dell’anno, poi in soli due mesi sono raddoppiati a 800 – un centinaio solo nell’ultima settimana, dopo l’annuncio della svalutazione del bolivar – i negozi che accettano acquisiti in Dash, compresi marchi come Subway e Calvin Klein.
A inizio settimana il Governo Maduro ha dato il via a un piano economico per tagliare le gambe all’iperinflazione che si è limitato in buona sostanza a togliere cinque zeri ai vecchi bolivar “fuerte” per l’emissione dei nuovi bolivar ”soverano” (sovrani), ancorati al Petro. Ma la fumosità della criptovaluta ufficiale e l’incertezza su come potrà convivere con la valuta ufficiale hanno scatenato una nuova ondata di panico nel Paese.
Perché il Dash?
Rispetto al bitcoin, il Dash ha diversi vantaggi che hanno agevolato l’adozione massiccia a Caracas. Creato nel 2014 su base open source, la criptovaluta ha costi di intermediazione ridotti, nell’ordine dei centesimi rispetto ai dollari richiesti dal bitcoin, e, soprattutto, ha tempi ridottissimi di conclusione delle operazione, in termini di pochi secondi rispetto ai minuti o anche alle ore necessarie nelle blockchain di altre criptovalute. L’aspetto della velocità è particolarmente importante in un paese in cui l’aumento dei prezzi si gioca sul filo dei minuti.
La cosa più originale del Dash è però che viene gestita da una comunità di stakeholder che gestisce i finanziamenti che derivano dall’attività di mining. Nel mondo delle criptovalute i miner sono i garanti dell’intero sistema, incaricati di saldare le transazioni nella blockchain, il registro distribuito e immodificabile che sostituisce di fatto qualsiasi intermediario tra le parti di una transazione.
Per fare questo i miner vengono ricompensati con pagamenti che, nella rete Dash, finiscono per una quota del 10% in una cassa comune che va a finanziare progetti educativi e pubblicitari sul territorio: in Venezuela è stato finora investito dalla comunità quasi un milione di dollari in pubblicità e nella rete commerciale che si occupa di diffondere la rete di esercizi che accettano i Dash.
Non solo criptovalute
Ma non sono solo i Dash a venire in soccorso dei venezualeni allo stremo. Sempre più bitcoin, Ether, Stellar e il controverso Tether (agganciato alla parità con il dollaro) vanno a riempire wallet digitali che sostituiscono i conti correnti bancari. Anche gli exchange locali sono proliferati con l’aumento dell’attività. Una in particolare, AirTM, è utilizzata anche per comprare e vendere i dollari tradizionali, insomma per comprare valuta ben più solida: tre anni fa, quando è iniziato il trading un dollaro valeva 490 bolivar, oggi ben oltre due milioni.
La piattaforma offre un conto in dollari, sulla cloud informatica, che permette di depositare valuta locale, fare pagamenti e investire in prodotti di risparmio, ovviamente utilizzando anche criptovalute per salvaguardare il valore. Ma intanto AirTm ha allargato la sua attività anche a strumenti innovativi, utili sempre allo stesso scopo, permettendo di collegare il conto corrente bancario con il wallet digitali, anche tardizionali come PayPal e Venmo, e reti di money transfer.
Insospettito dal crescente utilizzo di criptovalute, il regime di Maduro ha anche avviato operazioni per bloccare il mercato con arresti e chiusure di exchange. Ma anche in questo caso la tecnologia viene in soccorso e i venezuelani riescono a bypassare i blocchi utilizando tradizionali Vpn, le reti private virtuali che sono facilmente replicabili in ogni casa.
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