Libera rete, liberi device: appello alla politica. L’11 luglio, presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, Palazzo San Macuto a Roma, si torna a parlare di free modem per chiedere alla politica un intervento.
L’incontro di giovedì 11 luglio presso la Sala del refettorio alla Camera dei Deputati è un chiaro appello al legislatore: l’iniziativa della “Free Modem Alliance” è finalizzata al consolidamento dei risultati fin qui conseguiti perché, tra una sentenza e un ritardo, il rischio è che si rimanga con il cerino in mano e con un pericoloso vuoto normativo. Al centro dell’attenzione v’è l’annoso problema del modem, strumento che i provider vorrebbero controllare per l’interesse del proprio mercato e che invece il mercato vorrebbe in libertà per l’interesse degli utenti.
Libera rete, liberi device
La battaglia “Libera rete, liberi device” (qui il modulo per registrarsi all’evento) è l’affermazione di un principio di abnorme importanza, le cui conseguenze sono di varia natura.
Nel 2019, continua la nostra battaglia affinché, anche in Italia, ogni persona sia libera di scegliere il modem senza vincoli
L’essenza è quella per cui l’affermazione di tale principio è l’affermazione di un principio di libertà, una garanzia per l’utenza nella sua complessità: una battaglia meritevole, quindi, a prescindere. Ma dietro questa battaglia v’è anche una traslazione di interessi che chiama le parti in causa a difendere strenuamente il proprio territorio, poiché in ballo v’è la gestione del modem di cui ogni singolo navigatore italiano necessita per poter essere online.
Il contesto è esattamente questo: nel momento in cui il TAR si sarà pronunciato circa il tentativo di impugnare la delibera AGCOM sul Modem Libero, il rischio è quello di trovarsi senza gallina e senza uovo: nonostante l’Europa abbia già deliberato chiaramente in merito, infatti, l’Italia si trova ad aver recepito tale prospettiva senza un intervento legislativo adeguato e con una delibera AGCOM (348/18/CONS) che si sta tirando per la giacchetta. Senza l’uno e senza l’altra, l’Italia si scoprirebbe nuda e nessuna foglia di fico potrebbe coprire la vergogna di un ritorno alla situazione antecedente l’intervento normativo comunitario.
I contratti stipulati con gli operatori non possono contenere condizioni (prezzo, volumi di dati o velocità, o altre pratiche commerciali) che limitino il diritto degli utenti finali ad utilizzare tali terminali. Si stabiliscono quindi precisi obblighi a tutela della libertà di scelta che comportano specifiche misure sia di trasparenza contrattuale che di tipo tecnico.
Con questa misura l’Autorità specifica le misure di trasparenza e di interoperabilità necessarie per garantire l’accesso ad un Internet aperta, come definita dal legislatore europeo, coniugando due libertà economiche che vanno salvaguardate: quella della libera scelta dell’utente dell’apparecchiatura terminale e quella commerciale dell’impresa anche attraverso offerte abbinate.
Ecco perché la Free Model Alliance porta il tema alla Camera dei Deputati: occorre far chiarezza e se la politica potesse offrire il proprio contributo si andrebbe a dipanare un orizzonte che altrimenti rischia di farsi sempre più confuso. Da una parte si chiede al legislatore di intervenire direttamente, dall’altra si auspica un rafforzamento del potere sanzionatorio in mano all’AGCOM con tanto di ampliamento del potere deterrente delle sanzioni comminate (oggi vincolate a limiti estremamente stringenti e di ben poco impatto sui volumi d’affari dei grandi operatori).
In ballo vi sono i contratti in essere, quelli per i quali si era imposto un limite di 4 mesi per una definitiva regolarizzazione; in ballo v’è la sospensiva richiesta da TIM, che rischia si congelare i termini fino a nuova sentenza; in ballo v’è il rischio di un vuoto normativo che ci renderebbe inadempienti in merito al recepimento delle direttive europee; in ballo v’è un diritto proprio dell’utenza, che cadrebbe in un vuoto di tutela di cui nessuna parte politica dovrebbe volersi far carico. Ecco perché parlarne è importante, a maggior ragione se lo si fa nelle sedi proprie del legislatore. Ove nessuna parte politica potrà dire di non aver visto, sentito, saputo.
Hardware net neutrality
Il cambio di passo di cui necessita l’Italia a questo punto è ben sintetizzato da Gabriele Matteo Fiorentini, avvocato e coordinatore della Free Modem Alliance. Secondo Fiorentini, infatti, le attuali azioni ostative degli operatori hanno come unico effetto quello di far ricadere le conseguenze di questi ritardi sugli utenti:
Gli utenti, consumatori e non, sono certamente i primi danneggiati da queste resistenze, ma non certo gli unici. Infatti, i limiti alla libera scelta dell’hardware, lungi dall’esaurire i loro effetti sugli end users, colpiscono negativamente la filiera a valle, la struttura del mercato delle TLC e, in ultima analisi, l’intera collettività.
Nella propria disamina per Agenda Digitale, Fiorentini ricorda altresì come la battaglia per il modem libero è anche una battaglia in difesa dei provider: non si tratta di difendere i grandi brand, che giocano una battaglia su altri livelli e sulla necessità di garantire ai mercati una base di utenza stabile (anche grazie a “lock in” più o meno automatici), quanto quei piccoli operatori che agiscono con maggior trasparenza e che sui modem non hanno fin qui applicato alcuna leva di incasso. Invocare una sacrosanta “hardware net neutrality” significa offrire equilibrio al mercato, affinché le scelte possano essere più libere e si possa perseguire quell’utopistico “mercato perfetto” che ottimizza livello dei prezzi, qualità dell’offerta e tipologia della domanda.
Il modem imposto, in effetti, non determina necessariamente una riduzione nella quantità totale di modem e router immessi sul mercato, quantità che può anzi aumentare, a causa dell’artificiale limitazione all’interoperabilità dei dispositivi tra le reti dei diversi fornitori di connettività. Tuttavia il singolo produttore, che prima offriva i suoi prodotti a una moltitudine di utenti, ciascuno dei quali con proprie necessità e preferenze individuali, si trova a poter dare sbocco ai suoi prodotti solo vendendoli a un ristrettissimo numero di grandi società, che – avendo concentrato nelle loro mani la maggior parte della domanda – acquisiscono così un enorme e ingiustificato potere sul mercato delle apparecchiature terminali. In tale scenario, tre o quattro grandi ISP si trovano a poter scegliere discrezionalmente se un produttore può operare sul mercato italiano o, al contrario, se ne deve essere espulso.
Lascia un commento