Italia indietro sulle connessioni a Internet: il 28% dei cittadini non accede

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La Relazione annuale dell’Agcom mostra il ritardo rispetto all’Europa. Il settore dei media ancora in calo (-1% a 52,7 miliardi), ma la recessione frena rispetto al passato. Sky si conferma regina tra le tv.

Il 28 per cento degli italiani non ha mai navigato un solo secondo in Internet. Funziona così in un Paese che arranca nello sviluppo della banda ultra larga e velocissima da rete fissa e che resta fermo al venticinquesimo posto nella classifica “Digital Economy and Society”. Da noi gli accessi, gli abbonati sono fermi al 5,4 per cento contro una media europea che è al 30. E meno male che gli italiani vanno in Rete grazie al telefonino e al tablet, con percentuali che almeno in questo caso sono superiori al 70%, dunque in linea con le medie Ue.

I ricavi da servizi dati – in questo scenario – registrano una crescita del 3,6% a 5,37 miliardi: una montagna di euro che supera ormai le entrate dai servizi voce della telefonia.

Ora, un impulso alla banda larga fissa potrà anche arrivare dallo sbarco di Enel in questo comparto, ma il Garante per le Comunicazioni (AgCom) – nella sua Relazione annuale alle Camere – avverte che vigilerà sull’impatto concorrenziale che questo approdo avrà sul settore. Il controllo avverrà in tandem e d’intesa con l’Autorità per l’Energia. I motivi di allarme sono spiegati dalla forza della struttura di Enel – che poserà la fibra ottica lungo i suoi cavidotti e i tralicci – ma anche dalle prime alleanze industriali (vedi Metroweb).

Mentre il mercato prova a rilanciare, il presidente della Camera Laura Boldrini – che ospita il presidente di AgCom Cardani per la sua Relazione – denuncia che il mancato accesso alla Rete di milioni di italiani “rappresenta il volto nuovo della disuguaglianza”.

Televisione gratuita e a pagamento, Internet, telefonia, radio, giornali, pubblicità. In termini economici, la torta generale della comunicazione vale 52,7 miliardi, e la flessione è dell’1 per cento rispetto all’anno scorso. Il segno resta negativo, dunque, ma la frenata è meno brusca che in passato. Media come la radio e la Rete reggono meglio i venti perduranti della crisi (la pubblicità digitale si impenna a 1,7 miliardi) mentre le difficoltà dei giornali sembrano avere un carattere strutturale.

A proposito di televisione, Sky si conferma il primo editore italiano per ricavi con una incidenza sul totale del 32,5%, Mediaset è seconda con il 28,4%, Rai in terza posizione con il 27,8. I ricavi complessivi del settore sono per quella in chiaro a 4,53 miliardi; per la pay tv a 3,32. Di questa torta, i canali a pagamento di Murdoch prendono il 76% contro Mediaset Premium che si ferma al 19%.

L’AgCom ha lavorato anche come sentinella dei consumatori, risolvendo 5600 liti tra famiglie (o imprese) e società delle telecomunicazioni ed emittenti televisive. L’effetto concreto è che 33,1 milioni di euro sono tornati nelle tasche degli italiani tartassati, sotto forma di rimborsi o indennizzi.

Nella sua Relazione, il presidente Cardani critica senza mezze misure la legge sulla parità di accesso in televisione: “È una legge vecchia, nata in un contesto politico bipolare, quando la tv era l’unica fonte di approvvigionamento di notizie e la rete Internet nemmeno contemplata. Ma soprattutto è una legge che non piace a nessuno, né a destra né a sinistra, eppure nessuno si assume la responsabilità politica di riformarla, salvo poi puntare il dito contro l’Autorità quando le inefficienze vengono puntualmente a galla ad ogni tornata elettorale”.

“Così com’è non solo serve a poco, ma ha l’effetto perverso di inasprire gli animi nell’agone elettorale”. Sul tema batte un colpo anche il presidente della Camera Boldrini che invita comunque l’AgCom a vigilare perché – spiega – “ho già ricevuto molte lettere di chi lamenta scarsa visibilità nel dibattito sul referendum istituzionale”. Boldrini richiama i media, in generale, alle loro responsabilità. Non si può dibattere sulle conseguenze politiche degli esiti referendari – sul governo, sulla Legislatura – senza farsi carico dell’onore di spiegare i contenuti della riforma.

Per Cardani, comunque, “non c’è solo la par condicio da rivedere”. Bisognerebbe svecchiare le norme sull’editoria, sulla vendita dei diritti sportivi (come chiede anche l’Antitrust), sulla promozione di opere culturali italiane ed europee in televisione.

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