Il tribunale Usa “punisce” la procuratrice che accusava Swartz di aver rubato articoli accademici. A quattro anni dal suicidio dell’attivista digitale, un bilancio sulle battaglie vinte (e quelle perse) in Europa sul fronte della libera conoscenza. Dalla europarlamentare Julia Reda al bibliotecario digitale Andrea Zanni, i ragazzi che sulla scia di Aaron provano a “cambiare il mondo”.
Una Corte d’appello dà la risposta che migliaia di persone chiedevano ormai da anni a Barack Obama, firmando petizioni e lanciando appelli per la rimozione dall’incarico di Carmen Ortiz. Sì, dice la giustizia, in effetti la procuratrice “è andata troppo oltre”. La donna che voleva farla pagare all’attivista Aaron Swartz perché “un furto è un furto” ha abusato del suo potere, è stata “troppo zelante”. Quattro anni fa, l’11 gennaio 2013, Swartz si suicidava nel suo appartamento di New York sotto il peso di una dura battaglia legale, colpevole secondo i suoi accusatori (Ortiz in prima linea) di aver scaricato larga parte degli articoli accademici dell’archivio Jstor allo scopo di renderli accessibili ai ricercatori e di “liberare” la conoscenza.
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L’impatto di Aaron è forte, ci dice Julia Reda per esempio. La rivista Forbes l’ha “incoronata” la più influente trentenne d’Europa. Sotto quella corona c’è la faccia acqua e sapone della unica “pirata” entrata a Strasburgo. Questa europarlamentare tedesca sta conducendo in Europa la battaglia per la diffusione del sapere, segue temi come il copyright e l’open access, che stavano a cuore a Swartz.
Dal “Guerrilla Open Access Manifesto” di Aaron Swartz:
“L’informazione è potere.
Come ogni forma di potere, c’è chi la vuole tenere per sé.
L’intero patrimonio scientifico e culturale che appartiene a tutto il mondo, pubblicato nel corso dei secoli in riviste e libri, viene ora digitalizzato e chiuso con il lucchetto da un pugno di corporation”
Julia ci racconta che “proprio grazie ad Aaron” molte battaglie sono vinte. “Non l’ho mai conosciuto di persona ma io, come tanti, gli sono debitrice. Swartz non è stato un semplice programmatore, è stato un attivista che aveva a cuore più di tutto la giustizia sociale. E’ stato inoltre uno degli animatori delle proteste contro Sopa e Pipa, i tentativi portati avanti negli Usa di imbavagliare la rete e di limitare la circolazione del sapere. In Europa siamo riusciti a fermare l’accordo anti-contraffazione (Acta) che avrebbe avuto effetti analoghi. E se ci siamo riusciti, è anche perché sapevamo che in America qualcuno – Aaron, innanzitutto – era già riuscito prima di noi a vincere quella stessa battaglia”.
Reda e gli altri sono riusciti a bloccare Acta, ma non è finita lì. “Ho lavorato a una proposta per la riforma del copyright in Europa, sperando di portare una soffiata di nuove idee. Per liberare la conoscenza, per favorire la libera circolazione del sapere”. Purtroppo, spiega Reda, “nonostante il lavoro che abbiamo fatto al parlamento europeo, la Commissione sta intraprendendo tutt’altra strada”. Un piccolo grande successo però Palazzo Berlaymont l’ha raggiunto: la Commissione ha inserito tra i suoi obiettivi la “liberazione” dei paper accademici. Quell’open access tanto caro ad Aaron. In concreto, la possibilità per i ricercatori di accedere al sapere che essi stessi producono, e che però – scriveva l’attivista statunitense – viene di fatto “imprigionato” dalle corporation.
Liberare la conoscenza è “il sogno erotico di ogni bibliotecario”, racconta Andrea Zanni, che ha fatto della circolazione del sapere una missione di vita: questo ragazzo modenese è stato presidente di Wikimedia Italia, ora si definisce “bibliotecario digitale” ed è tra gli animatori del grande progetto di biblioteca digitale italiana MLOL. Soprattutto, Zanni è l’esempio vivente del potere di un simbolo. Non ha mai conosciuto Aaron, è venuto a sapere della sua esistenza il giorno in cui l’attivista si è impiccato, eppure a Swartz ha dedicato un ebook e a lui si ispira ogni giorno. “Quell’11 gennaio 2013 in cui è morto – ricorda Andrea – le centinaia di persone che gli erano state vicine, da Tim Berners Lee a Lawrence Lessig, hanno iniziato a ricordarlo e a piangerlo”. Scrivevano cose come questa:
Tim Berners Lee per Aaron Swartz:
“Viaggiatori del mondo, abbiamo perso uno dei nostri saggi.
Attivisti digitali, siamo uno in meno.
Genitori del mondo, abbiamo perso un figlio.
Lasciateci piangere”
Il padre di internet, Berners Lee, ha definito Swartz “il figlio di internet”. Aaron è diventato un simbolo, ed è stato tra i primi a cogliere i risvolti e le potenzialità di internet, come pure ha capito quanto fosse “politica” la Rete – nel male e nel bene. Dichiaratamente, Swartz voleva “cambiare le cose”. Ci è riuscito in qualche modo, ispirando in tutto il mondo ragazzi come Julia e, in Italia, le migliaia come Andrea.
Andrea Zanni per Aaron, 11/1/2017
“Aaron è certamente un simbolo di internet: un simbolo dell’internet aperta, gratuita, fatta di libertà di espressione e di slancio etico.
L’internet che si preoccupa della libertà e dell’accesso alla conoscenza, non dell’internet che reprime e sorveglia.
Aaron sapeva perfettamente che è la stessa rete ad aprirci entrambe quelle strade.
Era, in una sola persona, un grande hacker, attivista, programmatore, ed è difficile distinguere quelle tre anime.
Sono tutte legate, formano quella che era la sua curiosità feroce, il suo desiderio di capire il mondo, e di salvarlo.
Perciò continua ancora a parlare a bibliotecari, attivisti per i diritti digitali, wikipediani, hacker.
Per molti Aaron non è che una versione migliore di noi, a cui ispirarci”.
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