Cina, niente videogiochi ai minorenni da mezzanotte alle otto
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Per fronteggiare il fenomeno delle dipendenze scatta il blocco nei confronti dei più giovani in un paese che è il primo al mondo per consumo di videogame. E dove un giocatore su quattro è minore. Ma le strade per aggirare il divieto sono già tracciate.
All’Internet Café di Chen Jia Lin, scavato nella fila continua di casematte parallele ai binari del metrò rialzato di Sihui, i ragazzini che smanettano sugli scassatissimi pc neppure sanno dell’ultimo bando che il governo sta per mettere sulla testa dei cinesi: il divieto di giocherellare online dopo la mezzanotte. Per la verità il Cafè di Chen jia Lin sembra più una ridotta perduta nel tempo che l’avamposto della Cina supertecno di Tencent, Alibaba, Suning e Huawei. E probabilmente dalla politica di un altro tempo, ma qui decisamente attuale, arriva il bando per questi ragazzi costretti a mettere giù il mouse alla mezzanotte di ogni sera in punto per riaccendere il computer solo alle otto del mattino dopo.
Dipendenze, le nuove forme portate dalla Rete
Anche la Rete, quando usata eccessivamente, può diventare una dipendenza. Viene definita Internet Addiction Disorder, nome coniato nel 1995 dallo psichiatra Ivan Goldberg in un articolo satirico, ma utilizzato ormai per definire quella che molti esperti ritengono una forma di dipendenza vera e propria. All’interno della internet dipendenza vengono distinti diversi tipi di comportamenti compulsivi in base all’utilizzo che se ne fa: la dipendenza cyber relazionale ad esempio riguarda l’eccessivo coinvolgimento nelle relazioni online, mentre con sovraccarico cognitivo si fa riferimento a un impegno spropositato nella navigazione e nell’utilizzo dei database del web.
Lo smartphone ormai è divenuto parte integrante della nostra vita, con mail, messaggi, tweet e status di Facebook da controllare ogni minuto. Secondo molti esperti, in alcuni casi questo utilizzo diventa talmente frequente e necessario da trasformarsi in un’autentica dipendenza: il Mobile phone overuse.
Il gioco d’azzardo esiste probabilmente da sempre. Ma gratta e vinci, videopoker e scommesse online hanno ampliato il fenomeno, aumentando notevolmente il numero di persone a rischio di ludopatia, o gioco d’azzardo patologico. Secondo alcune stime americane questa forma di dipendenza colpisce dal 2 al 4% della popolazione, e per questo, nel nostro Paese la ludopatia è inserita nei Lea (livelli essenziali di assistenza), con programmi di prevenzione, cura e riabilitazione offerti alle persone che soffrono o hanno sofferto di questa patologia.
Un altro dei possibili disturbi legati alla rete è la cybersex addiction, o dipendenza sessuale da internet. Chi ne soffre dedica enormi quantità di tempo a scaricare, utilizzare e commerciare materiale pornografico sulla rete, o a navigare all’interno di chatroom erotiche. (Credits: arodlob/Flickr)
Anche i videogiochi sono ormai diventati una forma di dipendenza. Chi soffre di videgame addiction, principalmente adolescenti ovviamente, trascorre intere giornate incollato al pc giocando a videogiochi online, sacrificando lo studio, il lavoro e le relazioni sociali. Si tratta di un problema talmente diffuso che in moltissimi paesi ormai sono nati gruppi di sostegno e programmi di recupero per gamer patologici.
Nuovi usi, costumi e gadget tecnologici negli ultimi anni hanno ampliato la lista delle possibili dipendenze che colpiscono l’uomo moderno. Una di queste ovviamente è la sindrome da acquisto compulsivo, anche detta oniomania (dal greco “onios”, in vendita). Lo psichiatra Emil Kraepelin ne individuò i sintomi già sul finire del diciannovesimo secolo: colpisce principalmente il genere femminile, tipicamente nella tarda adolescenza, attraverso un impulso irrefrenabile a effettuare acquisti. L’American Psychiatric Association, che con il manuale DSM è tra le più influenti associazioni scientifiche che identifica nuove patologie psichiatriche, non ha però ancora riconosciuto l’esistenza di questo tipo di dipendenza.
Certo, ci sarebbe sempre quel particolare mica piccolo: un giocatore su 4 minorenne. Che fare? Se il bando può anche far sorridere, il wangyin, cioè la dipendenza da internet, in Cina è una faccenda maledettamente seria, malgrado in America l’Associazione nazionale di psichiatria consigli “ulteriori studi e ricerche” prima di includerla nella categoria dei disordini mentali. Ma un conto è la teoria dei manuali, un altro le preoccupazioni concrete dei genitori. Prendete il racconto che fa a Repubblica una mamma come Zhao Mei, 44 anni, impiegata in una compagnia giapponese qui a Pechino. Suo figlio, Xue Mingrun, 15 anni, e già al liceo, e per fortuna di questi problemi a casa non ce ne sono stati. “Però credo che molti genitori saranno favorevoli al provvedimento”, dice la signora Xhao: “Qui si tratta di proteggere la sanità mentale ma anche fisica dei nostri figli, e anche di dare una mano a noi genitori”. Altro che invasione dello Stato nel privato, come diremmo noi. “Piuttosto, dovevano intervenire prima, viste tutte le storie terribili di ragazzi in difficoltà per questa dipendenza: suicidi, malattie mentali”.
I boot camp cinesi per curare la dipendenza da internet
Il Cina ce ne sono già 250. Sono i boot camp, campi di addestramento in stile militare che si propongono di curare la dipendenza da internet. In questa foto un ragazzo internetdipendente è sottoposto a un esame al cervello per scopi di ricerca
Un’infermiera distibuisce le medicine nel Daxing Internet Addiction Treatment Center di Pechino
Gli allievi del boot camp, rigorosamente in divisa militare, riordinano il loro dormitorio
Nel boot camp un istruttore ex soldato parla con le allieve nel dormitorio a loro riservato
Gli studenti di un boot camp cinese di fronte alla bandiera nazionale prima di iniziare l’addestramento per curare la dioendenza da internet
Un ragazzo internetdipendente a colloquio con uno psicologo nel Qide Education Center di Pechino
Eccola dunque l’origine di quelle cliniche per disintossicazione tristemente famose, a volte diventate veri e propri campi di concentramento: come quella retto dal dottore militare Tao Ren, che stima addirittura in 24 milioni i cinesi, grandi e piccoli, drogati di videogiochi. Il problema è che non tutte le strutture cliniche sono professionali come quella del dottor Tao, che pure non disdegna scansione del cervello e medicamenti vari per liberare i ragazzi dall'”eroina digitale”, tant’è che il governo ha dovuto mettere per iscritto il divieto di usare, bontà sua, l’elettroshock. Esperienze tragiche, parallele a quelle dei ragazzi perduti evocati dalla signora Zhao, e che in alcuni casi hanno portato perfino alla morte. Una realtà drammatica che il fotografo italiano Lorenzo Maccotta ha raccontato in un bellissimo reportage “da embedded”, facendosi ricoverare come malato, rilanciato anche dalla Cnn.
Dà 200 dollari alla figlia per “disintossicarsi” da Facebook
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