Cassazione, sì ai virus informatici contro le associazioni a delinquere

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L’installazione di software guida per intercettare è legittimo nei procedimenti relativi alla ciminalità organizzata. L’uso di intercettazioni captate attraverso virus-spia installati su pc, tablet e smartphone è legittimo nei procedimenti relativi alla criminalità organizzata, dove per crimine organizzato non si intende soltanto reati di mafia e terrorismo, ma tutti quelli “facenti capo a un’associazione per delinquere, correlata alle attività criminose più diverse”, compresa quindi anche la corruzione, poichè “è sufficiente la costituzione di un apparato organizzativo, la cui struttura assume un ruolo preminente rispetto ai singoli partecipanti”. Lo spiegano le sezioni unite penali della Cassazione nelle motivazioni della sentenza, la cui massima provvisoria era stata diffusa già lo scorso 29 aprile, sulle intercettazioni captate attraverso virus trojan.

“Limitatamente ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata – si spiega nella sentenza depositata oggi – è consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l’installazione di un ‘captatore informatico’ in dispositivi elettronici portatili, anche nei luoghi di privata dimora, pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa”. E ancora: i giudici di piazza Cavour osservano che “per reati di criminalità organizzata devono intendersi non solo quelli elencati nell’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater cpp (associazione di stampo mafioso, terrorismo, riduzione in schiavitù, sequestro di persona a scopo di estorsione, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, ndr), ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere ex articolo 416 cp, correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato”.

Le sezioni unite della Suprema Corte evidenziano, in proposito, che “le minacce che derivano alla società e ai singoli dalle articolate organizzazioni criminali che dispongono di sofisticate tecnologie e di notevoli risorse finanziarie, ed oggi anche dalla crescente diffusione ed articolazione su scala mondiale delle organizzazioni terroristiche le cui azioni sono finalizzate ad attentare alla vita ed alle libertà delle persone e alla sicurezza collettiva, richiedono una forte risposta dello Stato con tutti i mezzi che la moderna tecnologia offre, e la vigente legislazione, nonchè i principi costituzionali, consentono per adeguare l’efficacia investigativa all’evoluzione tecnologica dei mezzi adoperati dai criminali”. Sulla “eventualità” che tale “strumento captativo” possa “produrre in casi estremi, esiti lesivi della dignità umana”, gli ‘alti’ giudici osservano che “si tratta di un pericolo che ben puo’ essere neutralizzato con gli strumenti di cui dispone l’ordinamento: ad esempio, “facendo discendere dal principio personalistico enunciato dall’articolo 2 della Costituzione, e dalla tutela della dignità della persona che ne deriva, la sanzione di inutilizzabilità delle risultanze di “specifiche” intercettazioni che nelle loro modalità di attuazione e/o nei loro esiti abbiano acquisito ‘in concreto’ connotati direttamente lesivi della persona e della sua dignità”.

Nella sentenza depositata oggi, i giudici della Cassazione citano anche passi della Risoluzione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2013 su criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro, nella quale si ribadisce come “la criminalità organizzata non sia necessariamente di stampo mafioso” e “costituisca una minaccia notevole in termini di costi per l’economia dell’Ue”, considerando che “i proventi e la capacità di infiltrazione delle organizzazioni criminali sono notevolmente accresciuti dal fatto che esse sono attive in molti settori, la maggior parte dei quali è soggetta al controllo della pubblica amministrazione”. Nella Risoluzione si evidenziava anche che “la criminalità organizzata è sempre più simile ad un soggetto economico globale, avente una spiccata vocazione imprenditoriale e specializzato nella fornitura simultanea di diverse tipologie di beni e di servizi illegali, ma anche, in misura crescente, legali”, e ha “un impatto sempre più pesante sull’economia europea e mondiale con ripercussioni significative sulle entrate fiscali degli Stati membri e dell’Unione nel suo insieme e con un costo annuo per le imprese stimato a oltre 670 milioni di euro”.

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