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Algoritmi smart per combattere le fake news online

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Fake news, la battaglia si combatte a colpi di algoritmi più smart di noi..Il New York Times: sempre più informatici in giro per il mondo stanno scegliendo di mettere le proprie competenze a servizio della battaglia contro la disinformazione online.

La lotta alle notizie false si combatte anche grazie a colpi di sofisticati algoritmi, più veloci degli umani a individuare le frottole che in Rete corrono rapidamente. Ci credono sempre più informatici in giro per il mondo che stanno scegliendo di mettere le proprie competenze a servizio della battaglia contro la disinformazione online. Come Andreas Vlachos, 36 anni, di cui gli ultimi dieci trascorsi a lavoro sull’apprendimento automatico delle macchine. “Sto cercando di incanalare la mia ricerca in qualcosa che sia utile a tutti coloro che leggono le notizie”, racconta. “È una maniera positiva di sviluppare l’intelligenza artificiale e allo stesso tempo migliorare il dibattito politico”.

Vlachos fa parte di una startup inglese, Factmata, che presto rilascerà un sistema automatico per “bollare” le notizie false. Non solo, il giovane sta anche supervisionando una competizione globale che vede sfidarsi i maghi del computer di tutto il mondo. Dagli Stati Uniti alla Cina. Obiettivo: sfruttare l’intelligenza artificiale per contrastare le fake news. A raccontarne la storia è il New York Times in un lungo servizio dedicato al tema. Secondo quanto riporta il quotidiano statunitense, l’intento di Vlachos – al pari di quello di molti altri – è diffondere questi strumenti in giro per l’Europa durante la stagione elettorale che interesserà prima la Francia, poi la Gran Bretagna e la Germania. Perché contro le bufale non basterà l’opera dei fact-checker, volenterosi che si occupano di verificare le informazioni, e il cui numero è pure aumentato a dismisura nell’ultimo periodo. Agli algoritmi toccherà fare molto del lavoro pesante “dato che è impossibile occuparsi di tutto manualmente”, spiega Claire Wardle, capo della ricerca di First Draft News, un’organizzazione no profit che ha collaborato con i colossi della tecnologia e le testate giornalistiche per demolire le notizie false relative alle elezioni sia oltreoceano che nel Vecchio continente.

Il trend è iniziato dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, quando alcuni commentatori hanno puntato il dito contro le fake news veicolate sul web: avrebbero preparato il terreno per la designazione del repubblicano Donald Trump, contribuendo a polarizzare gli utenti in due schieramenti contrapposti. E anche se il problema in Europa sembra meno pervasivo, come dimostra una ricerca condotta dall’Università di Oxford durante il primo turno delle presidenziali francesi, l’accusa ha convinto i giganti della tecnologia a fronteggiare la questione. Sia Facebook sia Google hanno modificato i loro algoritmi in modo da dare maggiore rilevanza alle storie verificate. Inoltre, dall’inizio dell’anno Big G ha finanziato almeno 20 progetti europei che si propongono di fare fact-checking, inclusi due team che intendono sfruttare  a questo scopo l’intelligenza artificiale.

Ma i colossi non sono i soli nella mischia. Al loro fianco si sono schierati diversi ricercatori. È il caso, per esempio, di David Chavalarias: un accademico francese che, stando a quel che racconta sempre il Nyt, ha creato uno strumento capace di analizzare più di 80 milioni di messaggi relativi alle elezioni in Francia, aiutando giornalisti e fact-checker a revisionare velocemente le informazioni diffuse sul social network. O, ancora, Dean Pomerleau, scienziato informatico della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Stati Uniti. Con la collaborazione di Delip Rao, ex ricercatore di Google, ha indetto la Fake News Challenge, un contest che mette in palio duemila dollari e ha l’obiettivo di esplorare gli impieghi dell’intelligenza artificiale nella battaglia alle notizie false. Fino ad ora hanno partecipato all’iniziativa oltre 100 team internazionali che – sfruttando un database di articoli verificati e gli algoritmi messi a punto – sono riusciti a predire la veridicità di determinati proclami il 90% delle volte. “Queste è solo il primo round di ciò che vogliamo fare”, dice Pomerleau. Il prossimo target sono i contenuti multimediali, come i video.

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