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A Bologna l’ultimo Internet Governance Forum italiano

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A Bologna l'ultimo Internet Governance Forum italiano
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Etica, impresa e democrazia: gli attori della rete si incontrano a Bologna. Nona edizione per l’Internet Governance Forum italiano. Diritto, mercato, robotica, cybersecurity e libertà d’espressione sono oggetto dell’incontro annuale sul futuro di Internet.

LA RETE è in pericolo. La rete non è sicura. La rete sta fallendo il suo compito di portare pace, lavoro e democrazia. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli appelli contro questo scenario catastrofico, conquistando la ribalta dei giornali e poco più. C’è però chi non sta a guardare. Per scongiurare questa deriva da oltre dieci anni in tutto il mondo la società civile si incontra negli Internet Governance Forum(IGF), luoghi fisici e virtuali dove esperti, imprese, governi e cittadini discutono di come mantenere la rete Internet aperta, libera e solidale. L’IGF italiano quest’anno si è tenuto a Bologna il 17 dicembre 2017 con l’ambizione di far incontrare problemi e soluzioni, definire processi, assumere impegni, scuotere i governi.

Qualcuno potrebbe credere che non ce ne sia bisogno perché Internet ormai ce la portiamo in tasca, nel telefonino. Ma questo non è vero, perché Internet è una risorsa scarsa e il suo buon funzionamento dipende dall’armonioso incontro di tanti soggetti: fornitori di connettività, legislatori, imprenditori e creatori di contenuti. Per questo motivo il summit organizzato dall’Università di Bologna con il supporto di soggetti quali la Fondazione Marconi, l’Icann e l’Internet Society, mette a confronto tecnici, accademici e imprenditori appartenenti a schieramenti diversi. Il compito chiesto a tutti è di fare un passo in avanti nella gestione dei problemi che attanagliano la rete: dalla diffusione iperveloce e acritica delle fake news alla certificazione di hardware e software sicuri, dalla tutela della privacy online alla blockchain e all’intelligenza artificiale fino al tema dei diritti umani e civili, la libertà d’espressione e la tutela del copyright.

Questioni secondarie in un mondo iperconnesso? Proprio per niente. Nell’ultimo anno ci sono stati circa 60 Internet shutdowns in cui i governi, dal Congo alla Turchia, hanno impedito ai propri cittadini di accedere a Twitter, Facebook, radio e tv online. Numerosi blogger sono stati incarcerati in India e Arabia Saudita, i responsabili del voto elettronico in Africa rapiti e torturati, funzionari governativi “pedinati” online ed eserciti informatici scatenati per rubare dati, soldi e informazioni riservate. Anche in Italia.

E allora immaginiamo che mondo è quello dove grazie alla rete diventa più facile discriminare gli omosessuali che tengono blog e forum, un mondo dove le cyberarmi create dalla Nsa statunitense finiscono nella mail di delinquenti che poi infettano i sistemi sanitari, oppure a quello che accade quando una tecnologia di sorveglianza viene usata per registrare i comportamenti dei nostri bambini. È già successo.

Immaginate ancora se un Internet service provider decidesse di silenziare un giornalista scomodo, un blog antimafia, una cooperativa sociale. È proprio quello che potrebbe succedere dal 22 novembre se gli Usa decideranno di abolire la neutralità della rete, quel principio fondante di Internet secondo cui tutti gli attori hanno lo stesso diritto a esprimersi e comunicare in rete in maniera paritaria senza corsie preferenziali garantite a chi paga di più.

Proprio per impedire abusi e discriminazioni e combattere il digital divide che tiene fuori dalla rete ancora un miliardo di persone le Nazioni Unite nel 2005 decisero di mettere in mano a tutti i cittadini, singoli e associati, il futuro di Internet, facendoli incontrare negli Internet Governance Forum per capire insieme come garantire libertà, sicurezza e sviluppo della rete stessa. Ed è per questo che l’Italia da nove anni è in prima fila per discuterne con tutti le modalità di una governance della rete condivisa e paritaria.

Badate bene, si parla di Internet governance, non di Internet government, cioè di gestione condivisa delle scelte e non di leggi scritte ad hoc. Il “parlamentino” di Internet si occupa della crescita di consapevolezza dei portatori d’interesse, della costruzione di un linguaggio comune e delle buone pratiche da condividere tra tutti gli attori interessati. Non si occupa di leggi e di sanzioni. Tutto il metodo dell’IGF si basa sul confronto e sulla capacità di trasferire queste idee all’interno degli organismi globali che decidono come implementare regole e standard di comunicazione. Il viaggio fino ai parlamenti nazionali di queste buone pratiche partorite dal basso è tutta un’altra storia.

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