Terapia per lo scompenso cardiaco con un farmaco per il diabete

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Scompenso cardiaco, una molecola usata per il diabete rivoluziona le terapie. Le novità dal l congresso dell’European Society of Cardiology (Esc) di Parigi.

Una miriade di notizie. Scientifiche in senso stretto, ma anche di interesse generale. Novita’ in ambito terapeutico, linee guida tematiche, molecole di ultima generazione e un occhio alla prevenzione. L’universo medico e industriale di settore e’ qui da sabato (e ci restera’ fino a mercoledi’), al Parc des Expositions di Parigi, dove sono convenuti circa 40mila specialisti per seguire le centinaia di sessioni del congresso dell’European Society of Cardiology (Esc) che quest’anno si tiene in contemporanea con il World congress, il mondiale. Insomma, se c’e’ da fare il punto o da scrutare l’orizzonte di cuore e dintorni, questo e’ un appuntamento da non mancare. Intanto, ecco una minima sintesi delle prime due giornate.

Una molecola utilizzata per il diabete rivoluziona il protocollo terapeutico per lo scompenso cardiaco

Meno morti e scompenso sotto controllo. Una bomba, cosi’ l’hanno definita gli specialisti che ieri mattina hanno affollato all’inverosimile l’auditorium del congresso. Una bomba che si identifica in una parola, “dapaglifozin”. Il professor John McMurray dell’Università di Glasgow (Gran Bretagna)  e’ stato il principale autore  dello studio DAPA-HF. Dice: “La scoperta più importante di tutte è il beneficio nei pazienti non diabetici. Questo è veramente un trattamento per l’insufficienza cardiaca e non solo un farmaco per il diabete di tipo II”.

Per coordinarlo sono stati arruolati 4744 pazienti con insufficienza cardiaca in 20 paesi e i dati presentati confermano i primi risultati annunciati meno di un mese fa. Cosa dicono? Prima di tutto che dapagliflozin in aggiunta allo standard di cura ha ridotto del 26% di morte per causa cardiovascolare (CV) o peggioramento dello scompenso cardiaco (definito come ricovero ospedaliero o necessità di una visita urgente) rispetto al placebo. Dice Michele Senni, Direttore del dipartimento cardiovascolare dell’Unità complessa di Cardiologia I, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: “Lo scompenso cardiaco uccide la metà dei pazienti entro 5 anni dalla diagnosi e resta la prima causa di ricovero dopo il parto naturale.

I risultati dello studio rappresentano una svolta epocale per la terapia dei pazienti affetti da questa patologia, con e senza diabete di tipo 2: dapagliflozin diventa infatti il primo farmaco di questa nuova classe a dimostrarsi efficace nel migliorare prognosi e qualità di vita del paziente. Oltretutto ha un ottimo profilo di sicurezza, tanto che questa molecola potrebbe diventare lo standard di cura per questi soggetti con funzione sistolica ridotta”.

L’aspirina fa bene ma non sempre e a tutte le eta’

E’ la molecola piu’ conosciuta al mondo ed e’ forse anche la piu’ prescritta. Da anni pure nella prevenzione di infarto e ictus. I dati dello studio  ASPREE  presentati ieri dal professor  Christopher Reid della Curtin University di Perth (Australia) suggeriscono maggior cautela nella popolazione anziana che non soffre di patologie cardiache: “Un numero sempre crescente di persone che supera i 70 anni senza malattie cardiovascolari assume aspirina, ma vanno identificati meglio i soggetti che potrebbero beneficiare della compressina quotidiana a basso dosaggio”.

Di fatto, gia’ le line guida europee avevano messo paletti nell’impiego dell’acido acetilsalicilico in prevenzione, adesso l’Aspree dimostra che negli over 70 a basso rischio al vantaggio di una modesta riduzione del rischio di accidenti cardiovascolari fa da contraltare (negativo) un incremento del rischio emorragico.

Colesterolo infantile, pressione, peso e fumo predicono le malattie cardiache negli adulti

C’e’ un legame tra i principali fattori di rischio cardiovascolare negli adolescenti (colesterolo, pressione, indice di massa corporea (Bmi) – con le malattie cardiovascolari degli adulti. Cosi’ come tra il fumo in eta’ adolescenziale e il rischio future di sviluppare patologie cardiovascolari. Lo studio, coordinato da  Terence Dwyer dell’Università di Oxford, sottolinea quanto sia necessaria la prevenzione e l’indicazione di uno stile di vita corretto gia’ da bambini. Commenta Dwyer: “E’ stato dimostrata una relazione molto forte tra i fattori di rischio cardiovascolare standard nei bambini e la probabilità di un infarto o di un ictus in età avanzata. I programmi per prevenire infarti e ictus dovrebbero porre maggiormente l’accento sulla promozione di stili di vita sani nei bambini”.

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