Studi sulle connessioni cerebrali per nuove cure della demenza

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La demenza corre lungo le connessioni cerebrali. L’atrofia che caratterizza la demenza frontotemporale si diffonde lungo i collegamenti tra diverse regioni cerebrali, su percorsi che si possono prevedere quando è stato individuato il sito colpito per primo.

Nei pazienti affetti da demenza frontotemporale, una malattia neurodegenerativa che colpisce i lobi frontali e temporali del cervello, l’atrofia procede lungo i collegamenti tra diverse regioni cerebrali. Il processo, inoltre, può essere previsto in termini probabilistici analizzando mappe di connessioni funzionali di cervelli sani. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Neuron” da Jesse Brown e colleghi dell’Università della California a San Francisco, che apre la strada a nuove possibili terapie per le patologie neurologiche.155123918-4578fb20-be3a-46b9-b2c8-f84d8a073a0c

L’obiettivo di Brown e colleghi era verificare l’ipotesi secondo cui in questo tipo di demenza la degenerazione inizia in un sito particolarmente vulnerabile, una sorta di epicentro di malattia, per poi diffondersi verso regioni cerebrali anatomicamente collegate. A questo scopo hanno realizzato alcune mappe delle connessioni funzionali tra 175 diverse regioni cerebrali sulla base di scansioni di risonanza magnetica di cervelli di 75 soggetti adulti senza segni di malattia.

Gli autori hanno reclutato inoltre 42 pazienti con la variante comportamentale della demenza frontotemporale, che si manifesta con un comportamenti sociali inappropriati, e 30 pazienti con la variante semantica, che altera soprattutto le capacità linguistiche dei pazienti. Hanno poi sottoposto tutti i partecipanti a una prima scansione di risonanza magnetica per evidenziare l’eventuale presenza di atrofia, che hanno ripetuto un anno dopo e per valutarne la progressione.

Dal confronto delle due serie di dati – mappe cerebrali e immagini delle degenerazioni – i ricercatori hanno rilevato che l’atrofia procede lungo cammini preferenziali. Esistono in particolare due parametri che permettono di prevedere la probabilità che una regione cerebrale si atrofizzi. Il primo è stato definito il “cammino più corto all’epicentro” e indica il numero di sinapsi che collegano quella regione al sito della neurodegenerazione iniziale. Il secondo è il “rischio nodale” di una regione, che rappresenta il numero di altre regioni, connesse a essa, già colpite da un’atrofia significativa.

La speranza è ora che questo risultato possa aprire nuove prospettive terapeutiche. “Conoscere in che modo si diffonde la demenza apre una finestra sui meccanismi di base della malattia, consentendo di prevedere quali parti delle nostre cellule o quali circuiti neurali sono più vulnerabili”, ha sottolineato Brown. È un buon punto di partenza: non si può sviluppare un trattamento finché non si sa veramente che cosa si sta trattando”.

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