Staminali totipotenti utilizzate per la cura di malattie rare

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Pelle, occhi, malattie rare: le nuove frontiere delle cellule staminali. Dall’Emilia Romagna al San Raffaele, eccellenze della ricerca. Oltre ai trattamenti di avanguardia queste cellule sono usate per affrontare migliaia di casi di tumori.

L’ Italia ha un primato, anzi tre. Parliamo di cellule staminali. Il primo ci riporta alla memoria Hassan, il bambino-farfalla con la pelle così fragile, proprio come le ali dell’insetto, da sfaldarsi in continuazione. Lui, siriano di origine, vive in Germania e un’équipe di medici italiani, guidati da Michele De Luca, lo ha curato, su invito dei colleghi tedeschi, nel 2015, salvandogli la vita. Primo caso al mondo. La sua malattia si chiama epidermolisi bollosa, provoca bolle cutanee che si rompono in continuazione e soltanto il trapianto di cellule staminali della pelle, geneticamente modificate per correggere il difetto causa della malattia, è riuscito a controllare.

«È un intervento ancora sperimentale — precisa De Luca che dirige il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” all’Università di Modena-Reggio Emilia e ha messo a punto la metodica — ma adesso Hassan, dopo quattro anni dall’intervento , sta bene».

Il secondo e terzo fiore all’occhiello del made in Italy delle staminali riguardano, invece, terapie già approvate e disponibili per i pazienti. Una si chiama Strimvelis: è un «farmaco» (se così si può definire, ma più specificamente i tecnici parlano di «prodotto medicinale per terapie avanzate»), messo a punto e brevettato dai ricercatori dell’Istituto Telethon all’Ospedale San Raffaele di Milano, diretto da Luigi Naldini, che ha ricevuto l’approvazione dall’Ema, l’Agenzia europea per i farmaci, nel 2016.

È la prima terapia che cura una rara malattia genetica, chiamata Ada-Scid (ogni anno colpisce in Europa 15 bambini): si tratta di una mancanza di difese immunitarie che lascia i piccoli in balia delle infezioni e li costringe all’isolamento. Anche in questo caso si usano staminali modificate geneticamente in modo da veicolare il gene sano.

Per il terzo primato si torna a Modena. Questa volta si parla di cornea (il rivestimento esterno dell’occhio) e della possibilità di ripararla quando ha subito un’ustione chimica, non curabile con i tradizionali trapianti di cornea da cadavere. La terapia, messa a punto da De Luca in collaborazione con Graziella Pellegrini di Modena e ricercatori del San Raffaele di Milano, sfrutta staminali della cornea, senza modificazioni genetiche. Il nuovo farmaco, approvato nel 2015, si chiama Holoclar.

Nuove frontiere per le cure con cellule staminaliLe staminali nella cura dei tumori

Questi brillanti risultati della ricerca italiana aiutano a cancellare la vergogna di Stamina, quella società che, alcuni anni fa, prometteva guarigioni «miracolose» con le staminali somministrate a pazienti affetti da ogni tipo di malattia, senza alcuna prova scientifica. Sollevando inutili speranze. Ma a parte i nuovi trattamenti d’avanguardia, non dobbiamo dimenticare che le staminali, soprattutto quelle del sangue, sono già utilizzate da anni nella cura di alcuni tumori. «Sono ormai decine di migliaia i casi trattati nel mondo con le staminali del sangue — precisa Paolo Corradini, Presidente della Società Italiana di Ematologia —.

Dobbiamo, però, distinguere due situazioni. La prima riguarda certe neoplasie, come quelle del testicolo, i sarcomi e i tumori neurologici dei bambini, curabili con alte dosi di chemioterapici che distruggono il midollo osseo. Ecco allora che si ricorre al trapianto autologo, utilizzando, cioè, cellule staminali del paziente stesso per ricostituire il midollo.

Le staminali non sono, dunque, la vera cura, ma servono come supporto». Costituiscono, invece, un vero e proprio trattamento per tumori come leucemie, linfomi e mielomi. «L’obiettivo, qui, è sostituire le cellule malate del midollo con staminali sane, provenienti da donatori — continua Corradini —. Queste ultime non soltanto produrranno gli elementi del sangue, ma ricostruiranno anche il sistema immunitario del paziente. L’utilizzo di staminali del cordone ombelicale, che ha sollevato molte aspettative in passato, non si è, invece, rivelato veramente utile».

Le sperimentazioni e il caso Schumacher

Fin qui, dunque, si è parlato di trattamenti già disponibili per i pazienti che utilizzano staminali adulte: quelle, cioè, che si trovano nei tessuti umani e, normalmente, ne assicurano la rigenerazione. Poi c’è tutto il mondo delle sperimentazioni, più o meno avanzate, riportato alla ribalta dalle cronache con il caso Schumacher, il campione di Formula Uno appena ricoverato all’Ospedale Pompidou di Parigi, nel reparto di Philippe Menasché, per sottoporsi a cure con staminali definite «top secret» che forse riguardano la funzionalità del cuore.

Molte di queste sperimentazioni sfruttano, invece, staminali embrionali. «Le ricerche più promettenti con le embrionali, che sono cellule totipotenti, davvero capaci, a differenza di quelle adulte, di dare origine a moltissimi tessuti dell’organismo, riguardano le malattie della retina e il morbo di Parkinson» spiega De Luca. Gli studi sono in corso soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dove i limiti all’uso delle staminali embrionali non sono stretti come da noi.

Queste cellule, d’altra parte, sono utili proprio quando si tenta di riparare organi come la retina e il cervello che, a differenza della pelle o del midollo, non si rigenerano e non hanno staminali proprie. Ci sono poi altre ipotetiche indicazioni all’uso delle staminali: per esempio la cura delle malattie cardiovascolari, come l’insufficienza cardiaca, o quelle muscolari, come la distrofia di Duchenne, ma gli studi sono molto preliminari e spesso controversi. E controverso è anche il fatto di usare «estratti di staminali» per presunte proprietà anti-infiammatorie. «La “magic bullett”, la pallottola magica a base di staminali che cura tutto non esiste» conclude De Luca. Perché la ricerca è ricerca, mentre il business (enorme in questo settore) è un’altra cosa.

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