Siamo figli delle stelle, fatti di galassie lontane

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Siamo polvere di stelle, ma di altre galassie: gli astrofisici riscrivono le origini. La metà degli atomi che formano i nostri corpi viene da molto lontano: è materia prodotta fuori dalla Via Lattea.

“Siamo fatti della stessa materia delle stelle”, scriveva l’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan in Cosmos ben 37 anni fa. Ma ora sappiamo che metà di quella “polvere” proviene da stelle lontane, molto lontane, addirittura fuori dalla nostra galassia. La teoria si deve a un gruppo di astrofisici che sono riusciti a risalire, grazie ai calcoli di un computer, all’origine degli atomi di cui è fatta la Via Lattea. Compreso il nostro Sole, i pianeti e anche noi, gli inquilini di questo granello di materia, adesso ancora di più “cittadini dell’Universo”.

Le stelle sono dentro di noi: “L’azoto nel nostro Dna, il calcio nei nostri denti, il ferro nel nostro sangue e il carbonio nella nostra torta di mele” diceva Sagan. Così come i peli del nostro gatto che poltrisce sul divano, il divano stesso e la carta, o lo schermo, sul quale state leggendo questa storia. I miliardi di miliardi di atomi che li compongono sono materia intergalattica che ha percorso centinaia di migliaia di anni luce e infine si è riunita, compressa dalla sua stessa gravità.

La nebulosa di Orione (afp)
La nebulosa di Orione (afp)

Ma com’è arrivata fino a qui? Grazie ai venti galattici, scatenati dall’esplosione di supernove, stelle massicce giunte alla fine della loro vita. Sono fenomeni dall’immensa energia: le più potenti arrivano a essere anche diverse volte più luminose dell’intera Via Lattea: “Sapevamo già che siamo polvere di stelle – spiega Amedeo Balbi, professore associato al dipartimento di Fisica dell’Università di Roma Tor Vergata, e divulgatore – cioè di materiali diffusi nell’Universo da queste esplosioni che arricchiscono il mezzo interstellare. Questi venti sono correnti di particelle cariche che, a quanto risulta dallo studio, spargono atomi non solo nelle vicinanze ma su distanze tanto grandi da arrivare fino alle galassie vicine”. Viaggiano per il cosmo a velocità di migliaia di chilometri al secondo. Per formare nuove stelle e nuove galassie.

Ad aiutare i ricercatori è stato un computer che ha simulato l’ambiente intergalattico. Uno scenario virtuale ricreato grazie al progetto Fire (Feedback in realistic environments) della Northwestern University. E i risultati sono stati sorprendenti. Il team internazionale, coordinato da Claude-André Faucher-Giguère, della Northwestern, ha dimostrato che galassie come la Via Lattea (che contano almeno 100 miliardi di stelle) si sono accresciute maggiormente proprio grazie a questo apporto, o furto, “ai danni” delle vicine. Pressoché il 50 per cento della materia che le forma proviene proprio da altri angoli dell’Universo. Nel nostro caso la grande e la piccola Nube di Magellano, le più vicine alla nostra ma distanti 160.000 e 200.000 anni luce.

È da questi suoi satelliti che la Via Lattea ha riciclato la maggior parte del materiale con un processo che si ripete dalla nascita dell’Universo: “Tutto quello che serve è cucinato dentro le stelle: la prima generazione, dopo il Big Bang, aveva a disposizione solo idrogeno ed elio” racconta Balbi “poi le generazioni successive hanno cominciato a produrre elementi più pesanti. E ogni volta che una stella esplode quel materiale viene rimesso in circolazione nelle nebulose, che sono anche la culla di nuove stelle”. E da quelle nebulose che “accendono” gli astri siamo nati anche noi, una volta che la materia prima è stata a disposizione. “Succede quando quelle nubi molecolari hanno abbastanza elementi pesanti, polveri e molecole complesse per formare anche i pianeti e poi molecole ancora più complesse che servono agli organismi viventi” conclude Balbi. “Anche se per ora siamo l’unico esempio che conosciamo”.

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