Nel 2016, ben 115 mila italiani si sono trasferiti fuori dal Belpaese. Sono soprattutto studenti e neolaureati. Ma in sei anni sono raddoppiati gli espatriati con i capelli grigi: professionisti, imprenditori ma anche lavoratori poco qualificati che se ne vanno in Cina, in America Latina o nei Paesi del Golfo.
Per una sfida. Per la carriera. Per garantire un futuro alla famiglia. Per necessità. Non è mai troppo tardi, neppure per emigrare. Nel 2016, come ogni anno dall’inizio della crisi, gli italiani che si sono trasferiti all’estero hanno toccato un nuovo record: l’Istat ne ha stimati 115 mila, quanto una città come Vicenza. Ma se i più giovani, studenti o neolaureati, la fanno sempre da padroni, la coorte di “expat” che ha visto la crescita superiore è quella tra i 40 e i 50 anni: tra il 2008 e il 2014 sono raddoppiati, da 7.700 a 14.300. Considerate le persone in età lavorativa, una su cinque sta in quella fascia, una su tre allargando il conto agli over50. “La nuova migrazione dai capelli grigi”, commenta la Cna, che ha elaborato i dati.
Un esodo di professionisti, imprenditori e lavoratori meno qualificati che ormai affianca quello “classico” dei giovani talenti. Con difficoltà superiori: la famiglia da lasciare, una lingua da imparare. E destinazioni diverse.
Meno Londra e Berlino, calamite per 20enni. Più geografie fuori dal raggio Ryanair, ma ad alto potenziale di crescita, come Cina o Sudamerica. O Paesi alla ricerca di competenze professionali pronte. Ai nostri medici e ingegneri sia la Germania che i Paesi del Golfo offrono ponti (e stipendi) d’oro.
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