
Evasione fiscale, pignoramenti sprint sui conti correnti. La manovra anticipa l’attuazione della delega per evitare azioni senza successo. La modifica contribuirà agli obiettivi di recupero fissati a 10,8 miliardi nel 2024 e a 11,5 nel 2025.
La manovra anticipa l’attuazione della delega fiscale per migliorare la performance della riscossione. Tra le pieghe delle bozze del Ddl di Bilancio 2024 spunta anche un meccanismo di cui si era molto discusso durante l’approvazione della riforma in Senato a luglio. E che punta a un’operatività immediata già da inizio 2024, senza attendere il decreto attuativo sulla riscossione che potrebbe richiedere un po’ più di tempo per la rifinitura di eventuali coperture.
In estrema sintesi, l’agenzia delle Entrate Riscossione potrà mettere le mani più facilmente sui conti correnti degli evasori. La tecnicalità della norma inserita in manovra prevede, infatti, l’accesso diretto alle informazioni sulle giacenze dei rapporti finanziari. Con un taglio drastico dei tempi.
Questo solo se l’importo del credito con il fisco è superiore ai 1.000 euro: al di sotto di questa cifra non scatta il pignoramento telematico. «Per esigenze di massima tutela del debitore – si spiega nella bozza – se l’importo complessivo del credito per cui si procede è inferiore complessivamente a mille euro», non scatta la procedura in base alla quale il fisco, se trova crediti del debitore nella disponibilità di uno o più operatori finanziari, notifica «telematicamente al terzo, senza indugio, l’ordine di pagamento».
La logica di fondo è quella di evitare che i pignoramenti presso terzi, ossia in sostanza il “prelievo” da parte dell’intermediario di una quota del debito del contribuente, vadano a buon fine. Facendo crescere il livello di efficacia di questo tipo di misura esecutiva, che lo scorso anno si è attestato al 20% in base al rapporto calcolato tra il numero delle azioni ad «alta efficacia» e il numero complessivo di quelle realizzate.
La nuova procedura messa in campo dalla Manovra
Secondo la procedura che mette in campo la manovra, una volta appurato che ci sono le disponibilità sul conto corrente, l’agente della riscossione invia subito («senza indugio» si legge nella norma) all’istituto di credito l’ordine di pagamento. Ma allo stesso tempo deve informare il debitore non oltre trenta giorni, altrimenti va incontro alla nullità dell’atto e vanifica lo sforzo per intercettare le somme e garantirsi il pagamento del debito.
In sostanza, è la traduzione applicativa del sistema delineato dalla delega fiscale (articolo 18 della legge 111/2023) e rimodellato proprio nel passaggio in seconda lettura al Senato in cui si parlava appunto di razionalizzazione, informatizzazione e semplificazione delle procedure di pignoramento dei rapporti finanziari «che non possono in ogni caso eccedere complessivamente la misura della sorte capitale, degli interessi e di ogni relativo accessorio fino all’effettivo soddisfo».
Il tutto, però, ferme restando le forme di tutela previste a favore del debitore. Linee di fondo evidenziate anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 190/2023 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 18 ottobre), che, rinviando la palla nel campo di un intervento legislativo, ha sottolineato sia l’esigenza di estendere la possibilità di una tutela “anticipata” sia di sradicare le patologie che ancora permangono nel sistema italiano della riscossione.
Necessario il coinvolgimento di tutti gli operatori
Le “mani” e gli “occhi” sui conti correnti degli evasori sono una delle possibili soluzioni da mettere in campo. Anche se per rendere efficace il sistema di accesso diretto, sarà necessario un coinvolgimento di tutti gli operatori interessati: Abi, Poste italiane, l’Associazione italiana dei prestatori di servizi di pagamento e naturalmente il Garante della Privacy.
Considerata l’importanza e la sensibilità delle informazioni in gioco, sarà necessario che la «cooperazione applicativa» sia pienamente rispondente agli standard di sicurezza sia per evitare indebiti accessi ai dati sia per il loro successivo trattamento.
È chiaro, quindi, che un po’ di tempo servirà anche per effettuare le necessarie interlocuzione, ma avere una disposizione già pienamente operativa dal 1° gennaio 2024 potrà dare un contributo magari già in corso d’anno agli obiettivi di recupero.
La convenzione con il ministero dell’Economia firmata ad agosto ha, infatti, fissato una progressione negli incassi previsti della riscossione (seppur con la clausola di una revisione degli importi in caso di interventi normativi che possano determinare un impatto): 9,9 miliardi nel 2023, 10,8 miliardi nel 2024 e 11,5 miliardi nel 2025.
Un supporto a questa previsione di crescita può arrivare anche dal nuovo pignoramento sprint. Del resto, i dati relativi al 2022 testimioniano come le operazioni presso terzi messe in campo siano complessivamente 256mila.
Ma è sul “peso specifico” che bisogna lavorare e, per questo, la manovra si muove in anticipo sulla delega fiscale. I tentati pignoramenti presso terzi rappresentano il 47% dei carichi complessivi (256,1 miliardi) per cui sono state effettuate azioni di recupero ma senza portare alla riscossione.
Un segnale che quando la macchina del recupero coattivo si muove ha bisogno di più certezze, per non vanificare sforzi e risorse (pubbliche). Ma sempre non dimenticando le necessarie garanzie per i contribuenti.
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