Reddito di base, la Finlandia ammette il flop: “Non ha aiutato a trovare lavoro”. Il bilancio dell’esperimento del sussidio universale concesso in maniera indistinta, diverso da quello appena introdotto in Italia. Ha migliorato la salute dei beneficiari ma non ha facilitato la ricerca di un impiego
Il reddito di base garantito, cioè il grande esperimento finlandese paragonabile a una specie di reddito di cittadinanza provato su “cittadini-cavie” volontari per combattere disoccupazione e povertà e tentare di reinserire gli adulti sul mercato del lavoro, fa bene alla salute ma non funziona per promuovere l´aumento del tasso di occupazione. Lo ha detto oggi il governo di centrodestra finlandese guidato dal premier ed ex tycoon Juha Sipila, spiegando che per una modernizzazione del pur generoso welfare del paese nordico e per garantire che esso resti sostenibile anche in futuro con crescita economica e demografica basse sarà necessario pensare ad altri tipi di riforme.
Con forti probabilità, salvo colpi di scena, vista la serietà a tempi lunghi con cui i finnici progettano ogni riforma, si dovrà aspettare fino a dopo le prossime elezioni legislative attese per questo aprile. Elezioni a cui la politica per l´occupazione sarà un tema-chiave insieme ai temi legati al futuro dell´Unione europea e dell´Eurozona di cui il paese nordico fa parte.
L´esperimento era stato lanciato nel 2017 e tenuto in vita per un anno abbondante fino al termine del 2018. Duemila cittadini tra disoccupati e persone a reddito basso o precario vi avevano partecipato su base volontaria. Il reddito minimo funzionava così: ognuno tra i partecipanti al test riceveva dalla Kela, l´autorità del welfare di Helsinki, un pagamento di 560 euro mensili.
Il pagamento era garantito in ogni caso, cioè sia in caso che il recipiente dell´assegno fosse riuscito nel frattempo a seguire con successo il consiglio del governo di approfttare della sicurezza del reddito minimo per cercarsi un impiego anche a bassa retribuzione, sia nel caso opposto, cioè nel caso di un fallimento di ogni suo tentativo di ritrovare un lavoro o persino nel caso che egli avesse scelto di non cercare una nuova occupazione bensí di vivere col solo reddito minimo appunto di 560 euro mensili. Il pagamento di tale cifra mensile, nel caso dei duemila volontari partecipanti all’esperimento, aveva sostituito i sussidi disoccupazione ma era affiancabile a sussidi familiari, assegni del welfare per i bambini e altri aiuti del genere.
Il reddito minimo garantito ha avuto conseguenze positive per la salute e l´equilibrio psichico dei partecipanti, che dopo esami medici nel corso e a conclusione del test si sono rivelati meno stressati e piú capaci di concentrarsi. Ma non li ha aiutati a cercare e soprattutto a trovare un nuovo impiego, ha spiegato Ohto Kanninen, dell´Istituto per il lavoro e la ricerca economica. Lo stimolo a cercare di rilanciarsi non si è rivelato piú efficace della voglia di ritrovare un impiego tra i disoccupati “normali”, non partecipanti al test.
Secondo il giornalista Tuomas Muraja, che ha partecipato all´esperimento, “col reddito minimo mi è stato comunque possibile tentare con calma di inserirmi nelle offerte di lavoro che mi venivano presentate, perché ero libero da stress da ansia di povertà”. Ma su base globale l´esperimento non ha mostrato efficacia, in un paese come la Finlandia dove dopo quattro anni di gravi difficoltà economiche il tasso di disoccupazione è appena sceso sotto il 7 per cento ma resta ben piú alto che negli altri 4 Stati membri della Comunità nordica, cioè Svezia, Norvegia, Danimarca, e Islanda.
La ministra finlandese degli Affari sociali, Pirkko Mattila, ha sottolineato che la Finlandia “non ha alcuna intenzione di introdurre a livello generalizzato un reddito minimo garantito”, ma che l´esperimento rientra tra i progetti di riforma e modernizzazione del welfare. Gli avversari della coalizione al potere accusano l´esecutivo di cercare ogni via per ridurre il costo totale dello Stato-previdenza.
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