La “nomofobia”, quando l’ossessione per il cellulare che diventa patologia

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L’INTERVISTA. La psicoterapeuta e psicoanalista Arianna Marfisa Bellini spiega come si manifesta questa ossessione e chi colpisce. Tra i sintomi nausea, dolori al torace e battito accelerato.

Tutti probabilmente abbiamo amici che non ci seguono se scegliamo un locale dove il telefono non prende, che ci hanno lasciati ad aspettarli mentre tornavano in macchina a recuperare il cellulare dimenticato, che non perdono lo smartphone di vista neppure per un istante, sfiorando la maleducazione. Dobbiamo essere comprensivi: potrebbero essere affetti da nomofobia. 

E di questa nuova patologia chiediamo lumi ad una psicoterapeuta psicoanalista, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.

Che cos’è la nomofobia?

La nomofobia (o nomophobia) è il timore ossessivo di non essere raggiungibili al telefono cellulare. Nasce quando ad esempio quando ad esempio si ha la batteria scarica, non si ha credito sufficiente, non c’è campo o non si riesce a trovare il proprio cellulare.

Quando è stata riconosciuta come patologia da ‘curare’? Quando e da chi è stata nominata per la prima volta?

Il termine è stato coniato nel 2008 dall’esperto di demoscopia britannico Steward Fox Mills ed è composto dalle espressioni: “no mobile phone” e “phobie”. Le tecnologie informatiche e digitali sono in grado di acutizzare diverse fobie umane, tra cui questa che viene descritta esattamente come un’ansiada separazione, inesistente fino a pochi anni fa. La paura di essere separati da uno smartphone o di non poterlo utilizzare, genera nel nomofobico una vera e propria interruzione dei contatti sociali e quindi un’ansia da separazione nel vero senso psicologico del termine.

Quale fascia d’età riguarda? Solo i Millennials o anche chi alla digitalizzazione è arrivato dopo?

È trasversale: ragazzi, adulti chiunque sia immerso nella tecnologia che permette una rintracciabilità immediata può soffrire di questi sintomi. Non tanti anni fa bastava non essere in casa per non essere raggiunti telefonicamente. Ora tutto accade in tempo reale e se non si è raggiungibili non solo si deve gestire la propria ansia ma anche quella che si suppone abbiano gli altri non potendomi contattare.

La nomofobia è legata più all’ansia della reperibilità sul lavoro o per le questioni legate alla vita privata?

Abbiamo notato che sono entrambe presenti, diversificate chiaramente per fasce di età  e per tipologie di lavoro. Le ragazze e le donne sono sicuramente più angosciate dal non essere reperibili per i propri affetti, gli uomini maggiormente per questioni di responsabilità lavorativa.

Come la si riconosce?

Gli effetti che possono provare le persone che soffrono di nomofobia, sono: uno stato di ansia, pensiero costante all’oggetto, mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea.

Come la si cura?

Nonostante una consistente parte della popolazione soffra di nomofobia, questo è una disturbo ancora poco definito, conosciuta e spesso sottovalutata. Le cure dunque sono rivolte soprattutto verso i sintomi psichici associati a questo disturbo: i disturbi d’ansia, di dipendenza da internet e con gli attacchi di panico. Tutti sintomi curabili con una seria psicoterapia.

L’attuale psicoterapeutica e psicoanalisi nel centro Di Clinica psicoanalitica Dedalus. Dedalus si occupa della cura dei nuovi sintomi sia attraverso percorsi individuali che tramite interventi di prevenzione istituzionali, anche nelle scuole. Tra tutti ha all’attivo dal 2008 presso l’Informagiovani del Comune di Bologna uno sportello d’ascolto psicologico gratuito rivolto ai giovani dai 18 ai 35 anni e un servizio di consulenza psicologica online sul portale de Comune di Bologna flashgiovani.

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