Il nostro DNA si adatta ai cambiamenti ambientali

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L’Homo sapiens si sta ancora evolvendo? Probabilmente sì. Lo stile di vita moderno ha favorito la selezione naturale di tratti utili nell’alimentazione o al sistema immunitario: è accaduto negli ultimi millenni ed è ragionevole pensare stia succedendo anche adesso.

L’evoluzione umana è ancora in corso? Poiché questo è un processo graduale, che trasforma il DNA nell’arco di più generazioni successive, i suoi segnali nei secoli più recenti e vicini a noi sono troppo deboli, per poter rispondere con certezza.

Tuttavia, molti studi ormai dimostrano che la selezione naturale ha operato sul nostro codice genetico cambiamenti recenti, in un processo di adattamento allo stile di vita moderno (“recenti” in termini evolutivi significa nell’arco delle ultime migliaia di anni). E ora altre due nuove ricerche aggiungono sostanza all’ipotesi che sì, siamo ancora una specie in trasformazione.

Nuovo menù (e nuovi malanni). Il primo lavoro (dell’Università di Zurigo, pubblicato su Molecular Biology and Evolution) collega alcuni cambiamenti genetici avvenuti nel DNA umano all’avanzata della civiltà moderna, favorita da innovazioni come la nascita dell’agricoltura e la formazione di nuclei sociali sempre più complessi.

Siamo una specie in divenire?|Shutterstock
Siamo una specie in divenire?|Shutterstock

I ricercatori hanno confrontato il DNA di 150 europei vissuti tra i 5500 e i 3000 anni fa con quello di 305 europei moderni loro discendenti. Questa comparazione ha consentito di studiare alcuni processi evolutivi avvenuti negli ultimi 6000 anni. Sono state così per esempio osservate, nel tempo, alcune variazioni su geni che regolano il metabolismo dei carboidrati: dalla dieta ricca di proteine dei cacciatori-raccoglitori passammo a un’alimentazione tipicamente zuccherina, a base di cereali. Abbiamo dovuto adattarci e non abbiamo ancora finito.

Altre prove di cambiamenti evolutivi sono state osservate sul sistema immunitario, ma non è chiaro che cosa queste comportino queste trasformazioni. Ad innescarle potrebbe essere stata la vicinanza abitativa con altri umani, che attorno a 6000 anni fa portò a sviluppare una risposta all’esposizione a determinate malattie, diffuse per il sovraffollamento o per il contatto ravvicinato con gli animali da allevamento.

Due processi invece sono parsi particolarmente “protetti” da mutazioni, con pochi cambiamenti evolutivi nell’arco di tempo considerato: quello che porta alla formazione di cellule uovo e il potenziamento a lungo termine (il processo di consolidamento delle connessioni neurali alla base dell’apprendimento).

Occhi e carnagione. In un secondo studio, un gruppo di scienziati dell’Università di Copenhagen ha sviluppato un nuovo metodo per riconoscere i segni della selezione naturale nel DNA umano moderno, senza lasciarsi confondere dalla separazione o dalla fusione di antiche popolazioni di antenati. Grazie a questa tecnica si è scoperto, per esempio, che una variante genetica implicata nel colore di pelle e capelli, la SLC45A2, è diventata più comune nei moderni europei: potrebbe aver giocato un ruolo nell’evoluzione di una carnagione più pallida, che si pensa essere avvenuta gradualmente negli ultimi 10 mila anni.

Perché cambiamo, oggi? La tecnica ha permesso anche di identificare alcuni cambiamenti evolutivi nel DNA delle popolazioni dell’Asia orientale (meno studiato rispetto a quello occidentale), che coinvolgono il sistema immunitario. Insomma, più di una prova fa pensare che l’evoluzione sia un processo veloce e tipico anche dell’era moderna. Per capire come stia agendo ora occorre – dicono gli scienziati – identificare le pressioni selettive moderne, cioè le molle interne o ambientali che innescano le trasformazioni. Probabilmente, sono molto diverse da quelle di 5 mila – 10 mila anni fa.

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