Il paradosso o dilemma del prigioniero: è meglio cooperare o pensare solo a se stessi? Due sospettati vengono interrogati, si accuseranno a vicenda o penseranno a collaborare tra loro? Il dilemma del prigioniero ci dà una chiave di lettura.
Quello del prigioniero è un famoso paradosso studiato a partire dagli anni 50 del ventesimo secolo ed associato agli studi di matematici come Albert Tucker, John Von Neuman, ma anche di John Nash, la cui vita ha ispirato il famosissimo film A Beautiful Mind con Russel Crowe.
Si tratta di un dilemma che nasce nell’ambito economico, si sviluppa con la teoria dei giochi e poi viene adottato da numerose scienze sociali. Il paradosso mette a confronto due tipologie di comportamento diverso: la collaborazione tra complici o la competizione per il proprio vantaggio. Nonostante siano comportamenti in contraddizione, il paradosso ci mostra come collaborare possa anche darci la certezza di ottenere un piccolo vantaggio personale.
La formulazione del dilemma del prigioniero
Il dilemma è così formulato: ci sono due persone che sono sospettate di aver commesso un crimine, potremmo chiamarli Bonnie e Clyde. I due vengono interrogati dalla polizia in una caserma in aule separate e non ci sono prove nelle mani dei poliziotti che possano incastrarli: l’unica chance per gli investigatori è ottenere la loro confessione.
Molte cose possono accadere sotto lo stress di un interrogatorio e quindi i poliziotti propongono a Bonnie e Clyde alcuni scenari:
- se solo uno solo dei due confessa e accusa l’altro, chi accusa evita il carcere e all’altro sarà assegnata la pena di 3 anni;
- se entrambi si accusano a vicenda, ottengono una pena intermedia di 2 anni a testa;
- se nessuno dei due confessa e quindi cooperano l’uno con l’altra, avranno una pena lieve per reati minori di 1 solo anno a testa.
Che cosa fare? Qual è l’opzione più vantaggiosa e sicura per entrambi? Il problema, chiaramente, sta nel fatto che – essendo separati – è impossibile che l’uno sappia cosa dirà l’altro.
La soluzione
Per vederci chiaro visualizziamo cosa succede tramite uno schema:
Osservando lo schema appare chiaro che dal punto di vista di ognuno dei due, singolarmente, conviene sempre accusare l’altro. Infatti:
– Se Bonnie pensa che Clyde coopererà le converrà comunque accusarlo (lei non avrà anni di galera)
– Se Bonnie pensa che Clyde la accuserà, le converrà accusarlo in modo che entrambi abbiano la pena ridotta di 2 anni a testa.
La stessa identica cosa vale anche per Clyde: gli conviene sempre accusare la sua complice.
Se invece ci si ponesse dal punto di vista del gruppo, l’intero scenario cambierebbe completamente!
L’opzione in cui Bonnie e Clyde pensano alla salvaguardia del duo e cooperano tra loro senza accusarsi a vicenda (rimanendo di fatto in silenzio), fa sì che si ottenga il minor numero di anni di carcere possibili in totale. Questo dilemma è stato preso in esame per moltissimi studi, sia di tipo matematico-statistico, sia sociologico, ma anche psicologico e biologico. Il dilemma prova infatti che, nonostante in alcuni casi possa sembrare che stiamo agendo contro i nostri interessi come singoli, in realtà pensare agli interessi del gruppo può aiutarci anche singolarmente, minimizzando i danni.
Quindi, ricapitolando: se i due interrogati (o prigionieri che dir si voglia) si fidano l’uno dell’altra, è meglio che rimangano in silenzio. Al contrario, se non si fidano e non sono interessati al futuro del complice ma esclusivamente al proprio benessere è sempre meglio accusare l’altro, a prescindere da qualsiasi cosa l’altro faccia.
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